L’ennesimo decreto urgente, imposto con la 22° fiducia, include norme (e soldi) che con la violenza negli stadi non c’entrano nulla

L’urgenza del provvedimento stava nel dare dei soldi alla missione Mare nostrum. Se la Corte Costituzionale applicherà al Governo Renzi le stesse regole applicate altri altri Governi, questo provvedimento verrà per due terzi distrutto

Intervento in Aula sul decreto stadi

Signor Presidente,

è stato ricordato che siamo alla ventiduesima fiducia chiesta dal Governo Renzi in questi mesi, il che, al di là del numero assoluto, vuol dire che ormai la fiducia è il metodo ordinario con cui vengono approvati i provvedimenti – i quali, a loro volta, sono quasi tutti dei decreti‑legge. Questo vuol dire stravolgere in modo pesante tutto quanto la Costituzione ha previsto e quanto tutti i Governi precedenti hanno sempre tendenzialmente rispettato.

Ogni Governo si è visto accusare, tutte le volte che metteva la fiducia o la maggior parte delle volte che adottava un decreto-legge, di voler troncare la discussione, ma tutti i Governi precedenti hanno fatto in modo che una percentuale ragionevole di provvedimenti venisse esaminata nel modo che la Costituzione ha previsto. Qui, ormai, il metodo ordinario di legiferare è invece il decreto-legge; il metodo ordinario – e direi quasi unico – di esaminarlo in Aula è la fiducia.

A questo si aggiunge che, molto spesso, in questi provvedimenti ci sono delle deleghe – magari vaghissime e anch’esse contrarie alla Costituzione, come quelle del cosiddetto Jobs Act (quando si vuol fare un po’ di confusione si usano delle parole, magari pure sgrammaticate, di un’altra lingua, nobilissima ma che non è la nostra) – oppure la delega a volte è chiara però poi la si usa a seconda del comodo. Una certa tendenza oggi diffusa parlerebbe di fissazione per le procedure e direbbe che l’importante è “fare le cose”.

Allora, vediamo prima le cose. I risultati di questo “fare le cose” è che i problemi non vengono risolti: nella maggior parte dei casi vengono aggravati. Peggiorano tutte le cifre economiche e l’ISTAT è costretto a dare dei dati scoraggianti su tutta la linea; anche in altri settori i problemi evidentemente non vengono risolti. Qui abbiamo una serie di misure che mi sembrano velleitarie e con alcuni aspetti molto simili alle grida manzoniane. Visto che non si è riusciti ad applicare le leggi precedenti, che ovviamente ci sono (da sempre è vietato commettere violenza negli stadi o altrove, e da sempre è vietato truccare le competizioni, specialmente se ci sono delle scommesse), va bene, facciamo allora un’altra grida manzoniana. Siccome l’espressione «grida manzoniana» viene usata spesso, varrebbe la pena dare un’occhiata a cosa sono le grida manzoniane. Si tratta del primo capitolo de «I Promessi sposi», cui è bene dare un’occhiata. Infatti, non c’è solo il problema di fare una legge inutile, ma anche quello di aggravare le pene, di renderle magari irragionevolmente pesanti e di chiedere che siano applicate anche quando non si è proprio sicuri della colpevolezza oppure se c’è solo il sospetto della colpevolezza – mi riferisco naturalmente alle grida manzoniane propriamente dette – tanto che alla fine cosa trionfa? L’arbitrio. Infatti, le pene sono talmente pesanti che nessun giudice decente le applica ma può succedere: c’è l’esempio, sempre nello stesso romanzo, che qualcuno, essendo vittima, venga preso per colpevole ed è, infatti, colui che poi alla fine paga.

Il punto è però il seguente: l’arbitrio, la legge, la Costituzione, il Parlamento ed il Regolamento del Senato servono perché ci sia garanzia per tutti; perché ci sia garanzia per i potenti e per i deboli, per i ricchi e per i non ricchi, per coloro che in quel momento sono al Governo e per quelli che non sono al Governo perché sono all’opposizione, o per quelli che non saranno mai al Governo perché non sono neppure all’opposizione – nel senso che sono i cittadini che, per la maggior parte dei casi, impiegano gran parte del loro tempo a fare altro, per fortuna.

C’è anche bisogno di chi produce nella vita quotidiana. Anche noi produciamo qualcosa di importantissimo in queste Aule e di indispensabile al resto. Noi dovremmo porre i presupposti per la vita civile, ma se le regole vengono calpestate o fatte senza la possibilità di intervenire da parte del Parlamento, vuol dire che le leggi sono fatte in uffici nascosti dove chi scrive i testi non ci mette la firma, dove i testi non possono essere discussi, dove non si possono confrontare le opinioni e dove non c’è la minima trasparenza. Allora, il servizio è esattamente opposto a quello che si dovrebbe fare. Noi diamo ai cittadini un quadro confuso; invitiamo i cittadini a fare quello che viene fatto in queste Aule e, soprattutto, in altri palazzi governativi: cioè infischiarsene delle regole, fare le cose di comodo e senza trasparenza, senza rendere conto a nessuno e senza dover spiegare i provvedimenti.

