Meno diritti e più incertezze per 3 milioni di cittadini eterosessuali non sposati e 150mila bambini, e questo per imporre ad altri bambini due madri o due padri

Basta cambiare il nome alle cose perché le garanzie costituzionali vengano tolte

Intervento in Aula sul voto del non passaggio agli articoli del ddl Cirinnà

Signor Presidente, innanzitutto desidero precisare che Forza Italia voterà a favore di questa proposta di non passaggio all’esame degli articoli ma non perché siamo contrari a qualunque tipo di riconoscimento delle unioni civili; al contrario, noi siamo a favore. Ecco perché, se ci si fosse accordati su tutta una serie di diritti e di prerogative da dare alle coppie sia dello stesso sesso che di sesso diverso, avremmo già finito questo lavoro e avremmo consentito un momento di unità di tutti dentro questa Aula e fuori per poi, eventualmente – ove qualcuno l’avesse richiesta – andare avanti con una discussione possibilmente approfondita e nel merito sulle cose su cui non c’è accordo. In Commissione abbiamo, però, trovato la completa chiusura: non ci sono stati neppure accolti degli ordini del giorno, ivi incluso, ad esempio, quello che chiedeva al Governo di continuare a difendere e a riservare ai genitori la priorità nelle scelte riguardanti l’insegnamento e l’educazione dei figli. C’è stato respinto persino questo ordine del giorno. È chiaro che, di fronte alla totale chiusura, non vediamo la possibilità di un cambiamento che trasformi questa legge, che ci può andare bene solo nel titolo, in qualcosa che vada bene nella sostanza.

Dopodiché, signor Presidente, nell’illustrare alcune ragioni – tra le tante – per cui non siamo d’accordo con il testo in esame, sottolineerò come tutto questo provvedimento riguardi il matrimonio. Ecco perché, signor Presidente, sono e siamo preoccupati per la sua scelta di non concedere il voto segreto. Ricordo che il Regolamento in materia di voto segreto è chiarissimo, perché dice che esso è previsto su materie riguardanti una serie di articoli della Costituzione, tra cui gli articoli 29 e 30. L’articolo 29, in particolare, riguarda il matrimonio.

Come è stato detto, nel disegno di legge in esame non c’è il nome «matrimonio» ma c’è la sostanza. Ad esempio, tutti conoscono gli articoli del codice civile che vengono letti durante il matrimonio, che sia celebrato in chiesa o in Comune. I primi due sono proprio gli articoli 143 e 144, che sono riportati nel loro contenuto – pur senza citarli – nel disegno di legge in esame.

L’articolo 143 è, infatti, parafrasato dal comma 1 dell’articolo 3 del disegno di legge, il quale dice che «Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri». Ebbene, l’articolo 143 del codice civile dice che «Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri». Dunque, anche nel testo è presente la medesima formulazione.

Al comma 2 dell’articolo 143 del codice civile, sul matrimonio, si dice che «Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione» e l’articolo 3 del disegno di legge Cirinnà dice che: «dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione».

Il comma 3 dell’articolo 143 del codice civile prevede poi che: «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia» e il disegno di legge al nostro esame, all’articolo 3, comma 1, prevede che «Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni».

Durante la celebrazione del matrimonio si legge poi l’articolo 144 del codice civile, secondo cui: «I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa»; il comma 2, dell’articolo 3 del disegno di legge stabilisce che: «Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato», formulazione che riproduce quella del secondo comma dell’articolo 144 del codice civile. Basta dunque cambiare il nome alle cose, perché le garanzie sostanziali previste dal Regolamento vengano tolte?

Mi preoccupo perché qui, oggi, parliamo di unioni civili e di matrimonio ma, tra gli articoli per i quali il Regolamento prevede la garanzia del voto segreto, ci sono quelli che riguardano la libertà personale, l’inviolabilità del domicilio, l’inviolabilità della corrispondenza, il diritto dei cittadini a riunirsi pacificamente, la libertà religiosa e tanti altri; basterà allora dire che una legge che, ad esempio, sopprima la libertà religiosa, sia fatta per ragioni culturali per fare in modo che non si tratti più materia religiosa e si potrà votare, magari sotto le minacce e senza voto segreto? Signor Presidente, Lei è l’arbitro di questa partita ed è sempre in tempo a prendere una decisione conforme al Regolamento.

Vado avanti: all’articolo 3 del disegno di legge al nostro esame, il comma 3 dice che «All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni» di varie sezioni del titolo VI del codice civile. Il titolo VI è intitolato «Del matrimonio». Poi dice che si applicano alcuni articoli tra cui il 116. Molto interessante: l’articolo 116 tratta del matrimonio dello straniero. Questo vorrà dire che chi stipulerà una unione civile, oltre al bonus della reversibilità, potrà anche passare la cittadinanza ad uno straniero. Forse svuoteremo i centri di identificazione ed espulsione, come ha detto il senatore D’Alì, perché passeranno tutti attraverso gli uffici dell’anagrafe!

Andando avanti… Sono richiamati tutti gli articoli che riguardano il matrimonio presi dal capo VI del codice civile, che si intitola «Del regime patrimoniale della famiglia». Si richiama la disciplina «Del regime patrimoniale tra i coniugi», della «Forma delle convenzioni matrimoniali», della «simulazione delle convenzioni matrimoniali» e così via. Se per caso fosse sfuggito qualcosa, il comma 4 dice che tutte le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge» e «coniugi» si applicano anche alle unioni civili. E allora se questo non riguarda l’articolo 29, cosa lo riguarda?

Se questo istituto è diverso dal matrimonio, in cosa è diverso? C’è una diversità: non sono previste le pubblicazioni. Le pubblicazioni sono una garanzia, sono una sorta di gravame sulla coppia che si vuole sposare perché, se qualcuno ha qualcosa da dire, possa parlare o tacere per sempre. Non ci sono le pubblicazioni e questa è un’agevolazione rispetto al matrimonio.

Vi è poi tutta la seconda parte di questo disegno di legge, che tratta della convivenza e, bontà loro, è concesso anche alle coppie eterosessuali di accedere a questa seconda parte. Essa riguarda, com’è stato detto, un milione e mezzo di coppie e, di conseguenza, 3 milioni di cittadini e almeno 150.000 bambini, e di questo ci si occupa con una parte del provvedimento che in Commissione non è stata neanche sfiorata e che, a mio parere, è scritta malissimo – come ha detto anche la Commissione Affari costituzionali non con un parere dell’Opposizione, ma con un parere, credo, unanime o comunque maggioritario. Questa parte, infatti, non prevede garanzie; anzi, prevede l’incertezza: sarà il magistrato a stabilire se due persone hanno un legame meritevole di tutela giuridica o no e non quelle persone. Una follia, ma tanto riguarda solo 3 milioni di italiani! Riguarda solo 3 milioni di italiani, con 150.000 bambini? Chi se ne importa. Bisogna andare avanti e perché? Non si capisce perché bisogna andare avanti ad ogni costo.

Ci sarebbe molto altro da dire, ma questo è già sufficiente. Aggiungiamo che mancava uno dei tre articoli del codice civile che si legano al matrimonio, l’articolo 147, relativo ai doveri verso i figli e quello lo troviamo all’articolo 5, con la famosa «adozione del figliastro» (questo è il nome in italiano), che vuol dire imporre ad un bambino due padri o due madri. A questo la stragrande maggioranza dei cittadini è contraria ma, purtroppo, sembra che nei media e in quest’Aula ci sia una percentuale diversa: dovrebbe porsi qualche problema chi rappresenta questa diversità.

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