di Stefano Bogliolo
Il Senatore Lucio Malan (Forza Italia) è un cristiano valdese ed è tra i pochi parlamentari evangelici di sempre a sedere nel Parlamento italiano; lo abbiamo intervistato per cercare di conoscerlo un po’ più da vicino e per avere un aggiornamento sul tema della libertà religiosa in Italia.
D – Senatore Malan, Lei un cristiano valdese; molti Italiani sanno poco o nulla della presenza in Italia di chiese cristiane diverse da quella Cattolica; ci può brevemente parlare della sua fede?
R – Quasi tutti gli evangelici d’Italia si sono avvicinati alla loro attuale fede nel corso degli anni. Io invece ci sono nato, sono di discendenza valdese da tutti i rami della mia famiglia: tutti i miei sedici trisnonni erano valdesi, discendenti di valdesi. Ho avuto il privilegio di vivere i miei primi anni in un ambiente dove la fede e la Storia dei nostri antenati che hanno sofferto, combattuto e, non di rado dato la vita per Cristo erano ancora vissute e insegnate in famiglia, nella scuola domenicale e persino a scuola, nell’ora di religione, durante la quale un insegnante valdese volontario ci parlava di Bibbia e Storia valdese. Naturalmente, a poco vale il passato se non si vive la fede nel presente. Per me e per ogni cristiano, è la storia di ogni giorno – non senza difficoltà. Negli ultimi quindici anni ho molto maturato questo aspetto fondamentale della vita, e la presenza di Dio è un conforto costante che mi ha fatto superare serenamente prove estremamente difficili. La recente deriva della mia Chiesa mi ha spinto a una maggiore consapevolezza della necessità di attenersi alle radici della fede valdese che affondano nella teologia riformata classica e, per questo, sono parte del movimento ecclesiale “Sentieri Antichi Valdesi”.
D – Lei è tra i pochi parlamentari evangelici di sempre a sedere nel Parlamento italiano; ricordiamo, tra gli altri, il compianto Domenico Maselli, Valdo Spini, Paolo Ferrero e, da ultimo, Sandro Oliveri – solo per citarne qualcuno. Da quanti anni è in Parlamento? Quando è stato eletto per la prima volta?
R – Sono stato eletto deputato la prima volta nel 1994, nel collegio uninominale che includeva le Valli Valdesi, e il mio avversario principale era un ex moderatore valdese – in quel momento presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. Persi le elezioni nel 1996 e, poi, fui eletto al Senato – sempre nella stessa area geografica – nel 2001. Da allora sono stato rieletto senatore altre tre volte fino a oggi.
D – Data la crescente disaffezione degli Italiani verso la politica – anche in ragione dei continui scandali che coinvolgono i politici, di cui ogni giorno ci danno conto le cronache – è possibile, secondo Lei, conciliare la fede cristiana e l’attività politica?
R – In tutte i settori dell’umanità ci sono onesti e disonesti. Confondere gli uni con gli altri è chiaramente insensato e ingiusto. Dire “tutti i politici sono disonesti” è come dire “tutti gli impiegati statali sono fannulloni, tutti i medici fanno ammalare i malati, tutti i commercianti sono ladri”: insomma, un’idiozia. È chiaro che ci sono politici corrotti ma non lo si capisce certo a prima vista – anche perché, di solito, sono tra quelli che più di altri parlano di onestà, disinteresse e necessità di moralizzare il Paese. Attribuire tutte le colpe ai “politici” e a “tutti i politici” è comodo ai singoli per esentarsi dalle proprie personali responsabilità e comodissimo ai grandi interessi che hanno nei politici fedeli, al mandato di fare gli interessi del Popolo, l’unico freno al loro costante intento di essere padroni di tutti e di tutto. Il politico ladro che, come quell’ex consigliere regionale del Lazio, si compra le preferenze con grandi cene e cento euro sotto il piatto di ciascuno, prospera perché ci sono migliaia di persone disposte a vendere il proprio voto per una cena e cento euro e, dunque, corrotte quanto lui.
