Per poter raccontare agli Italiani di aver ridotto il costo della Politica, si impone la violazione della Costituzione e si sacrifica la Democrazia

Il Governo racconta 40 milioni di risparmio dalla riduzione dei parlamentari mentre regala 16 miliardi di concessioni autostradali senza gara e produce 300 miliardi di euro di debito in più, un milione di disoccupati in più e decine di miliardi di euro di tasse in più

Intervento in Aula nella discussione sulla riforma costituzionale

Signora Presidente, oggi il Presidente del Consiglio (che è colui che decide l’agenda della Camera e del Senato e naturalmente, come è legittimo – ma solo in questo ultimo caso – del Consiglio dei ministri) ha detto che, sostanzialmente, discutere della riforma costituzionale è tempo perso: non è davvero il caso di approfondire i tecnicismi, come se la Costituzione fosse un tecnicismo. La Costituzione fu scritta in un anno e mezzo non proprio da degli sprovveduti. Francamente, se guardo coloro che la scrivono oggi e penso al confronto con quelli che lavorarono nel 1946 e 1947 mi metto le mani nei capelli; però ogni epoca deve fare quello che sta al suo tempo e forse un giorno, in teoria, qualcuno degli odierni statisti avrà la statura che oggi attribuiamo a quei Padri costituenti. Francamente ne dubito.

Oggi il Presidente del Consiglio ha sintetizzato con uno slogan questa riforma. Ha detto: meno politici e più politica. È vero che ci saranno meno politici. Ci saranno circa duecento senatori in meno, un risultato che ci sarebbe già dal 2008 se nel 2006 una coalizione – che oggi potrei definire conservatrice, nel senso che voleva mantenere la vecchia Costituzione, guidata da Oscar Luigi Scalfaro, già ex Presidente della Repubblica e senatore a vita, e dal presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi – non avesse fatto una crociata per mantenere il vecchio numero dei parlamentari, il vecchio sistema, il bicameralismo perfetto e così via. Così, grazie a Renzi e a coloro che fecero la campagna referendaria nel 2005, avremo un ritardo di soltanto dodici anni rispetto a una cosa su cui saremmo d’accordo tutti, pur avendo evidentemente sempre qualche brivido perché il parlamentare che parla di riduzione del numero dei parlamentari pensa di poter essere tra quelli ridotti e non tra quelli che restano. Il senso di responsabilità ha però fatto sì che l’abbiamo votata nel 2005, l’abbiamo rivotata la scorsa legislatura e abbiamo anche sostenuto per un po’ il percorso in questa.

Meno politici è vero; più consiglieri regionali a Roma è pure vero, ma non mi pare che abbiano dato questa prova eccezionale, e direi che il sentimento di antipolitica è molto alimentato dai problemi che ci sono stati nei Consigli regionali, che non sono da sottovalutare, ma neanche da generalizzare.

C’è un articolo di questa riforma costituzionale che trovo grottesco. Mi riferisco a quello dove si dice che i consiglieri regionali non devono guadagnare più del sindaco della loro Regione. La Costituzione è subordinata a delle decisioni che sono in parte dovute alla legge e in parte a determinazioni di un Comune, a volte anche piccolo, che è capoluogo di una Regione. Tra i capoluoghi di Regione c’è Aosta, che ha 30.000 abitanti e, dunque, credo che il sindaco non abbia questo trattamento e queste responsabilità che, comunque, qualunque sindaco ha, anche quello del Comune di 100 abitanti. In ogni caso, ha meno lavoro il sindaco di Aosta che il sindaco di Roma capitale, che ha quasi tre milioni di abitanti. Però ci uniformiamo e per Aosta e Roma è tutto uguale. L’importante è fare una roba grassamente demagogica.

Ebbene: meno senatori eletti dal popolo, più consiglieri regionali eletti da altri consiglieri regionali, che vengono a fingere di fare i senatori. Il problema è dove si dice che ci sarà più politica; più politica sì, ma fatta da non politici. Le leggi chi le scrive già oggi?

