Omicidio stradale: anni di galera come fossero noccioline per “fare in fretta” e fare un tweet

Un testo pieno di ambiguità, che rischia di infliggere – arbitrariamente – pene superiori a quelle per chi uccide volotariamente in altri modi

Intervento in Aula nella discussione della questione di fiducia sul reato di omicidio stradale

Signor Presidente,

nella discussione generale di ieri sono state rivolte numerose, specifiche e puntuali critiche alla stesura del provvedimento in esame e che pure – naturalmente – era partito con le migliori intenzioni. Di fronte, però, a critiche del genere, ci si aspetterebbe nel dibattito parlamentare – per definizione – almeno la spiegazione del perché si reputino infondate e siano da superare. Ci si potrebbe magari dire che la nostra preoccupazione sia superata, perché in un determinato comma si prevede una norma che risolve il problema che abbiamo evidenziato, oppure che le critiche siano infondate, perché nella pratica non accade ciò che abbiamo detto in discussione generale. E invece non è stato così, perché il relatore ha rinunciato a intervenire in replica ed è venuto in Aula il Ministro per i Rapporti con il Parlamento a porre la questione di fiducia senza preoccuparsi di dire una sola parola sul merito, non avendo spiegato minimamente perché si suppone che le critiche siano infondate – si suppone, infatti, che le critiche si ritengano infondate, altrimenti non sarebbe stata messa la fiducia su ciò che è stato criticato – né di spiegare – in Assemblea o fuori di qui – i motivi per cui è stata posta la fiducia, a parte il fatto che bisogna andare avanti.

Bisogna, quindi, andare avanti fino ad approvare una legge incostituzionale, che otterrà l’effetto opposto a quello voluto – ovvero di punire adeguatamente chi, tenendo alla guida comportamenti gravi e gravemente pericolosi, causa la morte o gravi lesioni a persone, cosa che oggi non sempre avviene. Il rischio è di ottenere il risultato che chi effettivamente dovesse adottare questi gravi comportamenti, e per essi dovesse venire condannato, possa poi appellarsi all’incostituzionalità di una legge che presenta i numerosi profili di irragionevolezza già citati dai Colleghi. Tra questi, uno dei principali è che, se a qualcuno dovesse accadere di investire una persona avendo un tasso alcolico superiore a quello consentito (o, a maggior ragione, sotto l’effetto di sostanze stupefacenti), potrebbe pensare di darsi alla fuga e di non prestare soccorso, magari causando con questo la morte dell’investito: il combinarsi delle pene previste da questo provvedimento dà infatti luogo ad una tale follia!

Dall’altra parte, abbiamo un’altissima probabilità di infliggere pene che spesso non si danno a chi volontariamente e premeditatamente uccide in altri modi, a persone che causano la morte o gravi lesioni ad altre per distrazione o per violazioni minime del codice della strada. Certo, costoro vanno puniti, perché non si può passare sopra a certe leggerezze, ma non si può punire così duramente una persona che, per mera distrazione e per violazioni non così palesemente pericolose del codice della strada, incappa in un evento del genere. È veramente l’opposto di ciò che deve fare la legge. Un incidente stradale mortale è comunque una disgrazia e questo è chiaro. È una disgrazia, perché una persona perde la vita e i suoi familiari vengono privati del suo affetto e, a volte, di un sostegno essenziale. Ma a questa tragedia se ne aggiunge un’altra: si distrugge la vita di una persona che non aveva neanche l’intenzione di tenere comportamenti pericolosi al punto tale da mettere in pericolo la vita altrui. E si tratta di una tragedia perpetrata dallo Stato, in nome del Popolo italiano e per responsabilità di chi, fiducia o non fiducia, voterà questo disegno di legge.

Ma c’è dell’altro. Il testo è pieno di ambiguità e, dunque, crea incertezza nell’interpretazione della legge – che è esattamente l’opposto di ciò che la legge stessa deve perseguire. La legge, specie quando dovrebbe avere carattere dissuasivo, deve essere particolarmente chiara e deve essere chiaro quali siano le conseguenze a certi comportamenti. E lascio da parte il fatto – come è stato detto da chi è intervenuto prima di me – che vi sono situazioni in cui il colpevole addirittura si suicida per il senso di colpa, per aver distrutto la propria vita avendo causato, del tutto involontariamente, la morte di qualcuno con un incidente stradale. Pensare di risolvere questo aumentando le pene è palesemente folle. Ma la chiarezza è assolutamente mancante nel testo e mi riferisco all’espressione «per colpa».

Da quanto ho capito nei passaggi in Commissione e nel precedente esame in Assemblea, laddove – ad esempio – al primo comma dell’articolo 589-bis, si dice: «Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale», è possibile che un giudice interpreti la norma nel senso che la colpa consiste nella violazione delle norme. E, quindi, se vi è un incidente e muore una persona «con» violazione di una norma – il che non vuol dire «a causa» di tale violazione – automaticamente diventa colpa.

