Missione UNIFIL in Libano: il Governo sembra più preoccupato di compiacere Hezbollah che di adempiere al mandato delle Nazioni Unite

Un atteggiamento di compiacenza da parte del Governo nei confronti di una delle due parti, quella apertamente violenta e aggressiva, incoraggerà questo soggetto a farsi più aggressivo

Intervento in Aula nella discussione dei disegni di legge 948 (Malan-Stracquadanio) e 1026 (approvato dalla Camera dei Deputati), per il rafforzamento del contingente militare italiano nella missione UNIFIL, ridefinita dalla risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nonché l’intervento di cooperazione allo sviluppo in Libano

Signor Presidente, rappresentanti del Governo, Colleghi senatori,

il Ministro della Difesa avrebbe avuto forse il dovere di essere oggi presente insieme al Ministro degli Esteri, visto che la decisione da assumere è importante e il Parlamento dovrebbe essere rispettato nel suo ramo del Senato. Apprezziamo comunque la presenza dei Sottosegretari.

Il Ministro della Difesa ha definito questa missione lunga e rischiosa. Il Presidente del Consiglio ha vantato il ruolo di avanguardia, sostenuto dall’Italia, nella decisione di inviarla e se ne è, dunque, assunta la responsabilità. La comunità internazionale e le parti in causa ci hanno richiesto questo impegno e hanno espresso gratitudine perché l’abbiamo preso. Noi dell’Opposizione, proprio perché ne conosciamo le difficoltà, abbiamo in gran parte deciso di appoggiare la missione in risposta alla comunità internazionale, per evitare che, per quanto sta a noi, la missione diventi di parte e, dunque, ancora più rischiosa.

Andrebbe ricordato che la stessa cosa si poteva dire della missione in Iraq. Era una missione rischiosa, fatta su richiesta e su mandato delle Nazioni Unite, il cui Segretario generale ha più volte ringraziato l’Italia per avervi preso parte, e con il consenso delle parti in causa: la coalizione che ha condotto la guerra, da una parte, e il Governo iracheno, dall’altra – prima quello provvisorio e poi quello democraticamente eletto dal popolo iracheno.

Ci è solo mancato il consenso del deposto Governo criminale di Saddam Hussein e dei terroristi che, oltre fare vittime tra i soldati della coalizione, fanno strage di pacifici cittadini iracheni; così come oggi la missione dell’ONU in Libano non ha il consenso dei terroristi di Al Qaeda, che hanno già diffuso le loro minacce.

Ebbene, sull’Iraq il centrosinistra non ha mai smesso, neppure oggi che è al Governo, di strumentalizzare, di polemizzare e di accusare il Governo Berlusconi, arrivando all’esplicito falso; affermando, cioè, che l’Italia in Mesopotamia ha partecipato alla guerra. Questa falsa affermazione l’ha fatta persino in quest’Aula, per bocca del Presidente del Consiglio ma – a quanto pare – il senso di responsabilità è come il coraggio: chi non ce l’ha non può darselo. Il fatto che noi, invece, ce l’abbiamo è una delle ragioni del consenso che ci danno i cittadini non irregimentati e meno influenzabili dalle parole d’ordine e dagli slogan di piazza. Che le missioni in Iraq e in Afghanistan siano missioni di pace è certificato anche dall’assenso dei Presidenti della Repubblica, prima Ciampi e poi Napolitano, che mai avrebbero potuto autorizzare una violazione dell’articolo 11 della Costituzione. Pertanto, a mio parere, poiché la realtà dei fatti è evidente, quel discorso è chiuso.

Ora è importante parlare del futuro, perché migliaia di nostri militari sono oggi in Libano; è responsabilità innanzitutto del Governo e della Maggioranza dare alla missione un assetto politico e operativo che ne attenui, per quanto possibile, i rischi e che impedisca che questi rischi siano inutili. È responsabilità del Parlamento, in particolare dell’Opposizione, che non ha espresso – né in generale ha – fiducia in questo Governo. È dunque compito dell’Opposizione dare il suo contributo anch’essa in tal senso.

La missione UNIFIL ha origine dalla risoluzione delle Nazioni Unite del 19 marzo 1978, che aveva lo scopo, nel breve termine, di confermare il ritiro delle truppe israeliane e, nel lungo termine – cito la risoluzione – di “assistere il Governo del Libano nell’assicurare il ritorno alla sua effettiva autorità nel Sud del Paese”, dove già allora imperversavano le milizie armate non governative. Il primo obiettivo fu rapidamente raggiunto, il secondo attende ancora oggi la sua realizzazione – benché richiesto, ricercato e invocato in numerose altre risoluzioni, e nonostante la decennale presenza della missione internazionale che ha anche subito pesanti perdite. Il fallimento nello stabilire un’autorità statale in Libano, soprattutto nel Sud, dovuto a una complessità di cause, ha determinato a sua volta una permanente instabilità della zona e lo scoppio, a più riprese, di aperte e ampie ostilità.

