Anomalie nella gestione delle concessioni autostradali: le strutture del Ministero sono state o protagoniste o, comunque, coinvolte

Come valuta il Ministro la “tutela” degli interessi dello Stato e dei Cittadini-utenti operata dalla struttura del suo Dicastero?

Interrogazione a risposta in Commissione al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
Premesso che:

il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti riveste un ruolo fondamentale nel settore delle concessioni autostradali; ad esso spetta il compito di difendere gli interessi dello Stato rispetto alle agguerrite controparti private su partite miliardarie;

l’entità del valore di subentro per le concessioni scadute, ad esempio, ordinariamente di centinaia di milioni di euro, dipende dalle valutazioni di dirigenti e funzionari del Ministero sui lavori effettuati dai concessionari: se rientrano nella manutenzione ordinaria, o comunque nella convenzione, sono solo un onere per questi ultimi; se invece sono considerati straordinari, vanno a incrementare la somma che a fine concessione sarà loro liquidata; tale valore, ad esempio, è stato determinato nel 2014 in 260 milioni per la A21 Piacenza-Cremona-Brescia e in 410 milioni per l’autostrada A3 Napoli-Pompei-Salerno;

nel corso degli anni, nella gestione delle concessioni autostradali sono emerse non poche anomalie nelle quali le strutture del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono state protagoniste o comunque coinvolte; ad esempio:

