Sulla riforma del Regolamento del Senato

Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordiamo che questa riforma del Regolamento del Senato non è la prima degli ultimi tempi. Alla fine della scorsa legislatura ne è stata approvata una molto importante, che ha introdotto alcuni aspetti per velocizzare i lavori e che, se fosse stata adottata anche dall’altro ramo del Parlamento, avrebbe reso più facile alcuni aspetti dell’iter di approvazione delle leggi.

Questa riforma è dovuta principalmente alla riduzione del numero dei parlamentari, approvata con una modifica alla Costituzione, che necessitava quantomeno di adattare determinati numeri, come il numero minimo di senatori per formare un Gruppo parlamentare oppure per richiedere votazioni di un certo tipo.

Questi numeri andavano evidentemente adattati alla nuova realtà. Su questo ci si è trovati tutti d’accordo, così come su alcuni interventi non necessariamente legati alla questione del numero dei senatori, ma a questioni di buon senso. Penso alla norma illustrata dal presidente Pesco, del quale ho condiviso molti degli argomenti e che ha presentato.

La Commissione bilancio è sempre oberata di lavoro. Lo è per quello che svolge generalmente, per la verità, ma, quando il Governo non collabora, come è accaduto ultimamente, non dando le proprie relazioni tecniche, allora si ferma del tutto. La proposta, che è stata unanimemente approvata a che ora viene sottoposta naturalmente alla decisione dell’Aula, è che la Commissione bilancio non debba dare il parere su tutti gli emendamenti, ma solo su quelli approvati. Questo, evidentemente, riduce moltissimo il lavoro e fa in modo che questo possa essere fatto in modo ancora più puntuale e preciso.

Noi, come Gruppo Fratelli d’Italia e nello specifico il senatore Zaffini ed io, che abbiamo seguito i lavori nella Giunta per il Regolamento, non abbiamo condiviso alcuni punti di questa riforma, esterni alla questione dei numeri, che sintetizzo qui. Un aspetto è relativo ai senatori senza Gruppo, che non si iscrivono ad alcun Gruppo. Fino ad oggi, chi usciva da un Gruppo e non entrava in un altro, per sua volontà o perché nessuno lo accettava, entrava a far parte del Gruppo Misto, che ha una situazione particolare.

Con il testo che arriva in Aula, che può sempre essere modificato dagli emendamenti, si prevede che i senatori che lasciano il proprio Gruppo e che non passano ad un altro, diventano non iscritti ad alcun Gruppo. È una cosa curiosa, perché già oggi esiste l’istituto dei senatori non iscritti ad alcun Gruppo, ma è un privilegio dei senatori a vita. Lo definisco privilegio senza che ciò abbia connotati negativi. I senatori a vita presentano un profilo particolare: ex Presidenti della Repubblica e persone nominate per aver illustrato la patria per altissimi meriti, come prevede la Costituzione, per cui è anche normale che possano non iscriversi ad alcun Gruppo.

L’attuale Regolamento prevede questa fattispecie come facoltà, non come obbligo. Ecco perché è palesemente un privilegio. Ora, fornire a qualunque senatore la possibilità di godere di questo privilegio è davvero un qualcosa che noi non riteniamo condivisibile.

L’intenzione è quella di scoraggiare i passaggi da un Gruppo all’altro, ma non dimentichiamo che siamo in un’epoca in cui si sminuiscono i partiti, sottoposti da decenni ad accuse di ogni genere. Intendiamoci, i partiti hanno fatto molti e gravi errori, ma questo è nella dinamica delle cose: se fossero tutti perfetti, basterebbe un partito perfetto, ma grazie al cielo non c’è e dunque c’è il pluralismo. Tuttavia, il fatto di liberarsi di qualunque etichetta di partito e persino dell’etichetta di Gruppo Misto è francamente un privilegio che può andar bene per i senatori a vita, sulla cui disciplina noi avremmo voluto intervenire più ampiamente, perché non riteniamo positivo avere, come è accaduto in passato, maggioranze di Governo che si reggono sui senatori a vita nominati in modo insindacabile dal Presidente della Repubblica. Tuttavia, visto che ci sono, non troviamo positivo equiparare a essi i senatori che, o per loro volontà o perché nessun Gruppo li riceve, restano senza Gruppo; l’unico svantaggio che hanno è quello di non poter usufruire del supporto dei Gruppi.

