In Commissione Giustizia si discute delle unioni civili

Secondo il senatore Malan, le unioni fra persone dello stesso sesso vengono sostanzialmente equiparate al matrimonio. INoltre, le già poche tutele previste per la famiglia tradizionale rischiano di essere ulteriormente ridotte

Intervento nella Commissione Giustizia (resoconto sommario)

Il senatore Malan giudica radicalmente non condivisibile la scelta, effettuata con il titolo I del testo unificato in esame, di introdurre nell’ordinamento un istituto con cui le unioni fra persone dello stesso sesso vengono sostanzialmente equiparate al matrimonio. Una simile scelta del legislatore si pone in radicale contrasto con il vigente quadro costituzionale e, ancor di più, con il dato pre-giuridico – costituito dalla impossibilità fattuale di assimilare le unioni omosessuali alle unioni fra un uomo ed una donna, per la circostanza non contestabile che solo queste ultime presentano, in via ordinaria, quella potenzialità procreativa che nessun’altra unione può avere.

Il dibattito non ha fatto emergere ragioni che possano giustificare la scelta adottata con il testo in esame. Si è fatto riferimento alla esistenza di figli “interni” alla coppia, ma non vi è chi non veda – a prescindere dal fatto che questi figli “interni” alla coppia propriamente non sono – che, se l’esigenza è quella di tener conto di legami affettivi maturati in contesti in cui un adulto si è per lungo tempo preso cura di un minore, le soluzioni possono essere ricercate in altro modo, intervenendo nel contesto delle adozioni in casi particolari. Ma, ancor di più, vale a questo proposito sottolineare come la rilevanza di questi casi non può che essere esigua da un punto di vista numerico, se non altro per la decisiva ragione che la maggior parte dei minori ha – fortunatamente – sia il padre sia la madre, il che rende impossibile in questi casi l’adozione da parte di una terza persona. Questa è l’unica conclusione possibile, se le situazioni a cui si fa riferimento sono le situazioni in cui il minore ha perso uno dei genitori e quello superstite ha, successivamente, scelto di convivere con una persona dello stesso sesso, mentre il minore è ancora nei primi anni di vita per cui il nuovo convivente ha potuto seguirlo nel percorso di crescita. Di converso, non può in alcun modo ritenersi che siano meritevoli di tutela situazioni diverse – che sarebbero invece, verosimilmente, quelle che più frequentemente verrebbero in rilievo – in cui non ci si trova di fronte a un minore che ha perso uno dei genitori, ma piuttosto a un minore che è stato premeditatamente privato del padre o della madre.

Sotto un diverso profilo, appare evidente al senatore Malan che l’introduzione di un istituto come l’unione civile si presti, nei fatti assai più del matrimonio, al rischio di un’utilizzazione strumentale al fine di ottenere ora la cittadinanza italiana, ora una pensione di reversibilità, ora benefici ulteriori che possano in qualche modo essere connessi al riconoscimento di tale forma di unione, con la conseguenza – a suo avviso da valutarsi in termini estremamente preoccupanti, soprattutto nell’attuale momento storico – di poter determinare in concreto reazioni che porteranno ad un’ulteriore riduzione delle già poche tutele previste per la famiglia tradizionale.

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