Con il passare degli anni, il ruolo delle milizie è, anzi, diventato sempre più importante, tanto che le Nazioni Unite sono passate a citarle espressamente; la risoluzione 1559 del settembre 2004 chiese, infatti, lo scioglimento e il disarmo delle milizie libanesi e non libanesi. Nella risoluzione 1655 del 31 gennaio di quest’anno si menziona specificamente Hezbollah come iniziatore delle ostilità e autore del lancio di missili su Israele. Ancora la risoluzione 1680 del 17 maggio scorso nota che lo scioglimento delle milizie non è ancora avvenuto, pur apprezzando che il dialogo nazionale libanese abbia deciso il disarmo delle milizie palestinesi fuori dai campi dei rifugiati entro sei mesi. Non è un caso che, in questa situazione, le ostilità siano riprese. La stessa risoluzione 1701 ricorda che ciò è avvenuto a seguito dell’attacco di Hezbollah a Israele il 12 luglio.

Tutto questo ci ricorda che, se non ci sono progressi sui punti principali della risoluzione 1701 e delle risoluzioni precedenti, neanche la missione ampliata, oramai in corso, potrà avere successo e, dunque, rischierà di ritrovarsi in mezzo a nuove e aperte ostilità.

Da quando, in agosto, il Governo si è impegnato nella questione libanese, abbiamo avuto, pur nel nostro atteggiamento di collaborazione, più di un motivo di preoccupazione. Ci ha preoccupato la passeggiata del Ministro degli Esteri sottobraccio a esponenti di Hezbollah che pochi mesi prima, da parlamentare europeo, aveva – in un voto ufficiale – incluso tra le organizzazioni terroristiche.

Ci hanno preoccupato le reiterate e pesanti critiche da parte dello stesso Ministro D’Alema – purtroppo oggi assente – nei confronti di Israele e degli Stati Uniti, alle quali, nonostante la proclamata “equivicinanza”, non hanno fatto riscontro critiche, almeno analoghe, nei confronti della controparte. In particolare, l’Onorevole D’Alema ha più volte dichiarato che la reazione di Israele sarebbe stata sproporzionata agli attacchi ricevuti. Ebbene, si dà il caso che proprio il capo di Hezbollah, il signor Hassan Nasrallah, abbia affermato il contrario. Infatti, in un discorso ai suoi militanti, riportato integralmente e senza commenti dal sito Internet dell’UCOII (e di questa organizzazione contigua a organizzazioni terroristiche occorrerà parlare in quest’Aula), Nasrallah si vanta di aver inferto al nemico – cioè Israele – danni assai più pesanti di quelli subiti. Pertanto, Ministro D’Alema assente, la proporzione c’era e come, per ammissione dello stesso avversario d’Israele.

Ci ha preoccupato la visita del presidente Prodi in Medio Oriente, perché, dopo aver incontrato – com’è giusto – le nostre truppe, ha pensato bene di incontrare le autorità libanesi ma non quelle israeliane; e agli stessi soldati israeliani ha ricordato l’importanza della loro missione per l’ONU, per l’Unione Europea e per il Libano, dimenticando Israele sul quale, dall’area dove oggi si trovano i soldati, due mesi fa piovevano migliaia di missili, costringendo centinaia di migliaia di persone ad abbandonare le loro case. Oggi questo non succede più, grazie anche ai nostri soldati.

Ci preoccupano le dichiarazioni del Capo di Hezbollah nel Sud del Libano, Nabil Kauk, il quale afferma tranquillamente, secondo quanto si legge sul «Corriere della Sera», che Hezbollah mantiene e manterrà le armi anche a Sud del fiume Litani e che continua a riceverne dal confine siriano – come risulta anche da varie fonti giornalistiche.

Più di tutto, ci preoccupa l’atteggiamento generale del Governo, che sembra a volte preoccupato più di compiacere Hezbollah che di adempiere al mandato delle Nazioni Unite. E questo non solo perché non abbiamo simpatie per un’organizzazione come Hezbollah – strumento della parte più estremista del regime iraniano, che usa la religione come giustificazione e fine della violenza armata, il cui Capo arringa la folla esortando a ripetere uno slogan declamato da anni, «morte all’America». La questione più importante, è che un atteggiamento del genere non consentirà di compiere progressi verso una pace duratura, come invece ci chiedono di fare le Nazioni Unite. Un atteggiamento di compiacenza nei confronti di una delle due parti, quella apertamente violenta e aggressiva, può dare, sì, l’illusione di allontanare il pericolo, ma in realtà incoraggerà questo soggetto a farsi più aggressivo e dunque a creare, in ogni caso, un pericolo per l’area.

Per questo motivo, diversi Colleghi e io abbiamo presentato un ordine del giorno che pregherei il Presidente di ammettere, nonostante i tempi siano scaduti (sappiamo, infatti, che vi è stata un’accelerazione di questa seduta), e il Governo di esaminare con equanimità. In tale ordine del giorno non abbiamo fatto altro che riportare i punti principali della risoluzione 1701, così come sintetizzati nel paragrafo 8 della stessa, chiedendo al Governo italiano di operare con tutti i mezzi a sua disposizione – perché naturalmente non dipende solo dall’Esecutivo – per la loro piena implementazione e di riferire regolarmente al Parlamento sul livello di raggiungimento degli obiettivi, in particolare di quelli mai raggiunti prima. Sappiamo che non si tratta di obiettivi che possono essere ottenuti domani, Signor Presidente; ma, se non si progredisce in tale direzione, la nostra presenza si rivelerà nel medio termine inutile e sempre più pericolosa; dunque, dovremo comportarci di conseguenza. Confidiamo che il Governo voglia accogliere l’ordine del giorno in esame, in quanto gli offriamo la nostra leale collaborazione – anche critica, quanto serve. I nostri soldati per primi sanno che saremo sempre vicini e solidali con loro in ogni circostanza.

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