Si fa tutto questo gran parlare della navette di un provvedimento che dalla Camera va al Senato, poi il Senato lo modifica, poi ritorna alla Camera che cambia una virgola e, quindi, il provvedimento torna ancora al Senato. Questa è accademia; noi sappiamo benissimo che è accademia quando si parla di questo. Oggi infatti il 95 per cento dei provvedimenti viene fatto per decreto-legge; era l’80 per cento qualche anno fa, poi – con il passaggio al Governo Monti, non eletto da nessuno – si è passati al 90 per cento e quindi – con il passaggio al Governo Renzi, non eletto da nessuno – siamo arrivati al 95 per cento. Quanto tempo ci vuole perché un decreto-legge sia efficace? Un giorno. È tanto un giorno? È in quelle ventiquattr’ore che si sono giocate le sorti del nostro Paese o nel non aver saputo proporre al nostro Paese le ricette giuste, magari perché non si è voluto discuterle né con la maggioranza, né con l’opposizione?

Ad ogni buon conto, il decreto-legge viene concluso nel giro di sessanta giorni; ma è in vigore subito. Le modifiche apportate dal Parlamento, nel 90 per cento dei casi (e sono prudente) sono richieste dal Governo stesso, magari con la firma di qualche senatore per evitare di dover presentare la relazione tecnica all’emendamento (fatto obbligatorio, quando l’emendamento è presentato dal Governo). Entro sessanta giorni si arriva quindi alla conversione in legge del provvedimento. Oggi il tempo medio di divario tra quando il Governo, nella sua somma saggezza, decide di fare una cosa e quando la cosa è legge è pari a ventiquattr’ore (il tempo della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Raccontare che questo è il problema di questo Paese significa deviare il problema.

Il problema è che, evidentemente, sono state prese delle misure sbagliate. In questi quattro anni di Governi non eletti dai cittadini, la disoccupazione è aumentata di oltre un milione di individui, cioè un milione di persone che ieri lavoravano e che oggi non lavorano. Il debito pubblico è aumentato di oltre 300 miliardi di euro: ciò vuol dire migliaia di euro, 6.000 euro per ogni cittadino. In questi quattro anni ogni cittadino – anche i bambini, anche i disoccupati, anche gli anziani con la pensione minima – ha accumulato a suo carico 6.000 euro di debito in più. Contemporaneamente, però, si potrebbe pensare che magari sono state ridotte le tasse. Aumenta la disoccupazione e aumenta il debito: si vede che lo Stato ha avuto la mano un po’ larga ed ha ridotto le tasse. No, le tasse sono aumentate di una trentina di miliardi. Solo sotto il Governo Renzi, ci sono stati sei miliardi di tasse in più sui risparmi, altri miliardi sui fondi pensione e qualche miliardo di tasse sulla casa (è difficile da quantificare, perché è tutto scaricato sui Comuni e sugli enti locali). Il problema è che queste porcherie di misure che hanno portato a questi risultati non sono state adottate abbastanza in fretta? No, il problema è che sono state adottate troppo in fretta.

Facciamo un esempio: il 6 dicembre 2011 è stato varato il decreto-legge cosiddetto salva Italia, che in realtà è stato ‘l’Azzoppa Italia’. Coloro che l’hanno votato – tra i quali, ahimè, ci sono anch’io – si sono trovati di fronte ad un’alternativa. Quel Governo, il Governo Monti, pensava che la velocità e la sua somma saggezza fossero molto meglio che parlare delle cose in Parlamento. L’alternativa consisteva nella scelta tra far cadere il Governo o votare quella roba lì, con dentro la mostruosità degli esodati. Ci sono problemi forse ancora più grandi in questo Paese? Certo: gli esodati sono stati intorno al mezzo milione, mentre i disoccupati sono parecchi milioni. Sì, ma gli esodati sono stati esodati per legge, mentre i disoccupati saranno frutto di politiche sbagliate ma non sono volontari, non è che da un giorno all’altro si sono trasformati in disoccupati per legge. Invece quelli da un giorno all’altro sono diventati esodati per legge. Perché? Perché il Governo ha voluto fare le cose in fretta (basta con questi passaggi!). Ebbene, pur essendoci due Camere, non si è potuto discutere quasi per nulla nelle Commissioni, dove qualche rimedio alle stupidaggini scritte pure è stato apportato. In Aula invece non è stato possibile discutere, a causa dell’apposizione della questione di fiducia. L’alternativa per i parlamentari non era tra votare quel ‘Salva Italia’ o votare un altro ‘Salva Italia’ più ragionevole, ma era tra votare quello o non votare nulla, con tutti i mezzi d’informazione che dicevano che, senza quella misura, ci sarebbe stato il default per l’Italia, per cui quello che abbiamo visto in Grecia si sarebbe verificato in Italia. Di ciò francamente dubito, ma questo fu raccontato e, proprio grazie alla velocità del Governo, si approvò questa porcheria immonda, che ha dato il via ad una situazione che ha portato ai risultati che ho richiamato: 300 miliardi di euro di debito in più, un milione di disoccupati in più e decine di miliardi di euro di tasse in più. Tutto questo è accaduto proprio grazie alla velocità. Il problema è che, con questa riforma, le leggi non si discuterebbero più alla luce del sole, in Parlamento, magari facendo la grande fatica di impiegare addirittura sessanta giorni – pensate! – per convertire un decreto-legge, che è già efficace subito.