  • le consultazioni con gli interessati che si desumono dai giornali dell’epoca, avvenute dall’inizio di agosto al 13 settembre 2014, al fine di redigere i commi 1 e 2 dell’articolo 5 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, detto “Sblocca Italia”, quantomeno al fine di sondarne la disponibilità a nuovi investimenti e arrivare alla stima, contenuta nel comunicato di Palazzo Chigi del 29 agosto 2014 – cioè prima del decreto stesso – in 12 miliardi e 200 milioni di euro; il comunicato, analogo a quello pubblicato dal MIT, e l’intervista del Presidente del Consiglio dei ministri, concessa il 3 settembre a “Il Sole-24 ore”, chiarivano che tale disposizione avrebbe consentito di prorogare la scadenza delle concessioni eguagliandola a quella più lontana nel tempo fra quelle delle tratte connesse; su tale disposizione, palesemente contraria alle normative europee, si erano espresse negativamente l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato e, per bocca del suo presidente, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, e altri organismi; nella mia interrogazione n. 3-01799 pubblicata il 19 marzo 2015 e rimasta senza risposta, chiedevo chi avesse curato i contatti con i beneficiari del decreto e in che modo tali contatti avessero influenzato la stesura del provvedimento;
  • la proroga di oltre 2 anni concessa alla società A4 per presentare il progetto definitivo dell’autostrada Valdastico Nord, termine inizialmente fissato al 30 giugno 2013 con atto del Governo, sul quale le competenti commissioni di Senato e Camera furono chiamate ad esprimere un parere, che nel secondo caso è stato peraltro contrario, e poi due volte spostato, alla fine al 31 dicembre 2015, con atti tutt’ora misteriosi e misteriosamente sottratti al parere parlamentare; con le interrogazioni 3-02216 pubblicata il 23 settembre 2015 e 3-02533 pubblicata il 28 gennaio 2016, chiedevo chi, come, quando e perché avesse autorizzato tali proroghe; dopo molte sollecitazioni, mie e della presidenza del Senato, il 23 giugno 2016 il Governo, per bocca del sottosegretario Del Basso De Caro rispondeva, ma al riguardo riferiva soltanto che il termine “era stato successivamente prorogato al 30 giugno 2015”, in accordo con i competenti uffici della Commissione europea, senza dire né quando, né con quale tipo di atto né chi fosse responsabile di tale atto, cioè in pratica non rispondendo;
  • di fronte al muro di gomma del Governo, per individuare il misterioso responsabile di tale atto, lo scrivente si avvaleva di ricorso ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990 sull’accesso ai documenti amministrativi; trascorsi inutilmente i 30 giorni stabiliti dalla legge, si è rivolto alla Commissione competente in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale, con decisione del 16 giugno 2016, negava l’accesso, in quanto lo scrivente non sarebbe titolare del diritto, ai sensi della stessa legge, affermando che «i tradizionali strumenti per l’acquisizione di elementi informativi da parte del Parlamento nei confronti del Governo e dell’amministrazione, sono gli atti di sindacato ispettivo… disciplinati nei regolamenti parlamentari»; entrato in vigore il decreto legislativo n. 97 del 2016, l’interrogante, il 6 luglio, presentava ricorso, ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013 in materia di accesso civico, come modificato dal citato decreto n. 97 del 2016; dopo un lungo e grottesco rimpallo di responsabilità, descritto nell’interrogazione 4-06775 pubblicata il 21 dicembre 2016, finora senza risposta, nessun riscontro giungeva da alcuno dei numerosi soggetti interpellati all’interno del labirinto ministeriale;
  • sempre riguardo la stessa autostrada, vi è anche la stranezza per cui, nonostante le proroghe misteriosamente concesse, il progetto della Valdastico Nord, in funzione del quale nel 2007 era stata concessa la proroga della concessione, condizione posta dagli organismi europei, non è mai stato presentato, eppure il MIT ha ritenuto la convenzione valida e non ha neppure aggiornato il piano finanziario come invece espressamente previsto dalla convenzione del 2007; in sostanza, il concessionario risparmia la spesa per la costruzione della nuova tratta, ma incassa come se la costruisse;
  • ancora sulla A4 c’è una ulteriore anomalia, gestita dagli uffici ministeriali: il concessionario della tratta aveva nel 2013 un debito di poste figurative pari a circa 175 milioni di euro; in altre parole, aveva incassato dai pedaggi 175 milioni più di quanto l’equilibrio del piano finanziario prevedesse; anziché procedere a un abbassamento immediato dei pedaggi per restituire agli automobilisti quanto è stato loro sottratto, è stato concesso di spalmare la restituzione fino al 2026, lasciando gran parte di questo cospicuo capitale nelle casse del concessionario, concedendogli un beneficio, a spese degli utenti autostradali, di circa 24 milioni di euro in termini di interessi risparmiati; addirittura, con il 1° gennaio 2017, è stato concesso dal Ministero un aumento delle tariffe dell’1,62%;
  • infine, sull’autostrada Asti-Cuneo, poi, c’è una lunga serie di anomalie che risale addirittura agli anni ’90, quando ebbe luogo una notevole serie di inadempienze da parte del concessionario, in gran parte non rilevate da chi presso il ministero doveva vigilare, ma dettagliatamente individuate dal Consiglio di Stato con il parere n. 487 del 10 maggio 2000: richieste di incremento dei finanziamenti pubblici di ben 840 miliardi di lire (a fronte dei 35 previsti nella convenzione), vicende penali in cui sono coinvolti, tra gli altri, soci ed amministratori della Satap, dubbi di legittimità della stessa convenzione aggiuntiva del 1990 con riferimento alla normativa comunitaria e altro ancora; il Consiglio di Stato notava come l’ente concedente, cioè l’Anas, “ha avviato una serie di iniziative, peraltro di segno e contenuto incerto, tese al rinnovo della convenzione (…) anche come strumento transattivo delle controversie in corso, non meglio specificate”; il Consiglio di Stato rilevava altresì che nel 2000 – a dieci anni dalla stipula dell’atto aggiuntivo per la realizzazione dell’opera – la società concessionaria aveva presentato solo 2 progetti esecutivi su 13; per tutte queste inadempienze, il Governo decise di annullare l’atto aggiuntivo del 1990, ma – si suppone per tenersi al riparo da controversie – premiò l’inadempiente concessionario con una proroga di ben 12 anni della lucrosissima autostrada Torino-Piacenza (circa 200 milioni di incassi all’anno), proroga che peraltro è ormai quasi scaduta e non sia ha notizia dell’avvio della gara per il rinnovo della concessione, che dunque sarà nuovamente prorogata di fatto di almeno un anno e mezzo; incredibilmente, dopo tutte queste vicende, nel 2003, alla stessa società fu concesso di partecipare alla gara per la realizzazione dell’Asti-Cuneo, nonostante tutte le inadempienze precedenti, nonostante il rapporto fosse stato risolto con i 12 anni della Torino-Piacenza, nonostante i progetti, poi posti a base di gara, fossero stati approntati dalla stessa società, peraltro liquidata per la loro redazione con la bella somma di cento miliardi di lire; la gara – indetta nel 2003 – fu assegnata operativamente solo nel 2008, per cause – secondo quanto riferito dall’amministratore delegato della Società Asti-Cuneo in audizione al Senato – non riferibili al concessionario; tale ritardo ha contribuito a consentire al concessionario di modificare nella sostanza la convenzione rendendola di fatto enormemente meno onerosa rispetto agli impegni presi in sede di gara; ad esempio, dei 130 milioni che esso in sede di gara si era impegnato a versare, è stato consentito di conferirne solo 32,5; e mentre la parte onerosa dell’assegnazione si trascinava negli anni, l’Anas conferiva efficacemente i lotti già realizzati a spese pubbliche alla società concessionaria (costituita dal socio privato, che gestisce tutto quanto, e dall’Anas) – che ne incassa subito i relativi pedaggi, assume parecchio personale e paga per avere a disposizione dal socio privato software, locali e attrezzature; partiti finalmente i lavori, i costi e i tempi proposti dal socio privato, sulla base dei quali aveva vinto la gara, andavano alle stelle, senza che il socio pubblico, Anas, ovvero sostanzialmente il MIT, mettesse in atto un efficace contenimento; vi è insomma una serie di decisioni e atteggiamenti anomali a favore del gestore della Asti-Cuneo, peraltro evidenziati nella mia interrogazione 3-02828 pubblicata il 4 maggio 2016 e tuttora senza risposa da parte del governo; la cosa continua anche oggi, quando il socio privato della società concessionaria non viene in nessun modo richiamato o sanzionato nonostante il ritardo di anni nei lavori previsti, anzi: la mancata indizione della gara per il rinnovo della concessione sulla Torino-Piacenza sta regalando allo stesso soggetto esattamente ciò che aveva richiesto, cioè una proroga di fatto su questa lucrosa tratta, già nelle sue mani a seguito di precedenti anomalie sulla realizzazione dell’Asti-Cuneo;
  • ultima anomalia l’incredibile episodio della fissazione di un aumento dei pedaggi sulle autostrade Ativa per il 2017, nonostante la concessione sia scaduta il 31 agosto, abbia dato luogo a alti utili e un altissimo margine operativo lordo e traffico sia costantemente aumentato negli ultimi anni;

