ASTI-CUNEO. MALAN (FI): SCONCERTANTI RISPOSTE DI RENZI. DIFENDE LA SOCIETÀ PRIVATA MA NON I CITTADINI

“La risposta del Presidente del Consiglio, il 4 maggio alla Camera, sulla scandalosa incompiuta dell’Asti-Cuneo è sconcertante. Si è limitato a constatare che occorrerebbe aumentare del 45% i pedaggi oppure cercare una soluzione alternativa per pagare gli esorbitanti aumenti dei costi. Già abbiamo sentito dal ministro Delrio che si aspetta la ‘soluzione alternativa’ dalla stessa società che ha aumentato i costi, e già sappiamo che la soluzione sarà – tanto per cambiare – una proroga della concessione sulla Torino-Piacenza e magari anche sulla Torino-Milano; cosa che già il Governo Renzi aveva tentato di regalare con l’articolo 5 del decreto ‘Sblocca-Italia’, con il pretesto dell’accorpamento delle concessioni stesse. Premiare chi non completa un lavoro nei tempi previsti e raddoppiando i costi mi pare una ingiustizia e una follia.

È sconcertante che il Capo del Governo non abbia nulla da dire sull’aumento dei costi da 988 milioni a 1,8 miliardi, e sembri prenderlo come un dato di fatto ineluttabile, insieme al ritardo di anni rispetto a quanto previsto dal bando di gara.

Lo stesso giorno in cui Renzi parlava alla Camera, ho presentato al Senato una dettagliata interrogazione al Ministro Delrio sui tanti misteri dell’Asti-Cuneo, in cui chiedo conto dei singoli motivi di ritardo addotti e degli aumenti di prezzo che la società attribuisce a nuove norme di sicurezza – che, però, su altre tratte hanno avuto effetti molto limitati. Chiedo anche se il capitale sociale di 200 milioni previsto dal bando di gara sia stato versato e come mai la parte pubblica della società Asti-Cuneo abbia sempre perso i ricorsi al TAR sull’aumento dei costi e non si sia mai appellata al Consiglio di Stato. Tutte cose che, a quanto pare, non interessano al Capo del Governo.

Il fatto che, a 11 anni dall’aggiudicazione della gara indetta dall’ANAS, siano stati completati lavori che erano stati stimati in 240 milioni – cioè meno di un quarto del totale e meno di quanto versato a fondo perduto dallo Stato – dovrebbe suscitare l’attenzione del Presidente del Consiglio, che ci raccontava che con lui l’Italia avrebbe cambiato verso. Come già ho detto sulle dichiarazioni del ministro Delrio, anche qui sembra che il Governo funga da portavoce delle esigenze della società privata, non di quelle del territorio e dei cittadini”.

 

INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

Al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti

 

Premesso che:

alla fine degli anni ’80 i principali soggetti politici e sociali concordavano che l’autostrada Asti-Cuneo era una priorità non solo per il Piemonte, ma per l’intero Paese e partirono le iniziative per realizzarla;

due società mostrarono interesse alla realizzazione dell’infrastruttura: la SATAP, di cui una quota importante era in mano alla famiglia Gavio, e Si.Tra.Ci, un consorzio nato per la realizzazione del traforo del Mercantour e altre opere viarie; una situazione di concorrenza che avrebbe permesso allo Stato e al contribuente di ottenere le condizioni migliori; l’allora direttore dell’Anas, Morando Mancini, in accordo con il ministro dei lavori pubblici Emilio De Rose, che per statuto era presidente ANAS, stabilì invece che potevano essere chiamati alla realizzazione di nuove autostrade solo società che già gestivano autostrade; decisione chiaramente anticoncorrenziale, che nel caso Asti-Cuneo diede luogo a una situazione di ditta necessitata: la SATAP;

