Sentiamo la responsabilità non soltanto di mantenere ordine nei conti pubblici ma, soprattutto, di rilanciare l’economia di questo Paese

A differenza, però, di quanto avvenne nel 1992, lo facciamo senza infilare le mani nelle tasche dei Contribuenti, per prelevare nottetempo quanto hanno sul conto in banca, e senza introdurre nuove tasse

Intervento in Aula in dichiarazione di voto sui presupposti di costituzionalità del disegno di legge concernente la correzione dell’andamento dei conti pubblici

Signor Presidente,

l’Opposizione ha scelto di portare in Aula il giudizio sui presupposti di costituzionalità del decreto-legge di cui stiamo discutendo (una scelta certamente legittima, prevista dalla Costituzione, in particolare dal Regolamento del Senato). Ci sono state delle argomentazioni interessanti, e naturalmente legittime, illustrate da chi ha parlato in favore di questa procedura particolare, nei confronti di questo decreto. Tuttavia, mentre ogni opinione è legittima, non si può legittimamente dire una cosa e il suo opposto, sia pure magari in momenti diversi. Si possono sostenere certi aspetti, ma non si può fare questo se in altre sedi si è detto esattamente l’opposto. Infatti, vengono negati i presupposti della necessità e urgenza perché si dice – lo abbiamo appena sentito – che, in realtà, la situazione economica del nostro Paese non è preoccupante e che i conti pubblici non suscitano allarme. Dobbiamo pensare che, allora, gli effetti del decreto si stanno già facendo sentire, perché abbiamo una serie di dichiarazioni esattamente in senso contrario sia dei Presidenti dei principali Gruppi di Opposizione in quest’Aula, sia dei leader dei loro Partiti.

Allora, dobbiamo metterci d’accordo: c’è necessità e urgenza di intervenire sull’economia o no? Noi riteniamo che ci sia, perché sentiamo la responsabilità non soltanto di mantenere ordine nei conti pubblici (osa che abbiamo fatto, risanando una situazione – che abbiamo ereditato – di tutt’altro segno), non soltanto di rimanere nei parametri previsti dall’Unione Europea (cosa che il Governo di centrosinistra della Germania non sta facendo), non soltanto di porre rimedio alle emergenze, ma di rilanciare l’economia di questo Paese. È l’impegno che abbiamo preso con gli elettori ed è, comunque, una responsabilità che noi sentiamo. Noi riteniamo che ci sia necessità di adottare subito queste misure, perché confidiamo che esse avranno globalmente un positivo effetto sulla ripresa dell’economia del nostro Paese e sull’andamento dei conti pubblici nazionali. Riteniamo, altresì, utile che queste norme siano entrate in vigore sin dal 30 settembre, cioè con tre mesi di anticipo rispetto a quanto avverrebbe se le stesse fossero state contenute nella legge Finanziaria. È vero, poi, che alcune norme entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2004, ma non dimentichiamo che occorrono i regolamenti attuativi, occorre adottare dei provvedimenti – non di legge – perché esse possano realmente entrare in vigore il 1° gennaio e perché questi processi non inizino dal 1° gennaio, dando forza alle norme che andiamo ad approvare soltanto parecchi mesi dopo tale data.

Queste sono le nostre ragioni. Non si può, quindi, dire che non ci sono motivi per intervenire sull’economia. Si possono non condividere gli strumenti con cui intendiamo rilanciare l’economia, ma non si può addirittura affermare che non esiste la necessità di intervenire sull’economia in generale quando abbiamo una serie di dichiarazioni di segno esattamente opposto: “l’allarme rosso”, “l’emergenza”, “la crisi”, “lo sfascio” di cui sentiamo parlare da tempo e che non corrispondono alla realtà. Non si può, quindi, venirci a dire che non c’è necessità e urgenza di intervenire sull’economia.

Quanto allo strumento del decreto-legge, è stato autorevolmente testé ricordato, proprio dal senatore Villone, che nel 1992 il grosso della manovra si fece, di fatto, attraverso un decreto-legge. Apprendiamo adesso che nel 1992 questo si poteva fare mentre oggi non più. È un’opinione legittima, ma che ci permettiamo di non condividere perché riteniamo che, se si poteva agire così nel 1992, si possa farlo anche ora; tanto più che nel 2003 – a differenza di quanto avvenne nel 1992 – non andiamo a infilare le mani nelle tasche dei Contribuenti, per prelevare nottetempo quanto hanno sul conto in banca e non introduciamo nuove tasse – rispettando anche nel decreto-legge, che non fa parte della legge di bilancio, quanto stabilito dall’articolo 81 della Costituzione. Quanto all’uso del decreto-legge più in generale e al pericolo di soffocare la discussione, si tratta di preoccupazioni legittime ma poco coerenti, in quanto provenienti dalla parte politica che, nel 1996, ottenne l’approvazione della Finanziaria grazie al fatto che vennero poste tre questioni di fiducia, una dopo l’altra, su tre maxiemendamenti, portando così a casa una legge sulla quale mi chiedo quale possa essere stata la discussione. Tanto più che quella Finanziaria fu preceduta, nel mese di settembre, da una raffica di decreti-legge (addirittura 28), parecchi dei quali contenevano norme tutt’altro che di secondo piano, relative al rilancio economico e occupazionale, alla finanza locale, addirittura alla privatizzazione del Banco di Napoli, alla trasformazione dell’Ente nazionale di assistenza al volo in ente di diritto pubblico, e così via. Per non parlare poi di quanto avvenne nel 1995 e nel 1996, quando una legge di carattere elettorale (la cosiddetta “par condicio“) fu emanata attraverso un decreto-legge reiterato sette volte e mai convertito in legge. Sulla base di tale legge si tennero le elezioni regionali e amministrative del 2005 e le elezioni politiche del 2006.

Anche senza questi precedenti saremmo assolutamente convinti dei presupposti di costituzionalità del decreto-legge che stiamo esaminando; essi, però, ci confortano nel dire che non soltanto siamo nel giusto ma che, dalla parte da cui provengono queste critiche, davvero forse si dovrebbe parlare di altro – opporsi con strumenti e argomenti differenti, non con strumenti procedurali che si richiamino all’articolo 77 della Costituzione.

Per tali motivi, il Gruppo di Forza Italia voterà a favore dei presupposti di costituzionalità per cui è stato emanato questo decreto-legge.

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