PAR CONDICIO. MALAN (FI): SINISTRA IPOCRITA

“È grottesco vedere alcuni tra i massimi esponenti della Sinistra scagliarsi contro l’ipotesi di tener conto del peso elettorale dei Partiti per l’assegnazione degli spazi di comunicazione in campagna elettorale.

Infatti, questa soluzione – definita da Violante ‘preoccupante’, da Falomi ‘carte truccate’, da Vincenzo Vita ‘ombra inquietante’, da Boselli ‘comica’, e da Mastella ‘dittatura’ – fu approvata dal Governo D’Alema il 23 agosto 1999, prevedendo la ripartizione degli spazi ‘in misura proporzionale alla consistenza dei gruppi politici nelle assemblee da rinnovare’ (articolo 2, comma 4 del Ddl Atto Senato 4197). Dunque non rispetto ai voti, ma addirittura rispetto alle dimensioni dei gruppi parlamentari, eletti con il sistema maggioritario.

È vero che poi, allo scopo di colpire la CdL, si approvò l’attuale norma con pari spazi per tutti. Ma in questo modo le tribune politiche sono state trasformate in un inguardabile guazzabuglio con decine di partiti, con rilievo eguale tra partiti inesistenti e quelli che rappresentano milioni di elettori.

L’unica reale comunicazione politica è stata realmente possibile violando di fatto la legge-bavaglio, attraverso la finzione giuridica di porre sotto lo scudo di un telegiornale i programmi come quelli di Bruno Vespa, Maurizio Costanzo e Michele Santoro nei quali, di fatto, viene applicata, per l’appunto, la regola della proporzionalità degli spazi al peso politico.

L’Ulivo schierò poi i pasdaran e i comici di regime a far killeraggio contro Berlusconi infischiandosi con vari pretesti della norma da loro stessi approvata, secondo cui ‘è vietato fornire, anche in forma indiretta, indicazioni di voto o manifestare le proprie preferenze di voto’.

Gentiloni poi mistifica quando dice che ‘a fare la par condicio furono le maggioranze dei Governi guidati dall’attuale presidente della Repubblica’, alludendo alla legge 515/93, perché proprio la legge-bavaglio dell’Ulivo l’ha quasi cancellata. E, guarda caso, la legge-bavaglio fu varata da D’Alema solo dopo che Ciampi era uscito dal Governo per andare al Quirinale.

Insomma, se davvero avessimo l’intenzione di ‘controllare le televisioni’, non ci verrebbe mai in mente di cambiare la legge-bavaglio – che è perfetta come legge di regime ma ammazza la comunicazione politica, lasciando sopravvivere solo quella fatta aggirando la legge stessa”.

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