UE-CINA, MALAN (FI): FORTI DUBBI SULL’ ACCORDO

L’audizione in Commissione Esteri del Senato di Carlo Pettinato, capo dell’Unità investimenti e proprietà intellettuale della Commissione Europea, non ha sciolto i dubbi sull’accordo quadro per gli investimenti UE-Cina. Esso non contiene alcuna clausola che protegga le aziende che continuano a produrre in Italia e i loro dipendenti contro la concorrenza di un paese dove i diritti dei lavoratori sono praticamente inesistenti, come gli altri diritti umani. Proprio oggi l’ambasciatore di Cina in Italia, in una intervista al Manifesto, conferma che la Cina continuerà ad aumentare le emissioni di CO2 fino al 2030, mentre in Europa le riduciamo, con notevoli costi su aziende e consumatori, da trent’anni, e per fare questo compriamo pannelli solari prodotti in Cina anche con il lavoro forzato. Nell’accordo non c’è reale parità di condizioni: ad esempio la Cina continua ad essere libera di investire nel campo dell’informazione in Europa, e lo fa pesantemente, mentre in Cina questo settore è sotto il rigido controllo del Partito Comunista, impenetrabile agli operatori europei così come ad ogni voce dissenziente. Il dott. Pettinato – alla mia domanda su come gli investimenti europei in Cina darebbero un beneficio ai cittadini europei, posto che si tratta di trasferire in Oriente capitali e posti di lavoro – ha risposto dicendo che più cresce la Cina più importa dall’Europa e che se non fosse conveniente non lo faremmo. Direi davvero poco convincente. L’Europa e l’Italia dovrebbero fare gli interessi degli europei e degli italiani che lavorano qui più che del regime di Pechino e delle aziende che spostano in Cina la loro produzione.

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