Lo sforzo di semplificazione operato in Italia va portato anche nelle istituzioni europee
Intervento in Aula nella discussione della Legge comunitaria 2008
Signor Presidente,
desidero innanzitutto esprimere tutto il mio sincero apprezzamento per il lavoro svolto dalla 14a Commissione, in particolare dalla Presidente nonché relatrice sulla legge comunitaria, senatrice Boldi, dalla relatrice sulla Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, senatrice Licastro Scardino e, prima ancora, per il lavoro fatto dal Governo, nella persona del ministro Ronchi e dagli altri uffici dell’Esecutivo, che hanno contribuito a produrre queste norme di recepimento della normativa europea. Si tratta di un lavoro importante perché, senza questi interventi, il nostro Paese andrebbe incontro a sanzioni sia di carattere morale che economico da parte dell’Unione europea. Le prime consisterebbero in una serie di procedure che indicherebbero che il nostro Paese non ha adempiuto a questa o a quella norma europea. Ma ciò che ci tocca anche più concretamente sarebbero le sanzioni molto pesanti di carattere finanziario a cui saremmo sottoposti, per cui il lavoro che viene svolto oggi e che si è svolto in precedenza è – ripeto – estremamente importante.
Esaminando, però, questo provvedimento, mi viene in mente un’ulteriore riflessione. Solo quest’anno – perché abbiamo una legge comunitaria tutti gli anni e molte norme europee vengono recepite in altri provvedimenti, non necessariamente nella legge comunitaria, che ne accoglie soltanto la maggior parte – vi sono ben 125 pagine di testo. Molti degli articoli sono rappresentati da deleghe che, dunque, daranno vita a decreti legislativi, a decreti ministeriali, a regolamenti e a tutta una serie di norme di cui l’articolato rappresenta solo l’inizio.
In altri termini, a cascata, ci sarà la produzione di una vasta normativa. Solo l’articolo 24 recante «Adeguamento comunitario di disposizioni tributarie» consta di ben 28 pagine, mentre l’articolo 37 contiene 4 pagine di disposizioni relative all’attuazione dei regolamenti del Consiglio e della Commissione per quanto riguarda la commercializzazione delle uova.
Allora credo che, accanto alla giusta attenzione sui singoli problemi, vada fatta una riflessione di carattere più generale. In sostanza, occorre chiedersi se questa normativa comunitaria che dobbiamo necessariamente accogliere sia tutta necessaria e se sia veramente indispensabile che l’Unione europea inondi gli Stati membri, i Governi e – ciò che più conta – le imprese e i cittadini, con tutte queste norme.
Credo che tutto lo sforzo di semplificazione che stiamo facendo all’interno del nostro Paese e delle nostre istituzioni vada portato – so che il Governo sta lavorando in tal senso – anche in quelle europee, perché sono i Cittadini che devono rispettarle. E forse non è del tutto casuale il fatto che l’Unione europea accusi da molto tempo una crescita inferiore a quella di altri Paesi che, trovandosi liberi dalle norme imposte dall’Unione (sia da quelle giuste, che da quelle anche un po’ superflue), possono procedere più speditamente rispetto a noi che, invece, dobbiamo investire energie enormi per rispettare tutte queste regole.
È vero che è difficile aspettarsi questo da istituzioni europee un po’ complicate. Noi, ad esempio, stiamo discutendo di differenziare i ruoli delle nostre due Camere, che spesso compiono lo stesso lavoro, ma le istituzioni europee riescono nel capolavoro di avere una sola Camera con due sedi – perché bisogna ricordare le ambizioni della piccola città di Strasburgo, che vuol essere al contempo capitale europea ma, poi, non lascia costruire un aeroporto di degne dimensioni e risulta difficilissima da raggiungere.
Allora, se è vero che è difficile aspettarselo, è anche vero che dobbiamo davvero chiederlo, e impegnarci veramente; giacché non si tratta di un fatto di facciata bensì di sostanza, che pesa ogni giorno nella vita dei nostri concittadini e delle nostre imprese.