Dunque, questa genialata che il Governo ci racconta è efficace subito. Approvando la riforma costituzionale, non ci sarebbe più neanche il limitato esame di oggi, ma si avrebbero direttamente i funzionari del Ministero che scrivono i testi, naturalmente inserendo quanto di più saggio hanno in testa. Siccome, però, raramente conoscono il territorio, ciò avrebbe poco a che fare con la realtà del Paese, oppure avrebbe solo a che fare con la realtà delle grandi e non delle piccole aziende. Ci sarebbero mille esempi da fare, ma non è questo il momento adatto. Dunque, mancherebbe il confronto con il Paese, con chi lo rappresenta e con chi parla con la gente. Chi potrebbe svolgere, dunque, questa funzione? I Ministri, che giustamente sono impegnati con l’attività di Governo, i funzionari del Ministero, che giustamente stanno a Roma e nei Ministeri a lavorare, o i parlamentari? Potrebbero farlo i parlamentari e invece bisogna escluderli. I funzionari dunque scriverebbero i testi, ma non sempre i funzionari sanno tutto e non sempre sono insensibili a certi interessi, come non sempre è insensibile il Governo. Facciamo qualche esempio? Ci vengono a raccontare del risparmio che si avrà diminuendo di duecento unità il numero dei parlamentari. In realtà il risparmio sarà probabilmente di una quarantina di milioni di euro. Allarghiamoci pure e consideriamo un risparmio di una sessantina di milioni di euro all’anno: ebbene, il solo provvedimento dell’articolo 5 del cosiddetto decreto Sblocca Italia, per la proroga delle concessioni autostradali, contiene un regalo fatto a dei miliardari, con i soldi degli Italiani (Applausi dei senatori Bulgarelli, Minzolini, Rizzotti e Scilipoti Isgrò), che va a scapito della competitività e del benessere dei cittadini che vorrebbero poter viaggiare in Italia, magari per andare a trovare dei parenti, ma si trovano a pagare delle tariffe che sono cinque volte superiori a quelle corrispondenti alla manutenzione delle autostrade. Per le autostrade non c’è solo la manutenzione: c’è anche la costruzione, che però deve essere pagata negli anni di concessione. Quando c’è la proroga, la costruzione non c’è più e rimane solo il profitto. È stato calcolato che questo provvedimento regala una cifra pari a 16 miliardi di euro a persone, aziende e ditte, che per avere quella concessione, non hanno mai vinto una gara. Oggi ci sono solo due tratte autostradali assegnate per concessione: siamo in attesa di conoscere il risultato di questa gara, perché ancora non è stato comunicato. Tutte le altre sono invece frutto dell’acquisto di pacchetti azionari o di cessioni, mai di una gara.

Il calcolo della cifra che costituisce il regalo, pari a 16 miliardi di euro, è stato fatto da un esperto di lavoce.info che, tra l’altro, è un think tank vicino alla Sinistra. Si tratta dunque di 16 miliardi di euro e poi ci si viene a parlare di un risparmio di 40 milioni di euro. Quando ci sono 16 miliardi di euro che girano, si possono anche fare i virtuosi e abolire il finanziamento ai partiti, perché chi mette le mani su una parte di quei soldi è ben contento che gli altri non abbiano nulla, dal momento che già si finanzia da sé. Guarda caso, i principali beneficiari di queste misure sono tra i primi che arrivano alle cene di finanziamento del Partito Democratico (Applausi dei senatori Bulgarelli, Rizzotti e Scilipoti Isgrò). Quelli però sono scampoli: cosa vuoi che siano 1.000 o 2.000 euro per uno che incassa miliardi di euro? Quelli vanno in altro modo e magari servono quando si tratta di convincere qualche senatore che è un po’ in bilico se votare o no una riforma. Poi non ci sono solo i profitti: c’è anche la fabbrica di posti altamente privilegiati. In questo tipo di aziende, che hanno questo tipo di profitti sicuri e garantiti, le cose possono prosperare per tanti: ci sono tanti posti da direttore, da vicedirettore, da consulente e così via. È per fare queste cose che si vuole tenere il Parlamento da una parte.

