Abbiamo l’esperienza e la credibilità necessarie per rivolgere un appello forte ai Governi che perseguitano i Cristiani

Intervento in Aula nella discussione di mozioni sulla persecuzione dei Cristiani, con particolare riguardo all’Africa

Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, Signor rappresentante del Governo,

c’è da chiedersi come mai questa realtà riconosciuta da tutti coloro che si occupano di questo problema (cioè che il Cristianesimo risulta essere la religione con il maggior numero di perseguitati al mondo) sembra sfuggire all’attenzione dei mezzi d’informazione, che tendono a ignorare un aspetto tanto importante.

Tra i motivi si può senz’altro addurre una sorta di pregiudizio, una qualche forma di senso di colpa; capita spesso di percepire il Cristianesimo nel Terzo mondo – in particolare in Africa, dove avviene la maggior parte delle persecuzioni – come una sorta di colonialismo culturale. Tuttavia, questa visione forse ancora diffusa, magari anche nelle nostre scuole, è completamente anacronistica e ingiustificata.

Il Cristianesimo attualmente risulta essere la religione che cresce più rapidamente al mondo in termini assoluti, superando anche l’Islam. È, dunque, evidente che ciò non avviene come effetto parallelo di un colonialismo che non c’è più: il mondo Occidentale è relativamente in declino dal punto di vista economico, figurarsi sotto altri punti di vista.

La realtà ci dimostra che in certi Paesi, in particolare nei Paesi dell’Africa, il Cristianesimo sta crescendo molto rapidamente. Nel 1900 si conta che i Cristiani in Africa fossero poco più di 8 milioni; attualmente si calcola siano 390 milioni e in rapida crescita. Pertanto, non si tratta affatto di una reazione (altro luogo comune spesso evocato) allo strapotere dell’Occidente, alla potenza economica.

A volte si dice, addirittura, che i Cristiani sono perseguitati a causa di interventi militari imprudenti. Non è assolutamente questa la ragione, altrimenti non si spiegherebbe l’incremento di fedeli cristiani in molti Paesi dell’Africa, in particolare.

Di qui l’importanza di sottolineare questo problema, di portarlo all’attenzione del Governo – ed è questo l’intento delle mozioni che lodevolmente sono state promosse – ma anche all’attenzione dei mezzi d’informazione affinché, per quanto sia possibile, ciò che viene detto in questa Aula possa effettivamente essere ripreso e portato all’attenzione dell’opinione pubblica.

In vari rapporti sulla libertà religiosa (in particolare in quello più sistematico, cioè il rapporto del Congresso degli Stati Uniti) si citano con particolare riferimento a Paesi africani – quali l’Egitto, l’Eritrea, la Nigeria, la Somalia, il Sudan – persecuzioni aperte, situazioni in cui i Governi non fanno abbastanza per difendere le comunità cristiane o di altre religioni che subiscono persecuzioni, o altre in cui invece una religione subisce forzature rispetto alle altre. Credo che la nostra attenzione debba essere rivolta a tutti questi casi. Per quanto possibile, sui Governi interessati deve essere esercitata una pressione.

Certo, questo è uno dei casi in cui l’Unione europea dovrebbe davvero far sentire il suo peso – perché i Governi dei Paesi membri dell’Unione europea si possono dividere su tanti aspetti ma certamente non su questo: la libertà, in particolare la libertà religiosa, al di là dei documenti ufficiali che la contengono, è iscritta nell’identità, nella natura e nell’origine dell’Unione europea. Credo, quindi, che il Governo debba (ma saprà farlo certamente) cercare l’appoggio dell’Unione europea al riguardo.

Credo che vada dato un segnale anche all’interno: in Italia ci sono sei confessioni religiose in attesa di vedersi ratificate le Intese che, stipulate nel lontano aprile 2007, giacciono nei cassetti del Governo, il quale ancora deve presentare lo strumento legislativo di recepimento delle stesse. Certo, non si parla di problemi di persecuzione ma credo che questa occasione sia opportuna per ricordare che, anche al nostro interno, dobbiamo cercare di dare il buon esempio e farci promotori – proprio perché sappiamo quel che è successo in Europa per tanti secoli e, quindi, abbiamo l’esperienza e la credibilità necessarie per rivolgere un appello davvero forte e per essere incisivi e chiari, mostrando di non essere disposti a passi indietro, a chiudere un occhio o tutti e due, in particolare con i Governi di Paesi in cui questi episodi di persecuzione gravissima avvengono.

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