il 27 settembre 1990 l’ANAS e la SATAP stipulavano un atto aggiuntivo alla convenzione della Torino-Piacenza, approvato con decreto interministeriale del 5 aprile 1991 del ministro dei lavori pubblici Giovanni Prandini, in base alla quale la società autostradale, che aveva già ottenuto l’incarico di costruire quella tratta, otteneva l’autorizzazione dello Stato a realizzare l’autostrada Asti-Cuneo; la convenzione prevedeva interventi pubblici per 35 miliardi di lire;

tale nuova via avrebbe però ridotto gli incassi dell’autostrada Torino-Savona, poiché una una parte del suo traffico si sarebbe poi spostata sulla Asti-Cuneo; gli azionisti della Torino-Savona esercitarono la loro influenza e venne così trovato un accordo, molto conveniente sia per loro sia per la SATAP, ma non per gli automobilisti: la Asti-Cuneo (direzione Nord Est – sud Ovest), dovrà correre per un tratto sulla Torino-Savona (direzione Nord- Sud); per SATAP si tratta di costruire 15 chilometri di autostrada in meno, mentre la Torino-Savona avrà 29 km di percorrenza, con relativo pedaggio, di ogni mezzo della Asti-Cuneo; gli utenti, invece, con quei 29 chilometri, si avvicineranno a Cuneo (o ad Asti) di solo 11 chilometri;

tale situazione era pur sempre preferibile all’assenza dell’autostrada Asti-Cuneo e le aspettative della popolazione e delle aziende di quell’area restavano alte e positive; ma a partire dal 1994 l’ANAS riferiva al Ministero dei lavori pubblici di comportamenti della SATAP contrastanti sia con la legge base sulle concessioni del 1971, sia con le disposizioni della citata convenzione, fra questi l’acquisizione di partecipazioni in società aventi fini estranei alla costruzione e alla gestione di autostrade;

il Consiglio di Stato, con parere del 13 giugno 1998, invitava il Ministero dei lavori pubblici a valutare l’esistenza di tali comportamenti ed a trarne le conclusioni;

sono trapelati più volte i dissensi tra l’ANAS (che ancora oggi detiene il 35% della società di Progetto Autostrada Asti-Cuneo S.p.A.) e la società del Gruppo Gavio (oggi proprietaria del 60%) su proroga delle concessioni, piano finanziario, ammontare dei contributi dello Stato alla SATAP, costo totale dell’investimento;

il 2 dicembre 1999 nel corso del Consiglio di Amministrazione dell’ANAS, nel momento in cui si doveva iniziare la realizzazione dell’opera, il magistrato della Corte dei conti delegato al controllo ANAS sollevava dubbi di legittimità in merito alla concessione della tratta Asti-Cuneo, rilevando che la concessione stessa appariva in contrasto con la normativa comunitaria e nazionale;

il Ministro dei lavori pubblici, Willer Bordon, anche in presenza delle sollecitazioni che provenivano dalle parti interessate, nonostante la dichiarazione del magistrato della Corte dei conti, con una sua direttiva del 16 febbraio 2000 ribadiva la validità del V atto aggiuntivo ed invitava l’ANAS a perseverare nel rapporto con la società autostradale; la direttiva che impartiva il Ministro dei lavori pubblici all’ANAS veniva interpretata come un vero e proprio ordine, e come tale ritenuto dallo stesso magistrato illegittimo, tenuto conto del fatto che la legge attribuisce al Ministro dei lavori pubblici poteri di “alta vigilanza sull’ANAS e non di gestione”;

in conseguenza di questa presa di posizione del magistrato della Corte dei conti, il Ministro dei lavori pubblici il 19 aprile 2000 inoltrava richiesta ufficiale di parere al Consiglio di Stato;