Dunque, nel nuovo procedimento legislativo, il funzionario – sottoposto a tutte queste belle influenze, a cominciare giustamente dal Governo, che gli chiede di scrivere i disegni di legge di iniziativa del Governo e i decreti-legge – scriverà il provvedimento, che poi verrà portato all’esame dell’unica Camera, perché il Senato potrà dare giusto un “parerino”. In questa Camera si va in Commissione, però bisogna fare presto. Se poi la Commissione rompe le scatole, si fa come si sta facendo in questo momento, vale a dire si salta la Commissione, in aperta e spudorata violazione della Costituzione, e si va in Aula, dove si mette la fiducia e tutto è fatto.

C’era una misura un po’ così? Chi se ne importa! Sì, l’opposizione si è lamentata ma, se non fai la piazzata, tiri i coriandoli e fai cose del genere, i mezzi di informazione neppure danno la notizia che qualcuno ha votato contro e siamo a posto. Se poi c’è qualche problema, che cosa si fa? La Stampa parlerà della «politica» che ha sbagliato, per cui nessuno è responsabile. Chi scrive le misure che regalano miliardi a persone che non ne hanno davvero bisogno non è responsabile; la responsabilità è della «politica». In questo modo si spingono però le persone per bene a non votare, mentre alcuni si innamorano di quegli esponenti politici che si vedono sei, sette, dieci o quattordici ore alla settimana in televisione e in questo modo il problema è risolto. Se c’è qualche problema, non è di chi governa, ma della «politica», mentre, se c’è un profitto, c’è qualcuno che ci mette le mani sopra. A questo serve tutto ciò, perché non ci sarà più alcun contrappeso.

Noi di Forza Italia-Il Popolo della Libertà XVII Legislatura da sempre siamo favorevoli all’elezione diretta del Capo del Governo che, per noi, dovrebbe anche essere il Presidente della Repubblica – come accade, ad esempio, negli Stati Uniti e in Francia, sia pur con meccanismi diversi. In entrambi i casi, ma specialmente negli Stati Uniti – è il caso più noto – a fronte di un Presidente con forti poteri e con una pienissima investitura popolare c’è un Parlamento che ha le sue regole, il suo potere specifico e la sua autonomia.

La maggioranza della Camera e del Senato italiani non sono scelti neanche indirettamente dal Presidente che è a capo dell’Esecutivo; sono scelti dagli elettori, attraverso i partiti. Con questa riforma avremmo un Presidente che, per carità, non dovrà affrontare la cosa un po’ antipatica del confronto con gli elettori, perché lo fa con una votazione nella quale in apparenza si votano i deputati, per cui avrebbe poteri totalmente privi di contrappeso. Il Presidente della Repubblica, che peraltro tradizionalmente ha un ruolo quasi solo notarile, ha assai poco potere e comunque, una volta arrivato a scadenza il suo mandato, dipenderà dal partito che ha la maggioranza alla Camera, che consentirà di superare anche un’eventuale mancanza di maggioranza al Senato. Anche un terzo della Corte costituzionale sarà preda di questo partito che magari avrà preso solo il 25 per cento al primo turno. Le Authority saranno anch’esse nominate in parte dal Governo e in parte dal Parlamento. Di tutto questo abbiamo la certezza perché, in questi due anni, il Governo ha usato ogni tipo di forzatura con gli strumenti già esistenti. Non c’è alcun indizio del fatto che, con procedure più snelle, il Governo non ne approfitti per fare ancora di peggio, purtroppo con cattivi risultati.

Sono del parere che la democrazia sia più preziosa di un’eventuale maggiore efficienza, ma qui è esattamente l’opposto: meno democrazia, meno controllo delle persone sui dibattiti. Anche quando c’è il dibattito parlamentare possono passare delle porcherie, ma almeno si sa chi ha detto sì e chi ha detto no, chi si è opposto e chi no. Con questa riforma il rischio è che non si sappia niente, perché in Commissione non si vota, mentre in Aula si ricorre al voto di fiducia, che di per sé non è un voto su chi è a favore o contro una certa misura, ma è il voto per verificare chi sta con il Governo e chi no, lo sapevamo già prima. Questo è esattamente l’opposto della democrazia, di ciò che conviene ai cittadini e di ciò che serve al benessere e alla libertà di un Paese. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII e del senatore Endrizzi. Congratulazioni).

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