A22 del Brennero: il Governo ritiene opportuno applicare il principio di concorrenza in questo delicato settore?

Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. –

Premesso che:

la concessione dell’autostrada A22 del Brennero è scaduta il 30 aprile 2014;

la gara per l’assegnazione della concessione era stata tempestivamente indetta con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 2011, ma successivamente annullata con sentenza del Consiglio di Stato n. 1243 del 13 marzo 2014, la quale rovesciava il responso del TAR del Lazio, contrario all’annullamento, rilevando errori di dettaglio nel bando stesso; da allora, anziché correggere gli errori, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha tentato in vari modi di evitare una procedura competitiva, in particolare con un accordo per un affidamento in house, senza mai arrivare a una soluzione;

nel frattempo, per guadagnare tempo, sono stati prorogati i termini entro i quali arrivare a tale affidamento per ben 7 volte: con l’art. 13-bis del decreto-legge n. 148 del 2017, con l’art. 1, comma 719, della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019), con l’art. 92, comma 4-quinquies, della legge n. 27 del 2020, con l’art. 94, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2020, con l’art. 1 della legge n. 126 del 2020, con l’art. 1, comma 722, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) e in ultimo con l’art. 29-quater della legge n. 69 del 2021 che ha fissato il termine al 31 luglio 2021, ormai scaduto;

un articolo del quotidiano “l’Adige” del 30 luglio 2021 rivela che il Governo sarebbe intenzionato a dare luogo a un’ottava proroga, al 30 ottobre, oltre a varare una norma che superi il divieto stabilito dall’articolo 178, comma 8-bis, del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016) per le amministrazioni di ricorrere alla finanza di progetto per gli affidamenti delle concessioni autostradali scadute o in scadenza, e un’altra norma, volta a consentire l’affidamento in house anche a società con soci privati;

il 14,15 per cento delle azioni della società Autostrada del Brennero è in mano a soci privati, i quali hanno sempre rifiutato di vendere la loro quota;

la Corte di giustizia dell’Unione europea, con ordinanza del 20 novembre 2020, ha risposto a una domanda di pronuncia pregiudiziale formulata nell’ambito di un contenzioso amministrativo tra la società Autostrada Torino Ivrea Valle d’Aosta (ATIVA) S.p.A. e la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Autorità di regolazione dei traporti; nella risposta si dà conto del fatto che il Governo italiano ha difeso il comma 8-bis dell’articolo 178 contro la domanda di ATIVA affermando che esso mira a “garantire la massima apertura possibile alla concorrenza delle concessioni autostradali (…) aperto alla concorrenza solo recentemente (…) con il fine di evitare di riconoscere un qualsivoglia vantaggio, anche solo di fatto, ai concessionari uscenti”; tali argomentazioni sono state accolte dalla Corte di giustizia e la tesi di ATIVA respinta;

quanto all’ipotesi di affidamento in house anche a società in cui siano presenti privati, essa è stata specificamente esclusa dall’articolo 13-bis del decreto-legge n. 148 del 2017, cioè il provvedimento che ha sbarrato la strada alla normale via della gara; un cambiamento di posizione renderebbe irrazionali tutti i provvedimenti assunti in merito da allora in poi; va altresì ricordato che la Direzione generale del mercato interno, dell’industria, dell’imprenditoria e delle PMI (DG GROW) della Commissione europea nel novembre 2018 ha dato il via libera all’operazione di cui al decreto legislativo purché essa porti all’affidamento a una società al 100 per cento pubblica;

contro l’ipotesi suddetta rileva soprattutto quanto risposto dalla stessa DG GROW il 6 marzo 2019 a una lettera delle autorità italiane del 18 febbraio precedente riguardante un piano relativo alle concessioni autostradali ATIVA e SATAP A21, che comprendeva la proroga di entrambe le concessioni, scadute; in tale lettera la Direzione osservava che la proroga di una concessione scaduta “equivale a una modifica contrattuale ex post (…) il che a sua volta equivale all’aggiudicazione diretta di nuovi contratti”, cosa che “non può essere giustificata alla luce delle disposizioni della direttiva concessioni 2014/23 e della direttiva appalti pubblici 2014/24” e ribadiva che “la normativa UE in materia di appalti pubblici e concessioni non consente di modificare /prorogare contratti ormai scaduti”,

si chiede di sapere:

se si intenda effettivamente varare una norma che superi il divieto stabilito dall’articolo 178, comma 8-bis, del codice dei contratti pubblici per le amministrazioni di ricorrere alla finanza di progetto per gli affidamenti delle concessioni autostradali scadute o in scadenza, e un’altra norma volta a consentire l’affidamento in house anche a società con soci privati;

in caso positivo, quale sia il senso di varare norme in palese contrasto con il principio della concorrenza e con le relative norme dell’Unione europea, destinate dunque ad essere cancellate o a dare luogo a procedure di infrazione;

sempre in caso positivo, come si giustifichi l’inversione di rotta del Governo rispetto alla posizione rappresentata davanti alla Corte di giustizia della UE nel 2020 in difesa del comma 8-bis dell’articolo 178 dei codice dei contratti pubblici in quanto volto a “garantire la massima apertura possibile alla concorrenza nell’ambito delle concessioni autostradali” e cioè se non si ritenga più opportuno applicare il principio di concorrenza in questo delicato settore, anche a seguito dei gravissimi fatti accaduti nell’ambito della concessione ASPI.