Ddl fiscale: con una delega in bianco al Governo, i diritti dei Cittadini e dei Contribuenti diventano un arbitrio delle agenzie fiscali e l’abuso di diritto viene sancito per legge

Intervento in Aula nella discussione sul disegno di legge “per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”

Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Onorevoli colleghi,

sono intervenuto nel corso della discussione sulla questione pregiudiziale parlando dell’articolo 2 che riguarda l’IMU. Effettivamente, in tale articolo è contenuto un comma in cui si prevede che la revisione degli estimi catastali deve dare luogo, in pari tempo, a una revisione delle imposte relative alle rendite e ai valori catastali, in modo da garantire un’invarianza a livello generale.

È vero però che, nel comma 7 dell’articolo 1, si legge che dai decreti legislativi che verranno adottati non devono derivare nuovi o maggiori oneri o diminuzioni di entrate a carico della finanza pubblica. Perciò la revisione dei valori catastali e, in pari tempo (così viene promesso), delle aliquote – ad esempio, dell’IMU – dovrebbe in generale dare un saldo pari a zero. Ma, poiché di sicuro non dovrà dare un saldo negativo, il saldo sarà sicuramente positivo. Quello che è certo, pertanto, è che, seppur di poco (speriamo), a livello generale l’IMU aumenterà, così come aumenteranno le altre imposte che gravano sulla casa.

In secondo luogo, se ciò vale in termini generali, va detto che i singoli contribuenti si troveranno a dover far fronte ad un’IMU il cui valore sarà raddoppiato o triplicato poiché, come è stato detto, la ragione di tale riordino è che i valori sul nostro territorio risultano disomogenei. Addirittura, fra un quartiere e l’altro della stessa città, ci sono valori catastali vicini a quelli di mercato, altri in cui sono decisamente inferiori. Di conseguenza, con questa legge delega ci sarà la possibilità, anzi la certezza, che milioni di Italiani si trovino a dover pagare un’IMU maggiorata e di molto, anche di due o tre volte. Ecco perché ho presentato un emendamento (anche se, da quello che so, gli emendamenti ancora una volta verranno ignorati poiché sarà avanzata una richiesta di voto di fiducia), volto a far sì che almeno siano tutelati i Contribuenti, per cui, nel caso si disponga un incremento maggiore del 5 per cento delle imposte basate sui valori catastali, tale eccesso di incasso venga a essi restituito. Altrimenti, quella con cui si dice che le aliquote devono essere rimodulate – affinché, a causa dell’aumento dei valori catastali, le tasse non aumentino – resta un’affermazione di principio.

Ma l’articolo più importante su cui sarei dovuto già intervenire in sede di discussione sulla questione pregiudiziale è l’articolo 3, che disciplina una fattispecie il cui nome è già di per sé inquietante: tratta, infatti, del cosiddetto abuso del diritto. I diritti sono inviolabili, altrimenti non sono diritti. Invece qui abbiamo uno Stato che dimentica di essere nato per tutelare i diritti che, per natura, appartengono agli individui e che non sono gentile concessione dello Stato. Ebbene, quest’ultimo sembra voler sottolineare di aver concesso questi diritti (che assolutamente non sono concessi dallo Stato ma, come prevede la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, dal Creatore), intimando di non abusarne. E chi decide? Decidono le agenzie fiscali.

Ma cos’è l’abuso di diritto? È una cosa definita abusiva ancorché «tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione». In altre parole, un Contribuente che rispetta le migliaia, le decine di migliaia di norme fiscali in continuo cambiamento – per accertarsi del rispetto delle quali deve far ricorso (pagandoli lautamente) a dei professionisti che, per correre dietro a tutte queste innovazioni, devono sostenere delle spese – una volta che ha rispettato tutte le norme può essere richiamato perché l’organizzazione della sua azienda, della sua attività o dei risparmi non sono le migliori possibili ma quelle che consentono di pagare meno tasse. Dunque, anche se sono state rispettate tutte le leggi, arriva la multa. Trovo che questa sia una cosa veramente inquietante.