Nei rari casi in cui gli emendamenti effettivamente si discutono, assistiamo a una raffica di “sì” e “no”; o, meglio, a una raffica di “no” con qualche eccezione: il parere è contrario a tutti gli emendamenti, tranne a quelli presentati dal Governo. Ricordo – tra gli episodi molto edificanti della recente attività legislativa del Senato – che a fine luglio, mentre si faceva l’epocale e risolutiva (sottolineo l’ironicità) riforma della Costituzione, per il decreto competitività contenente decine di misure importantissime erano state programmate circa tre ore per affrontare il numero ragionevolissimo di emendamenti (che erano circa 500), dato il numero elevato di articoli da esaminare e l’importanza degli argomenti: di fatto si è usata un’ora sola perché dopo si è detto che non c’era più tempo e non si poteva esaminarli. In quell’ora sono stati approvati gli emendamenti del Governo con i risultati che vediamo.

Si calpestano le regole? Si va sopra le procedure? Si schiaccia il ruolo del Parlamento? Il Parlamento, con tutte le sue imperfezioni, è il rappresentante del popolo ed è l’unica istanza in cui le ragioni si confrontano e dove i cittadini possono controllare, e almeno porta dei risultati. Così, invece, i risultati purtroppo non ci sono o sono esattamente il contrario di ciò che dovrebbe avvenire. Ma la Storia si ripete: tra poco arriverà al Senato il provvedimento cosiddetto ‘Sblocca Italia’, che ha avuto un iter molto curioso. È stato annunciato a luglio e poi è stato scritto durante il mese di agosto, fino a settembre. Non si sa bene chi è stato sentito, ma di sicuro non i rappresentanti del popolo. Se era necessario e urgente, perché non si è fatto a luglio? La necessità e l’urgenza è di fare il decreto‑legge, di esautorare il Parlamento. Questa è la vera necessità.

Qui abbiamo delle norme che vanno a parare completamente da un’altra parte. Vi è una disomogeneità totale. Ricordiamo che, qualche giorno fa, la Corte costituzionale – con una sentenza, a mio avviso, assai discutibile – ha cancellato per intero delle norme che riguardavano gli stupefacenti per il fatto che erano state approvate nel 2005 (da allora costantemente applicate e mai modificate dal Parlamento, che ogni giorno aveva la possibilità di farlo), perché nel lontano 2005 erano state messe nel decreto dove c’erano le Olimpiadi di Torino che non c’entravano nulla. Allo stesso modo non c’entra nulla la missione Mare nostrum – che, per ipocrisia, neppure si nomina – in un provvedimento che asseritamente sarebbe per la violenza degli stadi. Dove sta l’omogeneità? Ugualmente non c’entrano nulla l’organizzazione del Ministero dell’interno e le norme che riguardano i materiali esplosivi. Ma dov’è l’omogeneità?

Penso che si conti sul fatto che la Corte costituzionale giudichi in un modo le leggi fatte da Governi di una certa parte politica e in un altro le cose fatte da altri Governi, ma guardate che non è mica sicuro che avvenga. La Corte costituzionale non è sicuro che sia costantemente di parte; può darsi che la Corte costituzionale applichi alle leggi approvate dall’illuminato e risolutivo Governo Renzi le stesse regole applicate al Governo Berlusconi e ad altri Governi. Se lo fa, questo provvedimento viene per due terzi distrutto. È vero che si tratta sempre di quello. Come è stato detto prima di me, anche in questo caso l’urgenza era nel dare dei soldi per la follia rappresentata dalla missione Mare nostrum per poter andare avanti senza dire che è Mare nostrum, sperando poi di rifilarla in qualche modo all’Unione europea che ci ha detto chiaramente che non lo farà. Dunque, se anche la Corte costituzionale l’abolisce, ormai le cose sono state fatte.

Il bello è che, poi, chi fa queste cose sono quelli che fanno i convegni, le leggi e l’indottrinamento scolastico sulla “legalità”. Che bella cosa, la “legalità”, quando fa comodo. Quando non fa comodo, chi se ne frega della Costituzione, del Regolamento del Senato, delle leggi, della Corte costituzionale? L’importante è fare il comodo proprio. Come ho già detto questa mattina riguardo alle procedure che sono state seguite: attenzione, perché, quando si violano le regole, probabilmente lo faranno anche gli altri contro di noi. Torno a ripetere: ricordiamo come sono finiti coloro che hanno fatto un allegro uso della ghigliottina all’epoca del terrore della rivoluzione francese: sono finiti sotto la ghigliottina. Attenzione.

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