Decreto “Sicurezza Città”: mancanza di chiarezza e di risorse. Un’ammissione di impotenza da parte dello Stato

Ancora meno tutele per i Cittadini (soprattutto se proprietari di case) e per le Forze dell’Ordine e aumento di oneri per Comuni e Sindaci, ai quali – in violazione della Costituzione – vengono assegnati compiti di ordine pubblico

Intervento in Aula per l’illustrazione della questione pregiudiziale sul decreto concernente la sicurezza delle Città

Signor Presidente,

noi abbiamo già sostenuto queste ragioni in sede di Commissione, ritenendo che questo decreto non dovrebbe essere esaminato poiché contiene misure che, innanzitutto, potevano essere introdotte con la forma ordinaria, permettendo al Parlamento di intervenire. Il Senato è stato del tutto inibito dal poter apportare qualunque modifica. Non parlo solo dell’Opposizione, ma anche della Maggioranza, che sicuramente aveva (immagino) delle idee al riguardo. Noi ne avevamo parecchie e le avevamo illustrate nei nostri emendamenti e nei nostri ordini del giorno. Ma la Camera stessa ha dovuto fare un passaggio molto rapido e, per le modifiche che ho osservato, forse è stato un male, perché mi sembra che le modifiche apportate dalla Camera siano state in peggio.

Si tratta di un provvedimento con tante parole e pochi fatti, anche perché l’idea stessa di questo provvedimento è quella di coinvolgere e di dare un ruolo, compiti e oneri ulteriori ai Comuni – e, in particolare, ai Sindaci – senza però dare loro alcuna risorsa. I Comuni sono stati oggetto di una serie di riduzioni di bilancio molto notevoli, che hanno portato, ad esempio, a una riduzione drastica delle Polizie municipali. Poi, dopo aver fatto tutto questo, con un ambizioso decreto legge si tenta di dare agli enti locali compiti che non hanno, perché l’ordine pubblico, come dice molto chiaramente la Costituzione, è una competenza dello Stato.

Si introducono, dunque, delle misure, alcune delle quali sono anche condivisibili: come il DASPO in capo ai Sindaci. Noi avevamo proposto ulteriori misure che potevano essere affidate, ma il problema è, appunto, la mancanza di risorse, la mancanza di chiarezza nella definizione dei compiti e, alla fine, una sorta di ammissione di impotenza da parte dello Stato. Cosa che è particolarmente inquietante, riguardando tale decreto l’ordine pubblico e la protezione della sicurezza dei cittadini.

Un articolo esemplificativo a questo riguardo – l’articolo 13, del quale leggo solo la rubrica – reca «ulteriori misure a contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti» – che dovrebbe essere una cosa generalizzata – «all’interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico e di pubblici esercizi». Viene quasi da dire che, se non viene fatto in prossimità dei pubblici esercizi, lo spaccio di stupefacenti, tutto sommato, va anche bene. Non è questo ovviamente il contenuto dell’articolo, ma è piuttosto indicativo. Anche questa misura è forse utile, ma si dice che il Questore può disporla. In realtà, sappiamo bene che la misura consiste nel divieto specifico, a persone che siano state condannate per lo spaccio di stupefacenti, di frequentare determinate aree se sono vicine agli esercizi pubblici, dove erano state già sorprese e dove ci sono ragionevoli timori che possa proseguire la loro attività criminale. Il problema è che sappiamo qual è la situazione attuale: quando un Cittadino chiama, dicendo che davanti a casa sua, in un tale giardino pubblico o in una tale via, si stanno spacciando stupefacenti, la risposta è che non c’è nessuno da mandare e che comunque si tratta di “pesci piccoli”. Allora, come insegnò molti anni fa il Generale Dalla Chiesa, se si contrasta la criminalità e lo spaccio di droga a cominciare dai “pesci piccoli”, si affamano poi anche i “pesci grossi”, i quali devono andare loro a spacciare gli stupefacenti oppure dovranno chiudere la loro attività.

