Altro che “punizione”! Per il crollo del Ponte Morandi ad Atlantia regalo di miliardi

La Presidente del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi, Egle Possetti, che nel crollo ha perso la sorella, ha scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Presidente del Consiglio Mario Draghi

Il Ponte Morandi crollato: una tragedia per alcuni, un disastro per l’Italia. Ora rischia di diventare un affarone per l’azienda responsabile

e ai ministri dell’Economia Daniele Franco e delle Infrastrutture Enrico Giovannini, per rilevare che il complesso delle condizioni per l’acquisizione da parte di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) delle quote che Atlantia ha in AutoStrade Per l’Italia ASPI “evidenzia un grosso divario fra il valore reale” e quello che Atlantia (cioè i Benetton) riceverà, naturalmente a spese dei cittadini. E ha chiesto di “mettere avanti la dignità ed il rigore unito al rispetto della finanza pubblica”, invitando i decisori politici a “approfondire lo studio per rendersi conto di quanto grave sia la situazione”. L’accordo infatti non è ancora concluso e si è ancora in tempo per fare la cosa giusta.

La signora Possetti ha perfettamente ragione! Con l’attuazione di quel piano, per la cessione delle quote di ASPI da Atlantia a Cassa Depositi e Prestiti, non solo i responsabili non avranno alcun danno da quanto è successo, ma godranno di un guadagno spropositato, che i cittadini pagheranno caro, sia indirettamente con tasse e imposte che dovranno compensare i miliardi che con una migliore gestione avrebbero potuto entrare nelle casse dello Stato, sia pagando pesanti aumenti di tariffe per i prossimi 17 anni su oltre metà della rete autostradale italiana.

Da quanto traspare, verrebbero riconosciuti ad Atlantia 21,9 miliardi di euro: 9,1 miliardi per la valutazione dell’azienda, 9 miliardi per l’accollo dei debiti da questa contratti, 400 milioni per il ristoro dei danni da minor traffico causati dalla pandemia e 3,4 miliardi per l’accollo dei danni a terzi derivanti dal crollo del Ponte Morandi.

Innanzitutto, mi chiedo dove stia la giustizia e il buon senso da parte dello Stato nello spendere 21,9 miliardi, tutti a beneficio diretto o indiretto di Atlantia, per prendersi autostrade che sono sempre state sue e solo date in concessione ad ASPI, peraltro senza l’ombra di una gara. Se poi pensiamo che questo dovrebbe rappresentare un “atto di giustizia” per riparare a quel che è successo a Genova nel 2018, è chiaro che siamo alla beffa, che diventa oltraggio e offesa per i familiari delle 43 vittime, senza dimenticare le 566 persone sfollate dalle proprie case, quelle che lavoravano nelle imprese che hanno dovuto chiudere, i milioni di persone che si sono trovate senza una strada di collegamento importantissima per un gran numero di percorsi perdendo giornate e giornate di lavoro e vita.

Dal 2014 studio le concessioni autostradali e ne denuncio in tutti i modi le numerose storture. Tra queste, il tentativo di fare un regalo di alme no otto miliardi ad ASPI con lo spunto della famosa “gronda di Genova” che sarebbe costruita da tempo se – anziché architettare magheggi per affidarne la realizzazione alla stessa ASPI – si fosse seguita la normalissima strada della gara, come richiedono in generale le norme europee e italiane. Già poche ore dopo il crollo del Ponte Morandi scrivevo in un comunicato: “Le responsabilità di chi ha il dovere di fare controlli e manutenzione sono dunque gravissime e inescusabili. A una società che incassa 4 miliardi all’anno di cui 2 di margine non mancano certo i mezzi necessari”. Dopo quel che è accaduto il 14 agosto 2018 credo non siano necessarie molte parole per dimostrare la grave inadempienza di ASPI. Basta l’evidenza di quanto abbiamo visto e subìto, e – se vogliamo essere formali – la lettura dell’articolo 3, comma 1, lettera b) della Convenzione Unica del 13 ottobre 2007 tra ASPI e lo Stato: “Il Concessionario provvede al mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse”.

