Cambiamenti climatici: quel che, di solito, non si dice

Intervento in Aula nella discussione sulle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici

Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, coraggiosi Italiani che ci ascoltate in questo dibattito, non parteciperò al certame retorico della catastrofe imminente, ma vorrei portare alla vostra attenzione qualche dato di cui non si è parlato o si è parlato molto poco.

Innanzitutto, non c’è alcun consenso scientifico sul riscaldamento globale – dalle catastrofiche conseguenze – causato dalle attività umane (che, per brevità, chiamerò “teoria riscaldista”). Al gruppo di lavoro intergovernativo sul cambiamento climatico, conosciuto come IPCC, hanno partecipato circa 2.500 persone – sbrigativamente e collettivamente classificate come scienziati – alle quali, però, si sono aggiunti altri collaboratori per un totale di 9.000, includendo partecipanti saltuari ai gruppi di studio; ma non c’è alcuna prova che la maggioranza di queste 9.000 persone sostenga le “teoria riscaldista”. L’IPCC è un organismo politico e non scientifico, tanto è vero che – lo leggiamo nel sito ufficiale – prende le decisioni più importanti nelle sessioni plenarie dei rappresentanti governativi, per cui non si vota in base al numero dei premi Nobel o sul prestigio delle università ma sulla base dei Paesi; per cui – tanto per dire – i più sperduti Paesi del Terzo mondo pesano quanto la Germania, gli Stati Uniti o l’Italia. Numerosi scienziati sono usciti dall’ICPP sia per dissenso rispetto alle tesi che poi vengono rappresentate come appartenenti all’intero ICPP, sia ancora di più per la prevalenza della politica sulla scienza o per la prevalenza dell’ideologia sulla ricerca e sull’evidenza scientifica.

Va ricordato che il documento più conosciuto dell’IPCC è la “Sintesi per i decisori politici” e non il documento di cui tale Sintesi è, per l’appunto, il riassunto. Molti scienziati hanno denunciato tale sintesi per i decisori politici come non fedele, su aspetti fondamentali, a quanto elaborato dai gruppi più propriamente scientifici. L’attuale presidente dell’IPCC, il coreano Hoesung Lee, è un economista e non un fisico o un climatologo, e tale è anche Thomas Sterner, il principale estensore dell’ultimo rapporto: egli è, per l’appunto, un economista, direi un politico più che uno scienziato. Il predecessore di Hoesung Lee come presidente dell’IPCC, l’indiano Rajendra Pachuari, che poi fu costretto alle dimissioni per una faccenda di molestie sessuali, era un ingegnere esperto in ferrovie: già ci avviciniamo, però, perché un ingegnere dovrebbe conoscere determinate dinamiche fisiche. Carlo Carraro, l’unico italiano che fa parte dell’ufficio di presidenza dell’IPCC, è stato professore di economia, sia pure di economia ambientale. In realtà, moltissimi componenti dell’IPCC non sanno e non scrivono alcunché sulle cause e sull’entità del cambiamento climatico, ma lo danno per scontato e ne studiano le presunte conseguenze sui vari settori delle attività umane, dall’economia, alla medicina ad altri settori. In realtà, non c’è alcun dettaglio sulla qualificazione dei presunti scienziati dell’IPCC. Di certo non mancano coloro che sono muniti semplicemente di una laurea triennale – come la presunta esperta che scrisse da sola la tesi secondo la quale il riscaldamento climatico avrebbe causato e stava causando un aumento della malaria. Questa signora era una venticinquenne munita unicamente della laurea triennale, e la sua tesi non era mai stata recensita da persone di livello adeguato. Questa persona solo tre anni dopo ha fatto la sua prima pubblicazione, ma la sua tesi è diventata una delle più note dell’IPCC. Ebbene, di questi 9.000 esperti o presunti tali dell’IPCC, forse – ma non lo sappiamo – la maggioranza è abbastanza favorevole alla “teoria riscaldista”. Si tratta di 9.000 persone in tutto il pianeta, una parte delle quali è sicuramente contraria alle tesi portate dall’IPCC su cui si basano tutte le politiche di cui stiamo parlando.

Ebbene, solo negli Stati Uniti c’è una petizione che ha raccolto la firma di oltre 31.000 laureati in materie strettamente scientifiche, correlate alle problematiche del riscaldamento globale, di cui 9.029 hanno il PhD – il dottorato di ricerca, come lo chiameremmo noi – in materie scientifiche. Questa petizione – firmata, lo ripeto, da 31.000 persone qualificate, di cui 9.000 dottori di ricerca nei soli Stati Uniti – sollecita il Governo dei Stati Uniti d’America a respingere l’accordo sul riscaldamento globale scritto a Kyoto nel 1997 e altre simili proposte. Essa sostiene che i limiti proposti ai gas serra nuocerebbero all’ambiente, ritarderebbero l’avanzamento della scienza e della tecnologia e danneggerebbero la salute e il benessere dell’umanità. Sempre secondo la petizione, non c’è alcuna persuasiva evidenza scientifica che il rilascio di anidride carbonica, metano e altri gas serra da parte delle attività umane stia causando o causerà nel prevedibile futuro un catastrofico riscaldamento dell’atmosfera terrestre e lo sconvolgimento del clima della Terra, mentre c’è invece evidenza scientifica del fatto che l’aumento dell’anidride carbonica atmosferica produce molti benefici effetti sull’ambiente vegetale e animale della Terra.

