La diffamazione a mezzo Stampa non deve essere conveniente

Non si può sacrificare la dignità delle persone, oltre al buon giornalismo, solo per aumentare le vendite

Intervento in Aula di illustrazione di emendamenti al disegno di legge in materia di diffamazione

Signor Presidente,

illustro collettivamente alcuni emendamenti che si propongono semplicemente questo: che la diffamazione non risulti conveniente. Infatti, se la pena per la diffamazione in termini pecuniari – perché, giustamente, vogliamo abolire il carcere – risulta in alcuni casi inferiore al beneficio che una testata giornalistica, comunque registrata, ha in termini di maggiori ascolti, maggiori copie vendute, maggiori accessi nel caso di internet, non mi pare che sia un approccio giusto.

Specificamente, mi soffermo sull’emendamento 1.25, che propone di modificare il comma 1 del nuovo articolo 13 della legge sulla Stampa, dove si dice che la multa è fino a 10.000 euro per diffamazione commessa con mezzo della Stampa e della radiotelevisione, e può superare i 10.000 euro solo se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della falsità.

Qualcuno si chiede perché il dolo deve esserci sempre nella commissione di un reato, ma qui non è esattamente la stessa cosa. Dire che qualcuno ha commesso un reato infamante – e ciascuno pensi al reato più infamante che possa immaginare, magari attribuito a se stesso – non è una cosa da poco; non è che uno lo può fare, a meno che non sia sicuro del contrario; dovrebbe farlo solo se è sicuro che quella persona ha commesso quel reato. Sarebbe come dire, passando dal giornalista al chirurgo, che il chirurgo che amputi un arto sano viene condannato solo se era consapevole che quell’arto era sano. Se invece lo ha fatto per disattenzione, per incuria, o per chissà per quale altro bizzarro motivo, pazienza, ha amputato una gamba sana; d’altronde, non era proprio sicuro che fosse sana.

Non mi sembra un approccio corretto da parte di un giornale prendere personalità famose della politica, dello spettacolo, dello sport attribuire loro un po’ di reati (ma di quelli tosti, mica reati da poco!) per aumentare le proprie vendite, incassare centinaia di migliaia di euro e poi, siccome non si hanno certezze (magari il reato è stato commesso davvero), al massimo si mette in conto un costo di 10.000 euro ogni articolo.

Non mi sembra un modo per incoraggiare il buon giornalismo e per tutelare la dignità delle persone.

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