 

per sapere:

come valuti il Ministro l’attività di tutela degli interessi dello Stato e degli utenti autostradali realizzata dalla struttura del suo Ministero rispetto alla questione delle concessioni autostradali, e in particolare sulle seguenti questioni:

  • il proseguimento della concessione della Brescia-Padova in mancanza della realizzazione della Valdastico Nord, unico elemento che giustificava la proroga concessa nel 2007, senza la quale sarebbe stata bocciata dalla Commissione Europea;
  • l’occultamento del nome, della data e delle circostanze della proroga del termine per la realizzazione dei progetti della stessa Valdastico Nord, sia di fronte alle numerose interrogazioni sia rispetto alle richieste di accesso agli atti amministrativi e di accesso civico;
  • la concessione di aumenti dei pedaggi in misura spesso assai superiore all’inflazione;
  • la spalmatura decennale del grosso debito di poste figurative accumulatesi per l’autostrada Brescia-Padova;
  • l’azione svolta sulla realizzazione della Asti-Cuneo, la cui realizzazione è lontanissima dalla conclusione, a 27 anni dal primo affidamento dei lavori, mentre i costi a carico dello Stato e dell’utente sono già molto superiori al totale dei preventivi;
  • in particolare, la serie di benefici concessi al socio privato della società concessionaria dell’Asti-Cuneo;
  • l’aumento del pedaggio dell’Ativa per il 2017, nonostante la concessione sia scaduta;

se e come sia stata realizzata presso il Ministero la rotazione degli incarichi dirigenziali prevista dall’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190 – la cui importanza è stata ribadita dall’ANAC nel piano anticorruzione del 2016, quale misura organizzativa preventiva finalizzata a limitare il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione – o se vi siano state figure per anni in posizione, o se vi siano state figure costantemente coinvolte nella gestione dei delicati rapporti cui si accenna nella presente interrogazione.

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