Tuttavia, specialmente in un Senato con i numeri ridotti, dove ogni senatore vale lo 0,5 per cento dell’Assemblea, non esistono solo le strutture che può offrire il Senato; ci sono immensi interessi esterni alle Camere che non hanno alcun problema a finanziare tutte le necessità di un senatore, purché si metta al servizio di quegli interessi; credo che noi dobbiamo garantire ad ogni senatore lo stesso supporto (visto che, con o senza Gruppo, il suo voto vale quanto quello di chi è stato dal primo all’ultimo giorno nello stesso Gruppo), quantomeno per evitare che qualcuno aiuti interessi enormemente superiori come entità e spesso anche come potenza persino politica. Basti pensare a quando Klaus Schwab, un privato cittadino, fa inviti al World economic forum e leader di tutto il mondo corrono da un privato che evidentemente ha possibilità economiche illimitate attraverso lui e i suoi amici.

Dico questo per fare un esempio, ma oggi pomeriggio, durante le interrogazioni a risposta immediata, parleremo di un singolo funzionario del Governo che, con una sua piccola firma, garantisce un miliardo di regali per ristori Covid ai poveri Benetton e ai successivi gestori delle autostrade. Questi sono i soldi veri, non i piccoli fondi che hanno i Gruppi o che possono fare da supporto a un parlamentare.

A proposito di interrogazioni, non c’è solamente la questione sollevata da un interessante emendamento di cui ha parlato prima il senatore Pesco sulla possibilità, che va sicuramente studiata, di poter interrogare in qualche modo i membri delle autorità e anche nella fattispecie, di cui ha parlato il collega, dove c’è un problema. Attualmente l’autorità indipendente che regola i prezzi del gas sta facendo in modo che ci sia una cresta sul prezzo del gas, che è già enormemente aumentato. Basandosi solo sui prezzi spot e non sui contratti a lungo termine, che costituiscono la maggior parte della fornitura di gas, abbiamo veramente una cresta a favore delle aziende distributrici e venditrici di gas. Questo è un esempio; è bene che queste autorità siano indipendenti, ma non possono essere totalmente insindacabili e al di sopra di qualunque possibilità di informazione, di indagine, di attività ispettiva, il che non vuol dire andare sul posto, ma fare delle domande e avere delle risposte.

A tal proposito passo a un altro aspetto importante, che non è oggetto della riforma e non c’è bisogno che lo sia. Mi riferisco cioè alle interrogazioni: non ci sono solo le interrogazioni ai soggetti a cui oggi non possono essere rivolte, ma il Governo in base al Regolamento dovrebbe rispondere a tutte le interrogazioni entro venti giorni; la risposta a un’interrogazione però è diventata come un terno al lotto, cioè può anche succedere come nel caso in cui, andando a giocare tre numeri, questi vengano estratti e si vinca una determinata somma. Invece, questo sarebbe un dovere del Governo.

È particolarmente grave che non arrivino risposte su temi dove poi il Governo porta avanti delle decisioni. Infatti, finché si tratta di risposte a temi estranei all’azione del Governo in quel momento, nei nuovi provvedimenti, va bene. Quando però abbiamo un tema che viene portato avanti dal Governo ed esso non risponde su ciò che fa, è veramente gravissimo e rompe l’equilibrio che ci dovrebbe essere. Anzi, essendo noi una Repubblica parlamentare, al di sopra del Governo dovrebbe esserci il Parlamento. A volte invece siamo veramente al di sotto.

Aggiungo un altro aspetto che è prassi parlamentare, che non si trova certo nei Regolamenti che non dicono nulla al riguardo. Non molti anni fa, nella maggior parte dei casi, quando i relatori esprimevano i pareri, spiegavano anche perché erano favorevoli o contrari a un certo emendamento. Nella maggior parte dei casi, quando ce ne erano migliaia, le spiegazioni si davano a gruppi. Ebbene, ultimamente, vediamo il relatore trasformarsi troppo spesso, forse quasi sempre, nel lettore dei pareri che gli vengono forniti dal Governo, come a volte dichiara lo stesso relatore. Questo non è scritto nel Regolamento, che non lo vieta e non lo impone, ma credo che il Senato abbia il dovere di riappropriarsi della sua dignità. Come è stato detto, la riduzione del numero dei senatori non vuol dire meno lavoro e non dovrebbe voler dire minore ruolo, ma maggiore ruolo. Questo dipende però anche dalla volontà politica dei singoli gruppi e dei singoli senatori che non deve essere mortificata.

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