Quello che prende la tangente corrisponde a qualcuno che la dà. Questo non lo rende meno colpevole; al contrario, gli dà anche la responsabilità di contribuire alla disonestà altrui – che, però, esiste anch’essa. L’attività politica non è più in contrasto con la fede cristiana di qualsiasi altra attività. Può essere più difficile conciliare le due cose solo perché il politico deve, forse, fare scelte etiche più spesso di altri e che possono diventare un esempio per gli altri. Non mi riferisco al fatto di “non rubare”: quello lo do per scontato e non è difficile; si tratta di non farlo e basta. Mi riferisco a prendere le decisioni giuste per il bene del Paese e dei cittadini, con – per di più – la difficoltà che a un cristiano cercheranno di addebitare cose sconvenienti: “guarda, si dice credente e poi vota quella roba!”. Per questo occorre un po’ di coraggio e determinazione. A volte si tratta di dire dei “no” a chi ha molto potere su di te e sulla tua posizione ma, su certe cose, non si può venire meno. E, se hai a che fare con gente corretta o comunque con dignità, apprezzano che tu abbia dei principi anche se diversi dai loro.
Io ho quasi sempre avuto questa positiva esperienza. Bisogna chiedere e praticare moralità senza essere moralisti. Conta ciò che il politico fa politicamente. L’ideale sarebbe che fosse anche un esempio nella vita privata ma, spesso, non è così. Due esempi: un moralista avrebbe sicuramente preferito Hitler – astemio, non fumatore, vegetariano perché sensibile alle sofferenze degli animali e gentile con le segretarie, monogamo – rispetto a Churchill, gran bevitore di whisky, gran fumatore, motteggiatore e burbero. E avrebbe biasimato il donnaiolo Kennedy, sospetto di brogli elettorali in Illinois, e non il monogamo Kruscev, che non truccava di certo le elezioni perché il suo Partito le aveva abolite. Naturalmente, il politico cristiano deve cercare di essere irreprensibile ma non basta questo per renderlo un buon politico.
D – Secondo alcuni, la politica è l’arte del compromesso; ma fino a che punto, a parer Suo, può un cristiano accettare compromessi?
R – Ritengo perfettamente appropriato quanto disse Max Weber: in politica, e non solo, vige l’etica della responsabilità secondo la quale, per ogni scelta, occorre vedere quali sono le conseguenze. Ad esempio: se si parte dal principio che si può votare o entrare solo in un Partito dove tutti siano buoni cristiani e nessuno sia un conclamato peccatore, l’unica scelta possibile è non votare e non fare politica. Ma i buoni tedeschi che, nelle elezioni del 1932, non votarono per nessuno perché i Partiti avversari di Hitler erano composti di peccatori e con numerosi corrotti e profittatori, sono corresponsabili all’ascesa del dittatore, della Seconda Guerra Mondiale, dello sterminio degli Ebrei e della devastazione dell’Europa.
Parlando di cose più quotidiane, può succedere di votare una legge con difetti, anche gravi, se la bocciatura di quella legge ha conseguenze ancora peggiori. Il rigore morale è sempre da coltivare, il moralismo di chi se ne lava le mani no. Ponzio Pilato è stato il peggior politico della Storia perché, pur avendo visto il giusto, si è preoccupato non di far sì che fosse praticata la giustizia ma di ostentare che “lui non c’entrava” e di tenersi le mani pulite come i tedeschi che nel 1932 non hanno votato. Ma il suo lavarsi le mani lo rende più colpevole della gentaglia che invocava la crocifissione, perché forse questa non si rendeva conto dell’ingiustizia che chiedeva mentre lui ne era perfettamente consapevole.
D – Cosa si sentirebbe di consigliare a un giovane credente che intendesse intraprendere la carriera politica?
R – Di essere sempre fedele ai propri principi cristiani, di chiedere sempre in preghiera di essere guidato nelle proprie scelte e protetto dagli attacchi malvagi e dalle tentazioni. In questo modo non sarà mai sconfitto. Chi viene meno ai buoni principi è sconfitto in partenza: se anche “vince” davanti al mondo, in realtà il vero sconfitto è sempre lui. Se invece ci si volge al bene, si ottiene sempre un buon risultato: anche se sconfitto, avrai sempre fatto qualcosa di buono. E di essere molto prudente nell’attribuire le sue scelte al suo essere credente. Se dovessero essere sbagliate, potrebbe screditare non solo lui ma la sua fede.