il Consiglio di Stato, con parere n. 487 del 10 maggio 2000 rilevava che la convenzione “nonostante siano passati dieci anni dalla sua operatività, non risulta essere stata mai posta in essere” per una serie di motivi, tra cui contestazioni mosse dall’Anas alla concessionaria, le richieste di incremento dei finanziamenti pubblici di ben ottocentoquaranta miliardi di lire (a fronte dei 35 previsti nella convenzione), “vicende penali in cui sono coinvolti, tra gli altri, soci ed amministratori della Satap, dubbi di legittimità della stessa convenzione aggiuntiva del 1990 con riferimento alla normativa comunitaria” e altro ancora; il Consiglio di Stato notava come l’ente concedente, cioè l’Anas, “ha avviato una serie di iniziative, peraltro di segno e contenuto incerto, tese al rinnovo della convenzione… anche come strumento transattivo delle controversie in corso, non meglio specificate”; tale parere nota che l’assegnazione delle concessioni autostradali deve essere “sottoposta al regime della procedura ad evidenza pubblica; affermava poi che il rapporto concessorio non aveva mai avuto concreta attuazione “anche per colpa del concessionario, in relazione agli inadempimenti, richieste di ulteriori finanziamenti, ritardi e vicende penali ci cui egli è stato ed è il protagonista”; il Consiglio di Stato riteneva poi ingiustificato il collegamento tra la realizzazione della Asti-Cuneo con la concessione dell’autostrada Torino-Piacenza, poiché mancano gli indispensabili elementi della complementarietà e dell’accessorietà, facendo presente che ove le nuove autostrade fossero generalmente considerate come accessorie a tratte precedenti alle quali possano collegarsi si potrebbe determinare una situazione di oligopolio in favore dei pochi concessionari originali;

il Consiglio di Stato ritenne pertanto illegittimo il V atto aggiuntivo, che dava mandato alla SATAP di realizzare anche l’autostrada Asti-Cuneo, perché l’opera era stata affidata a trattativa privata tra ANAS e SATAP, mentre l’Europa imponeva gare di appalto di evidenza pubblica (segnatamente la direttiva UE n. 89/440, “Direttiva del Consiglio che modifica la direttiva n. 71/305/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti dei lavori pubblici”), e suggerì esplicitamente al Ministro dei lavori pubblici due soluzioni alternative: l’annullamento d’ufficio del solo V atto aggiuntivo oppure la dichiarazione di decadenza della SATAP dalla stessa concessione originaria, cioè la Torino-Piacenza, ritenendo dubbia la legittimità della direttiva ministeriale in senso contrario del 16 febbraio 2000;

nel frattempo, a conferma di quanto espresso dal Consiglio di Stato, a giugno 2000 la società concessionaria della Asti-Cuneo aveva presentato solo due progetti esecutivi su tredici;

il Governo decideva pertanto di annullare il V atto aggiuntivo e consentire la prosecuzione dell’opera; a tal fine, nell’estate del 2000 il Presidente del Consiglio Giuliano Amato firmò un protocollo d’intesa a Torino in cui si prevedeva la risoluzione della concessione alla SATAP, accompagnata dalla rinuncia da parte della società autostradale a presentare ricorso contro il provvedimento; la SATAP si impegnava tra l’altro alla prosecuzione dei lavori sul lotto Massimini-Perrucca e alla conferma della progettazione di tutta l’opera; in cambio veniva prorogata 2005 al 2017 la concessione per la Torino-Piacenza (SATAP), di cui sei anni indicati per la revoca della Asti-Cuneo;

insomma, invece di una sanzione per le varie responsabilità della SATAP, rilevate anche dal Consiglio di Stato, arrivò la proroga della concessione su una delle più lucrose autostrade d’Italia; come se non bastasse, l’ANAS pagava alla SATAP circa cento miliardi di lire per i progetti già redatti; sembrava però che almeno ci si fossero liberate le mani per realizzare finalmente l’opera;

il 31 luglio 2000 l’ANAS è formalmente incaricata di realizzare la Asti-Cuneo con normali gare di lavori pubblici;

nel luglio del 2001 la Commissione europea insiste per avere chiarimenti dal Governo italiano sulle aggiudicazione delle concessioni autostradali, in particolare per la Asti-Cuneo, per cui l’affidamento “non sembra corrispondere alle regole dell’Unione europea, che prevedono la trasparenza di una gara di appalto”;

