La kafala: il Bahrein l’abolisce, l’Arabia Saudita la discute, la Consulta Islamica dice che “potrebbe portare a spose-bambine e minori schiavi” e l’Italia la approva?

Terza dichiarazione di voto sulla Ratifica della Convenzione dell’Aja riguardante la responsabilità genitoriale e la protezione dei minori

Signor Presidente,

ringrazio anzitutto le relatrici per il lavoro che hanno svolto con coscienza e attenzione, anche se dissento sulle conclusioni cui siamo reciprocamente arrivati. Questa Convenzione che, con il nostro voto (ahimè, temo, in maggioranza favorevole), autorizzeremo il Presidente della Repubblica a ratificare, introdurrà l’istituto della kafala nel nostro ordinamento. L’articolo 2 dice: piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione a partire da una data, che, sostanzialmente, possiamo prevedere sarà il 1º agosto o il 1º settembre.

Che cos’è la kafala? Nell’ordinamento islamico è vietata l’adozione, poiché i figli sono solo coloro generati da rapporti sessuali considerati legittimi, per cui all’interno del matrimonio. Per prendersi cura dei minori che non hanno chi si prenda cura di loro è previsto l’istituto della kafala, che è molto, molto diverso dall’istituto dell’adozione e da quello dell’affidamento i quali, attualmente, anche supponendo che avvenga il pieno recepimento di questa Convenzione nel nostro ordinamento, continuerebbero ad essere i soli istituti cui una famiglia italiana non islamica potrebbe far riferimento. La kafala prevede che ci sia un affidamento permanente, fino alla maggiore età, almeno nella forma in cui è citata nella Convenzione, che però non comporta l’ingresso del minore nel nucleo familiare: il minore non matura alcun diritto ereditario; non diventa fratello dei figli della coppia alla quale viene affidato; non diventa nipote dei genitori di questa coppia; non diventa figlio di questi genitori. Addirittura, egli può essere sposato dai membri della sua famiglia, cioé da coloro che, se fosse un’adozione, chiameremmo fratelli o genitori.

Questo istituto, che è proprio del diritto islamico, come detto esplicitamente nella Convenzione, a causa degli abusi che venivano perpetrati attraverso di esso, è stato abolito nel Bahrein e la sua abolizione è in discussione (o, quantomeno, sono in discussione misure che ne limitino fortemente la pericolosità in diversi altri Paesi a stragrande maggioranza islamica o, addirittura, fondati sul diritto islamico come – nientemeno – l’Arabia Saudita, che non è precisamente uno Stato ultraliberale, pericolosamente ostile all’Islam, ma esattamente il contrario.

Il Comitato per l’Islam italiano, costituito presso la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’interno nel 2010, ha stilato una relazione della quale, purtroppo, non abbiamo avuto modo di avvalerci perché si è voluto procedere in gran fretta; da un estratto, apprendiamo però che questo Comitato, che – ripetiamo – raccoglie i rappresentanti delle principali organizzazioni islamiche in Italia, sostiene che il recepimento nel diritto italiano della kafala in cui risulti affidatario uno straniero non garantisce infatti un sufficiente controllo preventivo sulla effettiva rispondenza dell’affidamento agli interessi del minore, ad esempio per escludere che attraverso la kafala giungano in Italia spose bambine, o minori destinati a costituire una precoce forza lavoro. La ragione per cui in Bahrein è stato abolito questo istituto è che molti lavoratori, che venivano portati in quello Stato attraverso la kafala, venivano sfruttati a un livello paraschiavistico o, addirittura, sostanzialmente schiavistico, come è stato dichiarato anche da organismi ufficiali di altri Paesi che ancora non l’hanno abolito ma che ne stanno studiando, quantomeno, la limitazione.