Ora però, da interrogazioni parlamentari proposte da senatori di varie forze politiche, tra i quali ovviamente anch’io, si evidenzia molto altro. Nell’ottobre scorso c’è stato un aggiornamento del Piano economico finanziario di Aspi che comporta un aumento delle tariffe dei pedaggi dell’1,75% all’anno fino al 2038, mentre secondo le stime degli uffici dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) non dovrebbe andare oltre lo 0,87%. Questo comporta un aumento degli incassi da qui al 2038 di 8,9 miliardi rispetto ai pedaggi attuali, in un’epoca di bassissima inflazione, e comunque di 4,7 miliardi rispetto all’aumento dello 0,87% calcolato da ART. Insomma, tutti gli utenti di questa enorme concessione – inclusi i familiari delle vittime – dovranno sborsare 4,7 miliardi più del dovuto nei prossimi 17 anni, facendo salire di conseguenza il valore della quotazione di ASPI e dunque il prezzo che un soggetto statale, CDP, pagherà subito ad Atlantia, responsabile di quel che è successo con il Ponte Morandi. Cioè paghiamo di più per strapagare le azioni ad Atlantia, ricordando che nella comunicazione del M5S degli scorsi anni Atlantia si scriveva “i Benetton”.

Ma non basta: preso atto del fatto che dopo quasi tre anni in cui tanti hanno parlato di revoca, che tecnicamente è decadenza, della concessione (articolo 9 della Convenzione Unica) nessun passo è stato fatto al riguardo, resta comunque la strada del recesso (articolo 9 bis), che lo Stato può attivare anche senza che venga riconosciuta alcuna colpa o responsabilità al concessionario. In questo caso, lo Stato potrebbe comunque tentare di ottenere dal Tribunale il riconoscimento delle responsabilità del concessionario. Ma se anche il Tribunale desse tutti torti allo Stato e tutte le ragioni ad ASPI, come se la colpa di quanto è avvenuto fosse tutta e solo dello Stato e non di ASPI, lo Stato stesso dovrebbe sborsare non più di 20,2 miliardi, ma calcoli accurati parlano di 17 miliardi. Cioè tra 1,7 miliardi e 4,9 miliardi meno di quanto è previsto dall’operazione CDP che pare sia pericolosamente vicina ad andare in porto.

Tutto questo avrebbe il risultato di far salire il rendimento dell’Equity che già ora è al pauroso livello del 27% (annuo!), addirittura al 40%, mentre gli italiani non miliardari, per tenere i loro soldi in banca devono addirittura pagare perché le spese superano gli interessi dello zero virgola, quando ci sono.

Se invece ci fosse il recesso dalla convenzione e un suo riaffidamento attraverso una gara – magari spacchettando la concessione in tre parti per creare più competizione – lo Stato potrebbe non tirare fuori neppure un euro e creare nei prossimi decenni risorse per decine di miliardi da impiegare sia per nuove opere, sia per una seria manutenzione e riparazione dell’esistente, ad evitare nuove tragedie come quella del Ponte Morandi, visto che quella non è certo l’unica infrastruttura con gravi criticità. Nei calcoli di CDP, gli anni 2021-2038 sono in grado di garantire l’ammortamento e la remunerazione di 35,9 miliardi; pertanto, se lo Stato lanciasse una nuova gara per una nuova concessione della durata di 30 anni, la più comune per questo tipo di strumenti, cioè fino al 2051 o 2052, i flussi di cassa previsti potrebbero coprire investimenti vicini ai 50 miliardi di euro.

 

Insomma, l’appello di Egle Possetti al Presidente Mattarella, al Presidente Draghi, ai Ministri Franco e Giovannini è di agire per evitare lo sconcio di nuovi enormi regali miliardari ai responsabili di quanto è avvenuto. Sarebbe un affronto a chi ha subito lutti gravissimi, e uno sfregio a tutti gli italiani che svolgono con coscienza il proprio lavoro e cui nessuno regala nulla, da cui lo Stato esige tasse non certo modeste, i quali dovrebbero subire nuovi salassi per garantire rendimenti del 40% a chi nel migliore dei casi si limita a godere di rendite di posizione, ma in alcuni casi ha gravi responsabilità su una tragedia che ha rappresentato un grave danno all’immagine dell’Italia nel suo insieme, con importanti danni economici: nessuno viene volentieri in un Paese, che sia per turismo o per affari, dove devi pagare salati pedaggi per rischiare la vita su ponti e viadotti.

 

Da chi governa dipende se fare la cosa giusta oppure premiare i protagonisti di quella strategia di trascurare la sicurezza e la manutenzione per aumentare i già enormi profitti.

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