Shoah. Oggi, rispetto ad allora, molto è cambiato: le divise di chi diffonde l’odio, gli slogan, le menzogne e le ragioni per cui si attaccano gli Ebrei

Ciò che gli assassini tentano di nascondere o di far dimenticare, noi dobbiamo svelarlo e ricordarlo; ciò che vogliono negare e chiamare con un nome falso, dobbiamo portarlo ancora alla luce della verità

Intervento in Aula sulla celebrazione del Giorno della Memoria

Signora Presidente,

ricordando lo sterminio perpetrato dai nazisti e rivelato al mondo sessantaquattro anni fa, non si può che ripetere il “mai più” tante volte pronunciato, tante volte udito in queste Giornate della Memoria. Chi mai potrebbe, almeno fra coloro che hanno una scintilla di ragionevolezza e di umanità, non rifiutare in modo integrale l’abisso e la malvagità di Auschwitz, i 6 milioni di ebrei sterminati, milioni di uomini, di donne, di bambini e bambine cui non fu tolta soltanto la vita? Gli assassini, infatti, tentarono di privarli di qualunque cosa li rendesse umani: tolsero loro i nomi, sostituiti da un numero; tolsero loro le famiglie, smembrate secondo logiche organizzative; tolsero ogni effetto personale; tolsero persino i corpi, da vivi trasformati in macchine al servizio dello sforzo bellico, e da morti smaltiti come fossero merce o addirittura rifiuti.

I sopravvissuti raccontano che, quando ad Auschwitz furono messi in funzione i forni crematori, il Comandante diede l’ordine di riesumare le migliaia di cadaveri che in precedenza erano stati seppelliti in massa, allo scopo di bruciare anche questi. E un’altra scelleratezza veniva imposta ai prigionieri che facevano questo terribile lavoro: a loro, che in quei resti spesso riconoscevano le sembianze di un familiare o di un amico, era proibito chiamarli corpi o cadaveri, quali erano; dovevano chiamarli figure o pupazzi.

In quest’orrendo episodio sta forse proprio l’opposto di ciò che questa Giornata si propone. Ciò che gli assassini tentavano di nascondere o di far dimenticare, noi dobbiamo svelarlo e ricordarlo; ciò che volevano negare e chiamare con un nome falso, dobbiamo portarlo ancora alla luce della verità. Chi oggi non condivide la memoria della Shoah come monito a che mai più si ripeta una cosa simile, usa in fondo le stesse tecniche di quel Comandante scellerato: far scomparire la verità – o negandola, o chiamando le cose con un nome falso; perché la verità sarebbe stata impossibile da accettare persino per i più fanatici dei nazisti, ai quali, pure, era stato insegnato a odiare e disprezzare nel massimo grado tutti gli ebrei.

Così succede anche oggi. Gli odiatori degli ebrei tendono a usare due mostruosità insieme che si contraddicono a vicenda: per un verso negano la Shoah, uccidendo ancora una volta le sue vittime; per un altro ne auspicano la ripetizione e ne osannano gli autori, mascherandola con motivi più adatti ai tempi, con nuovi nomi. Non propugnano più l’odio per gli ebrei in quanto deicidi, ma in quanto ricchi e potenti capitalisti e finanzieri; non propongono più di far piazza pulita del ghetto della città, ma di distruggere lo Stato di Israele; non parlano più, almeno in Occidente, dei Protocolli dei Savi di Sion o di sacrifici umani perpetrati durante le cerimonie ebraiche, ma diffondono la più moderna menzogna secondo la quale, per esempio, gli ebrei sarebbero stati avvertiti per tempo dall’attacco dell’11 settembre 2001, che a sua volta sarebbe stato un complotto, e dunque non sarebbero andati a lavorare nelle Torri Gemelle; non parlano più di eliminare la razza ebraica perché non contamini una qualche presunta razza superiore, ma auspicano che Israele sparisca e cessi finalmente di minacciare la pace, come intendono in parecchi.