nel maggio 2003, a quasi tre anni dall’incarico ricevuto, l’ANAS annunciava che avrebbe bandito una gara europea per la ricerca di soci privati per costituire una SpA che finanziasse circa il 65% del costo delle opere, con il compito di completare la realizzazione e la gestione dell’autostrada a pedaggio Asti-Cuneo; il bando veniva pubblicato il 5 luglio successivo;

sembrava normale che SATAP/Gruppo Gavio non potessero partecipare a tale gara poiché le era stata revocata la concessione e aveva redatto progetti e si trovava perciò avvantaggiata; invece le venne consentito di partecipare e vinse la gara poiché le altre società pre qualificate o si astennero dal presentare proposte ritenendo le condizioni contenute nel bando non remunerative o, per le stesse ragioni, proposero condizioni assai più onerose per lo Stato rispetto a Satap/Gavio;

salve le forti anomalie pregresse, poteva sembrare una vittoria del principio di concorrenza dove prevale chi offre le soluzioni migliori, a vantaggio dello Stato e dei cittadini; la realtà si dimostrerà però diversa;

solo il 29 settembre 2005, a oltre cinque anni dall’incarico ricevuto, una disposizione del presidente dell’ANAS aggiudicava definitivamente il procedimento concorsuale e occorrevano poi altri cinque mesi perché fosse costituita, il 1° marzo 2006 la Società di Progetto Autostrada Asti- Cuneo; la convenzione unica tra Anas e la suddetta società, intervenuta solo il 1° agosto 2007, parla poi di un ritardo di circa un anno rispetto a quanto previsto in sede di gara, ritardo le cui cause non sono menzionate ma – si afferma – non sono imputabili alle parti; viene tuttavia citato il fatto che un’altra convenzione era stata stipulata, ma “non ha avuto efficacia”;
in tale convenzione si cita poi il fatto che il bando di gara prevedeva la costituzione di una società di progetto con un capitale di 200 milioni di euro, di cui 70 da sottoscrivere da parte dell’Anas e il resto da parte del socio privato e che la quota dell’Anas – oltre ad ulteriori duecento milioni di contributo pubblico oltre IVA sono assicurati da cinque contratti di finanziamento, mentre non viene menzionato analogo adempimento per quanto riguarda i 130 milioni a carico del socio privato;

un passaggio della complessa convenzione ci informa che essa è stipulata “a titolo transattivo ed a tacitazione di ogni pretesa avanzata dalla società”, ma non si capisce a quale problema potessero riferirsi la transazione e le pretese – cui peraltro fa cenno il punto 1.3 della convenzione stessa, visto che la convenzione precedente – si dice – non ha avuto efficacia;
la convenzione prevede inoltre un piano economico finanziario vincolante e sanzioni dettagliate per il ritardo nella realizzazione dei lavori previsti;

il 9 marzo 2016, nel corso dalla sua audizione informale presso la Commissione Lavori Pubblici del Senato l’ingegner Umberto Tosoni, amministratore delegato della Società Asti-Cuneo ha riferito diverse importanti circostanze, tra le quali:

il ruolo di controllo, garanzia e trasparenza attribuito all’Anas nell’ambito della Società;

il progetto sarebbe iniziato nel 1995-1996 benché l’atto aggiuntivo alla convenzione con Satap risalga al 27 settembre 1990;

nonostante l’aggiudicazione della gara indetta nel 2003 sia avvenuta nel settembre 2005, la convenzione è stata resa efficace solo nel febbraio 2008;

vi è stato un aumento di costi fino al 276% sui singoli lotti realizzati: il lotto 1.4.3 Castelletto-Stura è passato da 100 a 170 milioni, il lotto 1.5 Cuneo – SS 231 da 65 a 120 milioni, il lotto Rocca Schiavino – Isola d’Asti da 8,5 a 32 milioni; in totale sono previste spese aggiuntive di circa 800 milioni, cioè l’81% più del previsto nella gara;

rispetto ai lavori per 988 milioni previsti nell’offerta vincente in sede di gara, ne sono stati completati solo per 240 milioni, dunque meno di un quarto, ma con il costo di 470 milioni;