Abbiamo approvato la legge contro la corruzione e abbiamo varato, solo negli ultimi 12 mesi, almeno quattro o cinque decreti che salvano l’Italia, che rilanciano la competitività, che attirano gli investimenti in Italia. Ma, poi, diciamo – prima di tutto agli italiani, ma anche a coloro che vorrebbero investire nel nostro Paese – che, oltre alle decine di migliaia di leggi che già fanno probabilmente venir voglia di investire in tutt’altro Paese, c’è anche una leggina secondo la quale, anche se sono state rispettate tutte le leggi, si può essere comunque multati. Questo genera un arbitrio inevitabile, perché si affida tutto al potere di coloro che hanno la facoltà di dire: hai rispettato tutte le norme ma io dico che l’hai fatto per pagare meno tasse e non per organizzare meglio la tua azienda o le tue questioni private (quindi anche senza parlare di aziende – e su questo arrivo tra poco).

Affidiamo quindi un potere enorme a delle persone che si mettono al di sopra della legge. Questo è un ovvio incentivo, un ovvio creare le condizioni per occasioni di corruzione. È inutile fare leggi che aumentano le pene e che parlano di trasparenza se, poi, affidiamo a delle persone una facoltà di arbitrio tale per cui la corruzione è naturale che arrivi, così come l’acqua tende ad andare verso il basso.

Qualcuno afferma giustamente che c’è già una norma del genere che riguarda questo argomento: essa è contenuta nell’articolo 37-bis, contenente disposizioni antielusive in materia di imposta sul reddito, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Ma tali disposizioni sono molte specifiche e illustrano partitamente i tipi di comportamento che possono essere considerati elusivi. In questa delega del tutto in bianco non è invece minimamente suggerito che ci possano essere dei limiti. Anzi, c’è un aspetto che manca nella legge vigente: si parla di prevalenza e viene detto che è abusivo un comportamento di cui venga valutata la prevalenza di volontà elusiva rispetto alle esigenze organizzative. È una valutazione: un’altra mostruosità giuridica. Da quando in qua le leggi – e parliamo di Fisco – valutano le intenzioni? Un Contribuente tiene un certo comportamento che può essere giudicato regolare ovvero abusivo, e dunque fonte di pesantissime multe, a seconda delle intenzioni; anzi: della prevalenza delle intenzioni.

Abbiamo una cosa che perfino l’Inquisizione non praticava (la praticava di fatto nei suoi abusi, ma non in linea di principio). Se la legge non stabilisce dei criteri oggettivi, non è legge ma è arbitrio, e lo Stato non diventa più garante dei diritti dei Cittadini ma diventa il killer dei diritti dei Cittadini. Questa è cosa ben diversa dalla lotta all’evasione fiscale. Questo è promuovere l’arbitrio allo scopo di arraffare quel che si può a quelli che magari non hanno le conoscenze opportune per farsi giudicare in modo favorevole su un determinato comportamento.

Peraltro, richiamo l’attenzione del Governo sul fatto che è stato approvato l’ordine del giorno G100, nel corso dell’esame del disegno di legge n. 3284 sulla razionalizzazione della spesa pubblica. Ebbene, quell’ordine del giorno impegnava il Governo «a rendere noti al Parlamento entro il 31 luglio 2012 i meccanismi premiali e gli incentivi riservati al personale delle agenzie fiscali». Cosa c’entra questo? Da parte di molti Contribuenti vessati da aggressioni di ogni tipo – parlo dei Contribuenti onesti – vi è il sospetto che alcuni comportamenti da parte di determinate agenzie fiscali siano motivati dalle modalità con cui vengono erogati gli incentivi di produttività. In altre parole: vessiamo i contribuenti comunicando loro che abbiamo accertato delle evasioni e delle somme dovute non pagate; questo genera dei sovra-stipendi, delle somme incentivanti. Poi, se la cosa è giusta o meno, non importa. Se per caso il Contribuente, con grandi ulteriori spese, riesce a farsi dare ragione, ho il sospetto che coloro che hanno avuto il merito – diciamo così – di accertare quelle somme non pagate, che non dovevano essere pagate o che addirittura sono state pagate, si tengano il loro bravo incentivo. In base a quell’ordine del giorno, il Governo aveva preso l’impegno di rendere noti al Parlamento entro il 31 luglio – passato da diversi mesi – i meccanismi premiali e gli incentivi riservati al personale delle agenzie fiscali, e non l’ha fatto.