Faccio allora un esempio paradossale ma realistico: in molte strade del nostro Paese, circolare dopo il 15 novembre senza essere muniti delle catene da neve è una violazione delle norme del codice della strada. Se, circolando su quelle stesse strade in una bella giornata di sole e con 20 gradi centigradi, accade un incidente e muore una persona, ciò non è dovuto al fatto che non c’erano le catene da neve nel bagagliaio della macchina. Eppure c’è una violazione; per cui, a chi ha cagionato la morte con violazione – perché la violazione c’è – viene attribuita la colpa. Ed è possibile che succeda questo, perché esiste molta creatività nell’interpretazione di leggi assai più chiare di questa, che è invece ambigua. Tutte le volte che c’è scritto «per colpa», c’è questa ambiguità. E c’è – per esempio – parlando di pene da cinque a dieci anni, quando si afferma che la pena si applica: «Al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona». Cosa vuol dire: «A seguito»? Si fa riferimento a un conducente che fa un’inversione di marcia (che non dovrebbe fare) in una di quelle aree, e anche in questo caso bisognerebbe definire cosa è una curva, perché ci sono curve con visibilità enorme e altre che non presentano tale condizione. La norma, poi, recita: «A seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di linea continua». Tuttavia, con la linea continua, se si resta all’interno della corsia, si può superare. Eppure, se a seguito di ciò succede un incidente in cui muore qualcuno, la pena è da cinque a dieci anni di reclusione senza che ci sia chiarezza, in quanto la legge non stabilisce che è a causa del fatto che qualcuno ha compiuto un’inversione di marcia in un luogo pericoloso, ma “a seguito”.

Come si fa a scrivere una legge così? Come si fa, Signor rappresentante del Governo, incolpevole perché non è Lei ad aver messo la fiducia, e Signori della maggioranza, a votare un provvedimento di questo genere? Il Governo ha un bel mettere la fiducia, ma chi vota questo obbrobrio è personalmente responsabile. Il fatto che il Governo ponga la fiducia non toglie responsabilità al parlamentare, che è libero nel suo mandato e ciò significa che è responsabile. Dite, quindi, al Governo di ritirare la fiducia e si approvi una legge come si deve. In caso contrario, la responsabilità è vostra e le vite che saranno distrutte con questa legge saranno distrutte da voi, cari Colleghi. Mi dispiace dirlo.

Sono poi previste disposizioni grottesche. La pena è aumentata di un terzo – e parliamo già di pene di cinque o dieci anni, per cui un terzo di quelle sanzioni è già qualcosa di piuttosto serio – se la persona non è munita di patente di guida oppure ha la patente sospesa o revocata. Non si capisce se il caso in cui il conducente abbia la patente scaduta rientri o meno in questa fattispecie. Ci si appella – speriamo – al buon senso del giudice, il quale però, con tutta la buona fede e la buona volontà, come fa a capire se la patente scaduta rientra in questi casi? È vero che non è revocata né sospesa, ma se ho una patente scaduta da un giorno o da dieci anni, per definizione non ho la patente: ho un pezzo di carta su cui è scritto «patente» ma è scaduta; ma è anche vero che non è né sospesa né revocata. In quel caso si applica l’aumento di un terzo della pena? Non si capisce. Vengono dati anni di galera come noccioline perché bisogna fare in fretta, perché il signor Renzi vuol fare il tweet con l’hashtag «lavoltabuona» e, in cambio, si comminano anni di pena in modo del tutto arbitrario e dubbio.

Ancora più grottesca è l’aggravante costituita dal fatto che il veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria ma deve essere intestato al guidatore. Anche in questo caso non si capisce cosa c’entri il fatto di essere o no in possesso dell’assicurazione obbligatoria. È chiaro che, se è nullatenente, le cose cambiano; ma se ha qualcosa, come una casa, frutto di una vita di risparmi o di eredità, non è nullatenente: di conseguenza, se causa lesioni gravi a una persona, oltre a subire la sanzione penale, pur non avendo assicurazione, deve comunque pagare i danni. Se quella persona ha l’assicurazione, dunque, si prende cinque anni di carcere; se non ha l’assicurazione si prenderà magari sei anni e otto mesi e, in più, dovrà dare tutto il suo patrimonio (gli si porta via la casa) perché deve rispondere del fatto di non avere l’assicurazione.

Ma ha senso colpire in questo modo? Cosa c’entra l’assicurazione scaduta con il fatto che una persona ha perso la vita? È veramente una cosa grottesca, incredibile, e appropriatamente – purtroppo il Governo non è grottesco e incredibile solo in questo – essendo un provvedimento osceno, il Governo, che sta portando avanti politiche oscene, pone la questione di fiducia.

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