Ingresso della kafala nell’Ordinamento italiano: alto rischio di lavoro e schiavitù minorile, spose-bambine, abusi e soprusi legalizzati

Primo intervento in Aula sulla Ratifica della Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 riguardante la responsabilità genitoriale e la protezione dei minori

Signor Presidente, intervengo sull’ordine dei lavori. Desidero sollevare una questione molto delicata. Al nostro esame – come lei ha detto – signor Presidente, abbiamo la Convenzione dell’Aja, che prevede l’introduzione nel diritto dei Paesi che ad essa aderiscono della kafala, un istituto di rito islamico. Non parlerò del fatto che, durante le audizioni svolte in Commissione, tutti gli auditi hanno espresso forti perplessità su questo istituto, ma del fatto che oggi ho ricevuto – quindi non in tempo per poterlo usare nel corso della discussione generale che si è tenuta e chiusa giovedì scorso e tanto meno in Commissione – un estratto della relazione approvata dal Comitato per l’Islam italiano. Si tratta di un organismo del Governo italiano.

Un estratto, di cui sono venuto in possesso solo questa mattina, della relazione approvata nel 2010 dal Comitato per l’Islam italiano. Detto Comitato non è un istituto privato, ma un organismo del Ministero dell’interno, e quindi pienamente governativo, che ha operato dal 2010 al 2011. Anche oggi esiste un organismo analogo, istituito però con principi lievemente diversi. In questa relazione – peraltro ampiamente critica, e ricordo che di detto Comitato facevano parte rappresentanti di varie organizzazioni islamiche italiane, oltre a esponenti del Ministero dell’interno – è contenuta una frase (purtroppo ho solo un estratto, per cui non so se ce ne sono altre) che dice che il recepimento nel diritto italiano della kafala, seppure giudiziale, in cui risulti affidatario uno straniero, non garantisce un sufficiente controllo preventivo sull’effettiva rispondenza dell’affidamento agli interessi del minore, ad esempio – e qui il problema è notevole – per escludere che, attraverso la kafala, giungano in Italia spose bambine o minori destinati a costituire una precoce forza lavoro o comunque a condizioni di vita che non garantiscano il loro adeguato sviluppo. È peraltro evidente – continua l’estratto della relazione – che anche dal Paese di origine possono esserci gravi difficoltà a capire davvero quale sia la situazione del minore.

Spinto da ciò, ho fatto una semplicissima ricerca sulla kafala, ma non nei siti in italiano bensì in inglese. Ebbene, la maggior parte delle volte in cui oggi viene menzionata la kafala è per evidenziare che, in diversi Paesi islamici, questo istituto è in discussione. Addirittura nel Bahrain è stato abolito perché portava a situazioni assimilabili alla schiavitù delle persone adottate; o, meglio, non essendo un’adozione, delle persone affidate attraverso questo istituto. Trattandosi di un documento ufficiale del Governo italiano, credo sarebbe opportuno prima avere la relazione integrale del Comitato per l’Islam in Italia – anche perché, se non ci si avvale di tali organismi in casi del genere, è inutile che esistano – e solo dopo proseguire la discussione. Sarebbe una soluzione equilibrata. Tra l’altro, il Senato dovrebbe essere in possesso di questo documento, perché il Comitato – come dovrebbero fare tutti gli organismi di questo genere, anche se generalmente non lo fanno – inviava le sue relazioni anche al Parlamento.

In sostanza, rischiamo di ratificare una norma che, secondo un organismo del Governo italiano, composto in gran parte da rappresentanti di comunità islamiche in Italia, non garantisce i minori; e dunque può coprire, attraverso questo istituto, l’ingresso in Italia di spose bambine e di minori destinati allo sfruttamento.

Non credo si possa andare avanti senza avere maggiori spiegazioni e notizie su questo punto. Non si tratta, infatti, della mera ratifica di una Convenzione internazionale come tante, quasi fosse un adempimento burocratico, bensì dell’introduzione di un istituto estremamente pericoloso che – ripeto – è stato abolito in Bahrein per i disastrosi risultati prodotti. In Qatar si ritiene che siano centinaia i lavoratori morti, portati lì in condizioni quasi di schiavitù a causa di questo istituto. Parlo di notizie internazionali che sono all’esame anche dei Governi del Qatar, dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi. Non possiamo essere più per il diritto islamico di quanto lo sia l’Arabia Saudita. Credo che la prudenza sia estremamente opportuna, trattandosi delle possibili condizioni di minori.

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