È stata una buona cosa votare lo stralcio, proposto dalle relatrici, delle norme che la Camera ha sciaguratamente approvato; meno male che c’è una seconda Camera che corregge gli errori gravissimi fatti dall’altra, perché è meglio una legge che necessiti un mese o due in più piuttosto che una legge sbagliatissima. Per fortuna, quindi, sono stati saggiamente stralciati gli articoli che introducevano le norme di recepimento di tale istituto nel nostro diritto; tuttavia, non essendoci norme, non abbiamo neanche quelle che limitano i pericoli ad esso connessi. La raccomandazione che il Comitato per l’Islam italiano aveva fatto era che ci fossero delle norme, che prevenissero in modo attivo ed efficace possibili abusi. Bisognerebbe andare a dare un’occhiata alla ragione per la quale la kafala è all’attenzione dell’opinione pubblica, o quantomeno degli organi di informazione che si occupano di tali questioni a livello internazionale. Se ricercate su Internet il termine «kafala» nei siti in inglese, vedrete che la maggior parte delle citazioni riguarda casi di gravissimo abuso di questo istituto. In particolare, viene citato il Qatar, dove addirittura si parla di centinaia di morti sul lavoro tra lavoratori che sono stati portati in quel Paese dall’estero attraverso la kafala. Naturalmente, ci sono moltissime coppie che si vogliono avvalere di questo istituto per ottime ragioni, ma intanto si tratterebbe di introdurre in Italia un istituto che non è nella nostra Storia, nel nostro diritto e dal quale sarebbero comunque escluse le famiglie di religione non musulmana (ci sarebbe, quindi, molto da dire sulla conformità all’articolo 3 della Costituzione).

Anche l’ordine del giorno formulato dalle relatrici, che è stato accolto, è apprezzabile e positivo. L’ordine del giorno invita il Governo a valutare (per cui in modo, per la verità, non troppo stringente, ma prendiamolo per buono) la compatibilità di questo istituto con la Costituzione e con l’ordinamento italiano. Ma non sarebbe meglio fare questa valutazione prima di approvare la Convenzione? Invece, prima l’approviamo e poi valutiamo se è compatibile con l’ordinamento italiano. L’ordine del giorno in sé è positivo, ma denuncia chiaramente che ci sono dei problemi.

Il problema non può essere risolto con la previsione che l’applicazione di questo istituto non può dar luogo a problemi di ordine pubblico, perché purtroppo i problemi sono di carattere fin troppo privato. Basta leggere, ad esempio, il rapporto che riguarda la condizione, in particolare, delle donne, peggio ancora se minorenni (poiché sarebbero solo minorenni in questo recepimento, perché ovviamente un maggiore d’età sotto tutela sarebbe totalmente incompatibile con il nostro diritto); basta leggere degli abusi subiti da donne da parte dei loro kafil, ossia delle persone che le adottano. Il titolo di uno dei principali di questi rapporti, redatto da Human Rights Watch, un’organizzazione internazionale altamente reputata, è «Io ti ho comprata»: è ciò che dicono i kafil che abusano, dal punto di vista sia lavorativo che sessuale, di queste donne – ovviamente spesso molto giovani. Ricordiamo che queste persone, pur facendoci pensare ad una forma come l’adozione, non vengono ritenute membri di famiglie, per cui non è incesto avere con esse rapporti. Sono altresì in un rapporto di debolezza, perché nel nostro Paese sarebbero completamente nelle mani di chi le adotta, che non assume nei loro confronti delle obbligazioni – ad esempio – a livello ereditario, e senza avere il diritto, sulla base delle leggi vigenti, di assumere la cittadinanza italiana, perché non sarebbero né figli né fratelli di cittadini italiani. Un’ulteriore possibilità di sfruttamento di questo istituto è il fatto che poi bisognerà inventarsi la forma per dare loro la cittadinanza.

Se sommiamo il pericolo – non lo dico solo io, ma anche il Comitato per l’Islam italiano con i rappresentanti dell’organizzazione islamica in Italia – delle spose bambine, dello sfruttamento del lavoro, dell’uso di questo istituto per portare in Italia persone che altrimenti non avrebbero titolo, direi che sarebbe molto meglio bocciare questo provvedimento o quanto meno – come abbiamo chiesto – ritardarne l’approvazione. Pertanto, noi voteremo contro, augurandoci che così faccia la maggioranza del Senato. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII. Congratulazioni).

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