D – Lei è sempre in prima fila nelle battaglie in difesa della vita sin dal suo concepimento e in difesa della famiglia originale (io preferisco definirla “originale”, a differenza di altri che la definiscono “tradizionale”); in questo, però, Lei si differenzia dai vertici della Chiesa valdese – la sua denominazione di appartenenza; mentre sembra essere più in sintonia con l’ambiente delle Chiese dette evangelicali e pentecostali. È corretto? Ce lo può spiegare?
R – È certamente così. Ma vorrei distinguere: non c’è bisogno di supporto biblico per sapere che ogni bambino nasce da un padre e una madre e che la situazione migliore è che sia educato da essi. Non c’è bisogno della Bibbia per sapere che non ha senso riconoscere a una coppia omosessuale gli stessi diritti e prerogative visto che non hanno capacità procreative. Ecco perché tanti atei e anche tanti omosessuali sono contro le adozioni per le coppie dello stesso sesso e, spesso, anche contro l’equiparazione di queste coppie al matrimonio.
Se, poi, andiamo a cercare la ragione per cui si vuole andare contro a tali evidenti realtà, la troviamo nella volontà di imporre una ideologia che intende azzerare, contro ogni evidenza scientifica e sensibilità umana, la differenza tra i sessi e il legame tra procreazione e essere genitori; in altre parole, distruggere la concezione dell’individuo e della famiglia presente quasi in tutte le società e che la Bibbia fortemente attesta come volere di Dio. Un credente ha dunque doppi motivi per respingere una tale abominazione, ed è normale trovarsi insieme non solo tra evangelici ma anche con i cattolici. Le posizioni della Chiesa valdese di oggi sono in frontale contraddizione con la nostra Confessione di Fede che tutti i pastori hanno sottoscritto al momento della consacrazione e, per giustificare questo, devono ricorrere a contorsioni logiche che non stanno in piedi. Mi chiedo, ormai, che cosa resti nella Chiesa valdese ufficiale di ciò che è stata e dovrebbe tuttora essere.
D – Parliamo della libertà religiosa: Lei, recentemente, ha presentato un ordine del giorno, che il Governo ha accolto, per abbassare quantomeno la soglia dei 500 membri delle singole chiese oggi necessari per il riconoscimento delle nomine dei ministri di culto. In concreto, cosa pensa che farà il Governo? Ed entro quanto tempo?
R – L’imposizione di quel limite è totalmente insensato, palesemente incostituzionale e basato su presupposti falsi. Il Consiglio di Stato ha, infatti, affermato che, essendo 500 membri la dimensione minima delle parrocchie cattoliche con sacerdote residente, tale limite andrebbe applicato anche ad altri. La realtà è che ci sono parrocchie cattoliche con sacerdote residente assai più piccole. Non ha senso la distinzione tra sacerdote residente o meno, visto che molte confessioni hanno pastori con un altro lavoro e, dunque, hanno ancora meno tempo dei parroci non residenti. Ed è ingiusto chiedere alle minoranze di avere gli stessi numeri della maggioranza. Il Governo si è impegnato a chiedere al Consiglio di Stato di riconsiderare il suo parere, anche alla luce delle mie osservazioni. Prevedo tempi di almeno diversi mesi ed esito incerto – anche perché, su questo, c’è un grande silenzio.
Quando emergono problemi così gravi in altri settori, gli interessati contattano i parlamentari, quanto meno con dei messaggi di posta elettronica. Ad esempio: sui maltrattamenti agli animali, la proroga della validità di certi concorsi, sugli esodati, ognuno di noi ha ricevuto migliaia di email. In questo caso ciò non è avvenuto. Quando ho spiegato la questione in Commissione, tutti i colleghi erano stupiti e ritenevano che io avessi ragione – incluso il relatore del provvedimento, Roberto Calderoli. Ma erano stupiti di non essere mai stati interpellati in merito. Ecco, se non c’è un po’ di pressione diffusa sui parlamentari, sui Partiti, sui mezzi di informazione, gli impegni presi dal Governo temo non avranno gran peso. Io non mancherò di continuare a sollecitare risposte, ma è difficile che qualcuno si metta contro il Consiglio di Stato solo perché un singolo senatore denuncia il problema. Non passano di certo leggi a favore dei poliziotti o degli agricoltori, per fare un esempio, se poliziotti e agricoltori non le sollecitano pubblicamente e in modo percepibile. Bene incontrare il Ministro o il funzionario del Ministero, ma questi incontrano centinaia di persone: se non vedono che della cosa si parla in giro, tra le tante cose su cui vengono sollecitati, se ne dimenticano. Il mio ordine del giorno serve a questo ma non è sufficiente.
