Intervento in Aula per l’illustrazione di una questione pregiudiziale al disegno di legge per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese
Signor Presidente,
intervengo per proporre una questione pregiudiziale, perché il contenuto nonché i tempi e i modi con cui viene discusso questo decreto-legge arrivano a violare l’articolo 70 della Costituzione, quello che prevede che la funzione legislativa sia esercitata collettivamente da entrambe le Camere. Questo decreto-legge non solo non contiene misure di straordinaria necessità e urgenza, non solo presenta un coacervo di norme che nulla hanno a che fare l’una con l’altra, ma è stato anche premeditatamente portato all’attenzione del Senato in modo che questo non potesse in alcun modo dare il suo contributo nell’elaborazione di norme che dovrebbero essere, invece, affidate alla procedura ordinaria di un disegno di legge.
Ricordo che la Costituzione, all’articolo 73, prevede anche che ordinariamente una legge entri in vigore 15 giorni dopo la sua pubblicazione – un margine temporale che permette a tutti gli interessati di conoscere le norme, di adeguarsi e di metterle in pratica. Ma è chiaro che quei tempi di entrata in vigore in questo caso non sono possibili, perché il decreto in più articoli (3 e 4, ma anche 5 e 6) dichiara che diverse di queste norme entreranno in vigore parecchi giorni dopo: all’articolo 3, comma 2, si parla di 30 giorni; all’articolo 4, comma 2, di 180; all’articolo 6, confluito nell’articolo 13, di scadenze molto più lontane rispetto all’immediata entrata in vigore.
Non contento di questo, il Governo ha attuato la strategia di allungare i tempi di discussione alla Camera. Mi riferisco al fatto che in Commissione si è arrivati all’approvazione definitiva il 21 febbraio, la bellezza di 21 giorni dopo l’arrivo del decreto in quel ramo del Parlamento. Poi c’è stato un improvviso buio, un improvviso sonno di 16 giorni, durante i quali alla Camera il provvedimento è stato tenuto nel cassetto. Se quei 16 giorni fossero stati utilizzati per l’approvazione, avrebbero consentito due settimane in più di lavoro al Senato, con la possibilità di intervenire sulle numerose norme che – se non altro, per la confusione che generano nella loro applicazione – necessiterebbero e necessitano di essere modificate.
Di fronte a questo tentativo, anzi a questo metodo per escludere il Senato dalla possibilità di legiferare su norme così importanti, credo sia un dovere di tutto il Senato, e non solo dell’Opposizione, dire “no”; dire al Governo che la facoltà legislativa appartiene alle Camere, che il Senato è disposto a esaminare un disegno di legge di contenuti analoghi a quelli del decreto in discussione, in modo tale da poter esercitare le facoltà che la Costituzione e i cittadini gli affidano.
Come se non bastasse, questa gravissima violazione di una norma fondamentale della Costituzione viene fatta a un preciso scopo (tacendo quelli più oscuri, nascosti nell’immenso e caotico articolo 13): quello di lanciare un piccolo spot. Dopo le tante brutte figure collezionate dal Governo in tutti i campi, si è vista l’opportunità di elaborare alcune norme da spot commerciale per dare, finalmente, una buona immagine di sé.
Tipico esempio è la norma sull’abolizione dei costi di ricarica, contenuta nell’articolo 1, che – come ben spiegato dal senatore Ferrara – non porterà ad alcun risparmio per i cittadini. E il Collega non lo dice per sua semplice congettura, ma traendone la certezza da documenti presentati dal Governo, dalla relazione tecnica del Governo e dalle affermazioni del sottosegretario Lettieri alla Camera, il quale ha detto che la rimodulazione delle tariffe non comporterà alcun minor introito in termini di IVA o di altre imposte da parte dello Stato. Di conseguenza non ci sarà alcuna minore spesa, dunque alcun risparmio per i cittadini.
La seconda norma spot è quella sull’impresa aperta in un giorno, contenuta nell’articolo 9. L’impresa aperta in un giorno è una pura finzione giuridica. In realtà, i tempi necessari per rendere operativa un’impresa sono esattamente quelli di prima. Anziché fare l’impresa in un giorno, in realtà si vuole fare la legge in giorno e la legge la vuole fare il Governo per conto suo, senza rendere conto né al Senato né al Paese.