L’Indro: “Pensare a una Forza Italia senza Berlusconi è folle”

Intervista al Senatore Lucio Malan

La tregua è durata poco, giusto il tempo di festeggiare l’assoluzione di Berlusconi nel processo Ruby. Ma l’illusione che la sentenza della Cassazione potesse calmare le acque dentro Forza Italia è svanita subito. La spaccatura nel Partito è storia vecchia ma, probabilmente, nemmeno l’ex Premier immaginava che le cose fossero a un punto di quasi non ritorno. Perché, se una volta il dissenso interno era solo quello di Raffaele Fitto, oggi il nuovo fronte si è aperto con Denis Verdini e i 17 che la scorsa settimana hanno firmato il documento per la ripresa del dialogo col Governo sulle riforme. La distanza è grande, lo dimostrano allo stesso tempo i silenzi e i toni forti di certe dichiarazioni. E grande è anche l’incertezza sugli sviluppi, tra il rischio di una nuova scissione e una sempre più difficile ricucitura. Il tutto mentre i sondaggi continuano a certificare la grave crisi di consenso, accompagnata dal consolidato sorpasso a destra della Lega di Salvini.

I berlusconiani più convinti ostentano però fiducia e sicurezza, nella convinzione che la fine dell’incubo Ruby, col ritorno dell’ex Cavaliere in prima linea, rappresenti il punto di svolta. Lo dice chiaramente il senatore Lucio Malan, uno dei fedelissimi del leader: «La sentenza della Cassazione è un fatto estremamente positivo: sia dal punto di vista umano, per il forte legame affettivo che c’è tra di noi, sia dal punto di vista politico, perché rafforza la leadership personale di Berlusconi. Allo stesso tempo, prende nuovo vigore anche la possibilità di un ritorno alla candidabilità. Può essere davvero l’inizio di una grande riscossa».

L’immagine che si ha dall’esterno è quella di un partito oggettivamente diviso. Il Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi, parla di quattro anime: la prima è quella che fa capo al gruppo ristretto più vicino a Berlusconi, il cosiddetto ‘cerchio magico’; la seconda è quella dei Ricostruttori lanciati da Fitto; la terza è il gruppo di Verdini; la quarta quella dei cosiddetti ‘berlusconiani silenti’.

«Io sono berlusconiano e penso che, se si hanno punti di riferimento diversi, se non ci si riconosce nella leadership di Berlusconi, allora vuol dire che si è nel Partito sbagliato. E questo vale per tutti. Non è una questione fideistica, ma pensare di fare una Forza Italia senza o contro Berlusconi è una cosa oggettivamente folle. Oggi, e per un bel po’, il leader è Berlusconi; in prospettiva poi vediamo».

È innegabile, però, che nel Partito, con la lettera dei 17, si è aperta una questione sostanziale. C’è chi vuole riesumare il Patto del Nazareno.

«Peccato che Renzi si sia ampiamente emancipato dal Patto del Nazareno. Poteva essere una bella cosa ma la controparte, che già sistematicamente non mantiene mai la parola, non l’ha mantenuta in particolare su quell’accordo che, perciò, è saltato».

Secondo Verdini e i verdiniani, non si doveva rompere col Governo.

«Verdini ha fatto sicuramente un grande lavoro nelle trattative sulle riforme, non possiamo certo dare la colpa a lui se Renzi non mantiene la parola».

E se davvero si arrivasse uno strappo, a una nuova scissione?

«L’ultima volta che ho visto Verdini è stato l’altro giorno, quando abbiamo accolto Berlusconi al suo arrivo a Roma. Era con noi, così come era con noi in aula al Senato. Dunque per me è con noi, lo è da tempo immemorabile, e spero che continui ad esserlo».

Berlusconi riuscirà a trovare una sintesi e a ricompattare il Partito?

«È un fatto assiomatico. Chi in Forza Italia non è con Berlusconi, non è con i nostri elettori. Per cui è difficile essere staccati dal leader e dagli elettori».

Simone Furlan, dell’Ufficio di presidenza, ha invitato l’ex Premier a «dare vita ad un’operazione di pulizia nel Partito per mandare a casa i traditori». Parole forti…

«Parlare di caccia ai traditori non mi sembra un’espressione appropriata. Forza Italia ha sempre avuto un notevole ricambio nella sua dirigenza: se uno guarda l’organigramma di oggi, di dieci e di venti anni fa, vede grandi cambiamenti perché è normale che ci sia un’evoluzione. Chi non ritiene di essere sulle posizioni di Berlusconi potrà essere avvicendato in qualche caso, ma la ricchezza di Forza Italia è, anche nella molteplicità delle singole opinioni, nell’ambito di una leadership riconosciuta».

Veniamo alle riforme. Lei si è espresso per un ‘no’ netto alla riforma del Senato, eppure a quel testo ha contribuito anche Forza Italia quando c’era il Patto del Nazareno

«Forza Italia ha contribuito sì al lavoro, ma il punto di partenza era un ddl osceno, presentato dal Governo senza alcuna consultazione. Se ci fosse un minimo di sensibilità democratica, si dovrebbe squalificare definitivamente chi ha messo la firma in calce al provvedimento. Da lì, grazie al lavoro di tanti, sono stati fatti enormi miglioramenti, anche perché peggio era impossibile fare. Persino una Costituzione iraniana era meglio di quel testo. Però i miglioramenti non sono stati sufficienti, anche perché poi è arrivata l’introduzione del premio alla lista – e non più alla coalizione – che rendeva obbligatoria la revisione di questo sistema monocamerale».

Ma, al premio alla lista, lo stesso Berlusconi ha detto sì…

«Perché era la condizione per proseguire le riforme, ma non si può cambiare un pezzo e non il resto. Non si può prendere una 500, mettere il motore della Ferrari e lasciare le gomme della 500 perché la macchina si schianta. Si è voluto mettere il premio alla lista, ma questo doveva comportare una Costituzione più equilibrata e non totalmente in mano a chi prende il premio di maggioranza. Invece si è andati nella direzione opposta. Il disprezzo di Renzi per la democrazia in quanto tale è ormai evidente e non possiamo assecondarlo».

Cambio di rotta anche sulla legge elettorale. Berlusconi prima ha dato il via libera, poi ha parlato di rischio di deriva autoritaria.

«Le cose vanno viste nel complesso. Il combinato di quella legge elettorale e della riforma del Senato, senza disponibilità a migliorie, è inaccettabile».

La riforma della Rai la convince?

«Così come si prospetta, è da Paese autoritario e non da Paese democratico. Una RAI nelle mani del Governo – un Governo che, con la legge elettorale voluta da Renzi, viene magari eletto col 20% dei voti di chi va a votare – è totalmente incompatibile con la natura di servizio pubblico. Se Renzi vuole comprarsi la RAI, se la compri, ma la paghi ai contribuenti perché non è proprietà sua. D’altra parte, ha molti amici facoltosi. Rubare la RAI alla Repubblica Italiana però no, non possiamo permetterglielo».

Insomma, pare di capire che, da parte vostra, i prossimi saranno mesi di opposizione durissima.

«Renzi è estremamente determinato su tutto ciò che accresce il suo potere personale, e del tutto inefficace quando si tratta di fare qualcosa che serve ai cittadini italiani. Dunque sì, da parte nostra sarà opposizione durissima. Di fronte a un Governo che cerca di soffocare la democrazia non si può fare diversamente».

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