D- Com’è noto, la Chiesa Cattolica gode in Italia di una posizione di privilegio assoluto; seguono le confessioni con Intese, poi i culti ammessi (che, di fatto possono ottenere solo il riconoscimento dei propri ministri di culto con i limiti di cui sopra); infine, ci sono comunità prive di qualsiasi riconoscimento – o per scelta o perché non posseggono i requisiti minimi, come nel caso dei 500 membri. Ci può aggiornare sullo ‘stato dell’arte’ della libertà religiosa in Italia? E quando, secondo Lei, sarà possibile avere una nuova legge sulla libertà religiosa che sani questa sperequazione tra i cittadini membri delle diverse confessioni religiose?
R – Come ho spiegato, occorre innanzitutto che gli interessati facciano sentire la propria voce, altrimenti sarebbe anomalo che Parlamento o Governo si muovessero. Io – essendo, per cento motivi, sensibile e attivo sull’argomento – ne sento parlare spesso ma, per la stragrande maggioranza dei colleghi, l’argomento è del tutto sconosciuto.
In secondo luogo: la Costituzione prevede libertà religiosa per tutti, Concordato per la Chiesa cattolica e, per gli altri, possibilità di Intese – non obbligatorie per nessuna delle parti. In teoria, perciò, dovrebbe essere sufficiente la Costituzione a garantire che nessuno venga ostacolato nella pratica della propria fede, della propria religione. Le Intese servono a occuparsi di questioni specifiche delle varie confessioni, per l’approvazione dei ministri di culto, per l’accesso all’otto per mille e altre problematiche. Pensare di fare una legge che garantisca queste cose a chiunque mi sembra, in ogni caso, molto difficile – sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista politico. Immaginiamo una cosa così particolare come la circoncisione, irrinunciabile per gli ebrei: come si fa a scrivere una legge che, in astratto, consenta a chiunque pratiche paragonabili? È indispensabile considerare confessione per confessione. Se, poi, consideriamo che in Italia la seconda religione è l’Islam, comprendiamo bene che le difficoltà aumentano.
In terzo luogo, le famigerate norme del 1929 e 1930 garantiscono, sia pure sotto la forma inaccettabile dei “culti ammessi”, una serie di diritti notevoli – incluso, ad esempio, l’insegnamento nelle scuole pubbliche. Il rischio è che la nuova legge corregga sì l’impostazione, passando dal concetto di “ammettere” certi culti a quello di “libertà”, ma che poi, alla fine, restringa i diritti rispetto alle norme d’epoca fascista – come, peraltro, è già avvenuto a opera del citato parere del Consiglio di Stato. Come in altri casi, ricordiamoci che è meglio nessuna legge che una cattiva legge, pur battendoci per una legge buona.
Infine, mi pare evidente che oggi, nel mondo occidentale, i rischi legali più seri per una confessione cristiana non siano quelli legati alle questioni di cui si è parlato fino a ora, ma quelli derivanti dall’imposizione di ideologie laiciste – se non ateistiche o addirittura anti cristiane – nelle scuole e in tutta la sfera pubblica: il diritto all’obiezione di coscienza sull’aborto è ogni giorno messo in discussione e, in alcuni Paesi, semplicemente abolito; le ideologie ateistiche e anticristiane e l’ideologia omosessualista “gender” sono imposte nelle scuole (anche in Italia) contro il parere dei genitori; l’imposizione anche alle scuole religiose di assumere insegnanti senza “discriminare” sulla base della religione o del comportamento sessuale.