A tutto questo e a molto altro oggi dobbiamo dire “mai più” ricordando quello che accadde. Lo sterminio degli ebrei non fu un’idea che venne a Hitler una volta preso il potere o una volta iniziata la Seconda Guerra mondiale. In un’intervista del 1921, quando era soltanto l’oscuro leader di un partitucolo di reduci frustrati, di disperati pieni di paura e di risentimenti, a un giornalista che gli chiedeva cosa avrebbe fatto se avesse vinto le elezioni in Baviera – dove agiva in quel periodo – rispose che avrebbe messo una o due forche nella piazza centrale di Monaco e avrebbe impiccato tutti gli ebrei. Non lo presero sul serio, a cominciare dal giornalista che lo intervistava, ma sbagliarono.

Anche oggi c’è chi fa proclami del genere, Ahmadinejad e Hamas per esempio, ma si preferisce ritenere che siano, tutto sommato, intemperanze verbali, che siano paroline scappate in un momento di entusiasmo. È accaduto anche con altre vittime: Pol Pot prometteva di eliminare la classe borghese dalla Cambogia e tanti, in piazza e in certi congressi, inneggiavano a lui, che poi fece esattamente ciò aveva promesso, uccidendo un terzo dei suoi connazionali.

Allora, “mai più” non prendere sul serio chi, lucidamente e ripetutamente, promette morte e distruzione.

Poi quell’oscuro attivista politico divenne il capo indiscusso della Germania e, quando avanzò pretese irragionevoli verso i vicini – in particolare i cechi – i grandi leader europei corsero a convincere il povero presidente Benes ad accettare le intimazioni che gli venivano da Hitler in nome della pace, della tranquillità e del quieto vivere. Un anno di pace che Hitler usò per impadronirsi di nuovi territori, armarsi, preparare la guerra mondiale e lo sterminio degli ebrei.

Allora, “mai più” piegarsi alla prepotenza e alla violenza, con il risultato di incoraggiare l’una e l’altra.

Gli ebrei nell’Europa degli anni ’30 – ma anche oggi – venivano accusati perché facevano esattamente ciò che facevano tutti: cercare di migliorare la propria situazione economica praticando le attività che era loro possibile. Poiché per secoli era stato loro proibito di coltivare la terra, erano particolarmente attivi in quello che noi oggi chiamiamo terziario, attività che proprio in quel periodo si rivelò la più redditizia. Di qui l’invidia, il risentimento, l’odio, poi i pogrom e la Shoah.

Oggi Israele fa ciò che fa qualunque Stato: si difende da chi lo attacca. Fin dal giorno in cui fu fondato, è stato oggetto di ripetuti attacchi. Eppure, a Israele si chiede di non difendersi, si chiede di non reagire, si chiede non di non commettere gli errori – cosa giusta – che inevitabilmente nelle guerre accadono ma, sostanzialmente, di rinunciare, di lasciar stare, di non reagire.

Allora, “mai più” applicare agli ebrei o al loro Stato un metro diverso da quello che si applica a tutti.

Signora Presidente, Colleghi, oggi rispetto ad allora molto è cambiato: sono cambiate le divise di chi diffonde l’odio, sono cambiati gli slogan, sono cambiate le menzogne, sono cambiate le ragioni per cui si attaccano gli ebrei. Negli anni ’30, in Germania lo si faceva per una perversa e degenerata forma di orgoglio per la propria Nazione, nell’Inghilterra di oggi si toglie la Shoah dai libri di scuola per un malinteso e perverso senso di tolleranza e di rispetto verso coloro che non hanno piacere di sentire questi argomenti.

Allora, il nostro “mai più” oggi, perché sia davvero vivo e operante, deve essere un “no” contro ciò che era vero allora ed è vero oggi, cioè che la malvagità e l’odio di tanti, che sempre sono intrecciati alla menzogna, alla malvagità e all’odio di pochi, uniti all’indifferenza dei milioni di persone possono degenerare in un abisso. Dire “mai più” significa combattere e contrastare l’odio, ma anche combattere e contrastare l’indifferenza.

Torna in alto