in altri termini, si sono completati lavori corrispondenti a meno della sola cifra conferita dallo Stato attraverso l’Anas, mentre gli incassi vanno in gran parte al socio privato;

dei 18 lotti di cui è costituito il progetto, 7 erano già stati realizzati dall’Anas prima della costituzione della Società Asti-Cuneo, 6 sono stati completati da quest’ultima e 5 restano da realizzare, ma si tratta della parte più impegnativa e costosa: le tangenziali di Cuneo e Asti, la galleria sotto Alba e il Tanaro e quella di Verduno; il costo previsto originariamente per quanto non ancora realizzato era di 748 milioni, ma al momento si sta attestando ben sopra il miliardo e 300 milioni;

per la galleria di Verduno, il cui costo era stimato in 233 milioni, si rileva oggi un costo ulteriore di almeno 300 milioni; ci sarebbe stato un ricorso al Tar su questo, che però sarebbe stato respinto; simile sarebbe la situazione per il lotto 1.6, dove da 64 milioni si sarebbe arrivati a 140 milioni, confermati da una sentenza del Tar;

i lavori su tale lotto sarebbero ora fermi non per colpa della società;

i maggiori costi sostenuti e previsti dovrebbero essere oggetto di un negoziato che non è mai iniziato, ma al quale la società di dice pronto;

considerato che:

il mancato completamento dell’autostrada Asti-Cuneo ha da anni effetti fortemente negativi, valutati da Confindustria locale in centinaia di milioni di euro, su una vasta area del Piemonte ed è ormai noto come uno dei più clamorosi fallimenti nella politica statale;

la società, nella sua recente audizione al Senato, attribuisce tutti gli abnormi aumenti di costo all’entrata in vigore di nuove norme su gallerie, viadotti, terre e rocce da scavo, misure anti-sismiche, nonché alla scadenza dei vincoli predisposti, all’aggiornamento dei listini e alla necessità di chiedere nuove valutazioni di impatto ambientale e alla richiesta di opere compensative;

le norme indicate come cause principali dell’aumento dei costi hanno interessato anche tutte le altre analoghe infrastrutture in costruzione nello stesso periodo senza dar luogo a simili aumenti di prezzo, ma ad adeguamenti mai superiori al 10%,

per sapere:

perché sono occorsi tre anni all’Anas per bandire la gara del 2003;

quali sono le cause per cui sono passati ben ventinove mesi dall’aggiudicazione definitiva della gara all’operatività dell’aggiudicazione stessa, dal settembre 2005 al febbraio 2008;

se il capitale della società Asti – Cuneo è stato versato sia dal socio privato sia dall’Anas e in quali importi;

quale contenzioso e quali pretese dovevano essere transate nella convenzione del 2007;

qual è la convenzione precedente, citata dalla convenzione del 2007, e perché non ha avuto efficacia;

in che modo l’Anas ha fronteggiato il lievitare dei costi, quale sia stata la sua azione presso il Tar in occasione dei ricorsi, perché non si è appellato al Consiglio di Stato di fronte a sentenze totalmente sfavorevoli;

quali risorse finanziarie sono state immesse nella società Asti – Cuneo e da chi; quale quota dei proventi sia andato all’Anas;

se corrisponde al vero che i lavori per la galleria del Verduno sono fermi per colpa del ministero da Lei guidato;

quali passi sono stati compiuti dal ministro per porre un limite alla lievitazione dei costi;

in quale modo intenda dare copertura ai maggiori costi sostenuti e se intenda venire ancora una volta incontro al socio privato della Asti – Cuneo attraverso la proroga di concessioni su altre tratte come quella sulla Torino-Piacenza, sulla quale infatti la gara avrebbe già dovuto essere bandita, essendo in scadenza tra soltanto un anno;

se non ritiene doveroso, a fronte del palese e ampio sforamento di tempi e costi, revocare la concessione e procedere a una nuova gara, con i dovuti aggiustamenti tecnici per rendere effettivamente completabile l’opera.

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