Un insegnante che illustri i punti deboli della teoria dell’evoluzione o i benefici della morigeratezza sessuale rischia ormai il rogo mediatico; spesso, anche se insegna in una scuola privata. Mi sembrano cose assai più pericolose di ciò di cui, pur giustamente, ci preoccupiamo di solito in organismi come il CCERS. Si ha notizia di bambini sottratti, in Norvegia, ai genitori solo perché venivano educati nella fede e parlavano di Gesù, di predicatori arrestati in Inghilterra per aver detto che omosessualità e adulterio sono male agli occhi di Dio. Sono cose che dovrebbero preoccuparci fortemente, anche perché le vittime sono soprattutto i bambini. Credo che la battaglia per la libertà religiosa sia, ormai, oggi, soprattutto qui – più ancora che su altre questioni che, beninteso, dobbiamo chiedere siano risolte.
D – Altra questione riguarda la presenza dei rappresentanti delle diverse religioni sulle reti del servizio pubblico radiotelevisivo, totalmente sbilanciata a favore della Chiesa Cattolica, con la ‘concessione’ di una mezz’ora all’una di notte – quando tutti, o quasi, dormono – a settimane alterne, a protestanti ed ebrei; con una replica il lunedì mattina, sempre a settimane alterne, quando tutti, o quasi, sono o al lavoro o a scuola. Che si può fare perché a tutte le confessioni religiose vengano concessi spazi congrui per potersi far conoscere dagli Italiani e non essere costrette a essere raccontate da altri che, spesso, ne offrono una rappresentazione non rispondente alla realtà, che spesso riflette pregiudizi e luoghi comuni quando non una caricatura?
R – Le emittenti private fanno quel che pare loro ma si può sempre sollecitarle a essere attente anche alle minoranze. Quanto alla RAI, è evidente che la situazione descritta è ferma al 1985, quando lo Stato aveva rapporti solo con Cattolici, Valdesi ed Ebrei. Anche qui, chi ritiene di avere diritto deve decidere di farsi avanti, ben sapendo che è poco verosimile un aumento totale degli spazi; dunque, si tratterebbe probabilmente di frazionare i tempi di oggi, cosa di cui non saranno contenti gli attuali titolari. Quanto, infine, a modi scorretti con cui si parla delle minoranze, occorre avere la pazienza di inviare smentite, precisazioni e, se ce ne sono i presupposti, minacciare cause legali.
D – Un’ultima domanda: dopo un lungo iter parlamentare, è stata approvata in settimana la legge sulle unioni civili: un Suo commento?
R – È una legge basata sull’ideologia “gender”, la quale assume che la divergenza tra sesso e preferenze sessuali sia la regola e la sessualità uomo-donna l’eccezione, tant’è vero che riserva agli omosessuali le unioni civili: stessi diritti del matrimonio e meno doveri. Mentre le coppie eterosessuali conviventi, anche se con figli, vengono lasciati con quasi nulla, e questo quasi nulla in modo confuso e illiberale poiché sarà il giudice e non la coppia a decidere se assumere doveri reciproci. Spiana e allarga la strada – già aperta dalle sentenze dei giudici ideologizzati – alle adozioni per le coppie omosessuali, incoraggia l’indottrinamento ‘gender’ dei bambini nelle scuole, dove “bisognerà” spiegare che un bambino può avere due padri o due madri e un ragazzo potrà sposare un altro ragazzo. Dà spazio all’applicazione della legge sull’omofobia, con la quale andrà in galera chi dice che l’omosessualità è male agli occhi di Dio e che un bambino deve avere un padre e una madre. Anche senza che la legge specifica sia approvata, qualche giudice osserverà che tali affermazioni sono discriminatorie verso una realtà ormai consacrata da legge e sentenza.
Inquietante è anche il modo in cui è stata approvata, violando le procedure parlamentari previste dalla Costituzione, a opera di Matteo Renzi che, appena nove anni fa, era al Family Day contro una proposta di riconoscimento assai più moderata. Cosa gli ha fatto cambiare idea? Non il consenso popolare, perché i sondaggi dicono che la maggioranza degli Italiani è contraria a questo scempio. Lo stesso fenomeno è avvenuto negli USA con Obama che, una settimana prima di essere eletto, definiva matrimonio solo quello fra un uomo e una donna, una unione – diceva – che per lui, come cristiano, è sacra e voluta da Dio. Più ambigua, ma sempre contraria alle nozze gay, era anche Hillary Clinton. Visto che nessuno dei tre ha mai spiegato le ragioni della “conversione”, chi parla di ricatti e di potentissimi gruppi di influenza ha per ora la spiegazione migliore.