(Mi permetto, a titolo puramente retorico, di attirare l’attenzione del sottosegretario Ceriani. È un espediente retorico, non si preoccupi: continui pure a occuparsi di altro.)

Di fronte a una simile situazione, francamente non mi sento di dare al Governo una delega con assai pochi limiti e con dei criteri che danno facoltà di fare qualsiasi cosa.

Un elemento positivo c’è, in questo disegno di legge: la citazione all’articolo 1 dei principi – così vengono definiti – dello Statuto dei diritti del Contribuente. Avrei preferito una norma più vincolante e avrei scritto “norme del diritto del Contribuente”. L’ordine del giorno citato è stato presentato a seguito del fatto che l’Agenzia delle Entrate, contro l’articolo 3 dello statuto del Contribuente, nella primavera scorsa ha chiesto a un milione circa di Cittadini di consegnare le documentazioni – in gran parte già in possesso dell’Agenzia stessa – entro 30 giorni, quando lo Statuto del Contribuente vieta di imporre adempimenti la cui scadenza sia fissata in data antecedente il sessantesimo giorno. Il Governo, in Aula, ha risposto citando norme che riguardano coloro sui quali siano state accertate irregolarità, secondo la insana mentalità per la quale il Contribuente è di per sé un malfattore e quindi, contro di lui, si possono usare sin dall’inizio delle norme vessatorie – quelle riservate a coloro nei confronti dei quali sono stati accertati o, quanto meno, sono stati sospettati comportamenti sbagliati.

Invito tutti i Colleghi a considerare bene la situazione e questo provvedimento, e invito il Governo a considerare bene l’opportunità di porre la questione di fiducia su questo disegno di legge. Non c’è alcuna fretta. Il Governo pare essere fin troppo pronto a emettere i decreti legislativi richiesti. Non è che quei pochi giorni necessari a analizzare e migliorare questo testo ne mettano in pericolo l’approvazione. Con una delega di sette mesi, non credo proprio che tre giorni siano dirimenti. Non sono norme che entrano domani in vigore. Una volta tanto – altro punto positivo – il Governo non ha rivoluzionato le leggi con un decreto-legge. Questo è un punto positivo; direi piuttosto che sono negativi gli altri. Credo che sarebbe opportuno – e forse verrà fatto formalmente – un rinvio in Commissione, magari breve, per poter approfondire determinati aspetti di questa delega. Non possiamo dare una delega in bianco su questioni che riguardano i diritti fondamentali dei Cittadini. Quando si parla di multe, sembra che siano cose poco importanti e si pensa: «Pazienza!»; ma in questo provvedimento non c’è traccia del fatto che siamo in uno Stato dove ogni giorno abbiamo notizie, spesso anche direttamente, di persone cui vengono richiesti dei pagamenti non dovuti con degli aumenti delle tasse e delle sanzioni enormi, che si rivolgono a Equitalia dove si sentono rispondere che non dipende da loro e si rivolgono allora all’ente responsabile, che non risponde.

Questa è la situazione che andava affrontata e non inventarsi l’abuso per legge del diritto, da parte di determinati personaggi dell’Amministrazione dello Stato, anche se la gran parte di essi svolge bene il suo lavoro; ritengo che affidare a chiunque sia, anche se si tratta della migliore persona del mondo, l’arbitrio nei confronti del Contribuente sia una cosa profondamente sbagliata che non dobbiamo assolutamente fare.

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