Può darsi che queste 31.000 persone sbaglino ma, di sicuro, una tesi che solo in un Paese ha 31.000 specialisti che non la condividono non è una teoria che abbia il consenso scientifico. C’è, invece, consenso scientifico sul fatto che i cambiamenti climatici sono sempre avvenuti, in ogni epoca, secondo cicli di varia durata e sostanzialmente imprevedibili, legati a una serie di cause che sono allo studio. C’è consenso scientifico sul fatto che, dall’ultima glaciazione, terminata circa 11.000 anni fa – che, in termini geologici, è pochissimo tempo – per migliaia di anni la temperatura è stata superiore a quella di oggi. Molti ritengono che anche nel quindicesimo secolo, seicento anni fa, la temperatura fosse superiore a quella di oggi: è l’epoca in cui la Groenlandia prese il suo nome di Terra verde. È evidente che, altrimenti, la Groenlandia, nell’Ottocento e ancora oggi, non potrebbe chiamarsi Terra verde, perché in parte o del tutto – a seconda delle epoche – è coperta dai ghiacci.

C’è consenso scientifico sul fatto che, nelle ere passate, la presenza di anidride carbonica nell’aria abbia raggiunto livelli molto maggiori di quella attuale. Nell’era nella quale è comparsa sulla terra la maggiore parte dei phyla animali – evidentemente un’epoca estremamente favorevole alla vita, circa 440 milioni di anni fa – la concentrazione della anidride carbonica nell’atmosfera era intorno alle 5.000 parti per milione, mentre oggi l’allarme drammatico è perché siamo a quota 400.

Oggi c’è un grande allarme anche sull’innalzamento del livello medio dei mari, che è stato di circa 40 centimetri nell’ultimo secolo, ma sappiamo che nell’ultima glaciazione, circa 12.000 anni fa, il livello del mare era di oltre 100 metri più basso di oggi, per cui c’è stato un innalzamento del livello dei mari rispetto ad allora di 100 metri. Oggi c’è tanto allarme e questo catastrofismo mondiale per 40 centimetri. Sappiamo altresì – e su questo c’è anche consenso scientifico – che l’ampiezza dell’oscillazione del livello del mare nel corso dell’ultimo milione di anni, inclusa l’ultima glaciazione di 11.000 anni fa, è di almeno 120 metri; per cui, se è aumentato di 100 metri fino a oggi, il fatto che ci siano stati altri 40 centimetri di innalzamento non è un fatto epocale e non è un record di livello dei mari. Molti ritengono che, anche soltanto nel primo millennio della nostra era, il livello del mare complessivamente fosse più alto rispetto a oggi. Il numero degli uragani atlantici non è aumentato negli ultimi cento anni, né è aumentata la loro velocità media.

Un consenso scientifico c’è sull’aumento di 0,8 gradi della temperatura negli ultimi 150 anni. Chi ci dice che la temperatura ideale fosse quella del 1850, quando, tanto per fare un esempio, a Glasgow morirono decine e decine di persone perché, a causa del gran freddo, la gente usava moltissimo le stufe a carbone che causarono questo inquinamento spaventoso? Ebbene, l’inquinamento e lo smog di cui si parla in questi giorni, con l’inviato da Pechino che si mette la maschera (peraltro perfettamente inutile rispetto ai gas) per mostrare che a Pechino c’è lo smog, non c’entrano nulla con gli accordi che potranno essere presi a Parigi, così come non c’entrano assolutamente nulla le 84.000 persone che, secondo una ricerca scientifica, morirebbero in Italia a causa dell’inquinamento.

L’inquinamento non è provocato dalla CO2. La CO2 è chiamata da molti scienziati il «gas della vita», non è inquinamento. Allora cerchiamo di avere un approccio scientifico razionale: più che giusto il risparmio energetico, più che giusto a combattere l’inquinamento ma l’inquinamento vero – quello che fa danni, quello che fa morire le persone, quello che danneggia le popolazioni, specialmente quelle più povere. Combattere contro i mulini a vento o, per meglio dire, i «mulini ad anidride carbonica», è costosissimo: viene fatto pagare alla povera gente, viene fatto pagare ai Paesi in via di sviluppo, con l’illusione che qualcuno nei Paesi ricchi possa diventare ancora più ricco.

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