Nel provvedimento c’è anche qualche misura palliativa, qualche tentativo di intervenire qua e là con misure che, però, sono inappropriate. Si dovrebbe realizzare, invece, un vero potenziamento delle Forze dell’Ordine, andando nella direzione contraria a quella nella quale si è andati e si continua ad andare. Le Forze dell’Ordine dovrebbero essere protette. Sappiamo che c’è stato un tentativo di introdurre anche in questo provvedimento l’identificativo per le Forze dell’Ordine in servizio di ordine pubblico. Il presidente della 1a Commissione, senatore Torrisi, lo ha ritenuto giustamente inammissibile perché estraneo per materia, ma il disegno di legge sta andando avanti autonomamente. Tra poche settimane verrà nuovamente discusso il reato di tortura, che è rivolto soprattutto alle Forze dell’Ordine. Siamo tutti d’accordo, siamo contro la tortura, ci mancherebbe, ma la formulazione che è emersa dopo il passaggio alla Camera fa sì che questo provvedimento rischi di essere un’ulteriore spina nel fianco, addirittura un deterrente per le Forze dell’Ordine, a intervenire tempestivamente quando serve.

In alcuni casi, queste misure sono un piccolissimo contributo; in altri, addirittura si va in direzione contraria, a fronte di una sensazione sempre più frequente da parte dei Cittadini di mancanza di sicurezza nelle nostre Città.

C’è poi l’articolo 11, su cui mi voglio soffermare, perché qui davvero emergono dei pesanti profili di incostituzionalità sia in ordine alle competenze, sia in ordine al diritto alla proprietà privata, che è tutelato dalla nostra Costituzione. Tale articolo fa riferimento alle disposizioni in materia di occupazioni – notate bene – arbitrarie di immobili. Esso reca una modifica a una legge dove si parlava di occupazioni abusive di immobili. In altre parole, la sostanza è sempre quella ma, quando uno occupa una proprietà che non è sua, non è più abusivo (termine che indicava chiaramente il compimento di un atto irregolare) ma è diventato “arbitrario”, cioè ha deciso lui; magari ha ragione, magari no. Già questo dice qualcosa sulla sostanza. In Commissione, abbiamo ascoltato dal gentile rappresentante del Governo delle spiegazioni che, purtroppo, sono in contrasto con il testo. Per quanto riguarda i provvedimenti per lo sgombero di locali occupati abusivamente, sappiamo che si tratta di un fenomeno frequente – che aumenta la sua frequenza con l’importazione di centinaia di migliaia di persone, senza arte né parte, dagli altri Paesi, andando a prenderli davanti alle coste libiche. Nel testo c’è scritto che non basta l’interminabile trafila che il proprietario doveva subire fino a oggi, di mettere d’accordo e di avere la sentenza del magistrato come se dovesse esserci bisogno – e, purtroppo, questo è e lì si dovrebbe intervenire – ma c’è bisogno altresì di una sentenza per stabilire che uno non può stare in una casa che non è sua se il padrone della casa non è d’accordo. È pazzesco, eppure ci vuole. Poi ci vuole la Forza pubblica. A quel punto tocca al Prefetto, che non velocizza ma può dosare questi sgomberi in base al pericolo di possibili turbative per l’ordine e la sicurezza pubblica in occasione dei medesimi sgomberi. In altre parole, se chi occupa abusivamente queste abitazioni è un criminale, un violento, o minaccia di esserlo o è in grado di suscitare disordini pubblici, allora ci andiamo ancora un po’ più piano. A deciderlo è il Prefetto – appunto, nominato dal Governo sulla base di direttive che vengono dallo stesso Governo e che possono benissimo (io spero che non sia così, naturalmente) non tenere alcun conto delle esigenze locali. Come se non bastasse, si parla di criteri di priorità che tengano conto della situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica e dei livelli assistenziali che possono essere assicurati agli aventi diritto da parte degli enti locali. In altre parole, se le persone che occupano un locale abusivamente riescono a farsi passare per vagamente bisognose di qualcosa – magari hanno minori o disabili portati appositamente a tal fine – anche in questo caso si rinvia perché il Comune non può provvedere: deve provvedere il proprietario che subisce un’occupazione. Questo non riguarda i ricconi, ci sono diversi casi. Addirittura ho sentito il caso di una persona ricoverata in ospedale: sono entrati delinquenti in casa sua, le hanno portato via tutti i mobili e lei non ha neanche il diritto di entrare a vedere in che condizioni è il suo appartamento; aspetta la sentenza del magistrato e, ora, dovrà anche aspettare che il Prefetto dica che non ci sono pericoli per l’ordine pubblico – in altre parole, che quelli che occupano abusivamente il locale non siano dei criminali perché, se lo sono, possono starsene lì.

In base a tutto questo, chiediamo di non andare avanti in questa discussione.

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