Al Senato, Conferenza Stampa di Forza Italia sulle agenzie di rating – “Una vicenda tutta da chiarire”

Miliardi versati dallo Stato, informazioni occultate al Parlamento e conflitti d’interesse

Audio integrale della Conferenza Stampa

Interrogazione a risposta urgente al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Economia e al Ministro della Giustizia
Premesso che:

in articoli di stampa pubblicati il 1 marzo 2015 su Il Corriere della Sera, a firma di Virginia Piccolillo, e su Il Fatto Quotidiano, emergono risvolti inquietanti sull’esborso miliardario dalle casse dello Stato italiano, per 2.5 miliardi di euro, per rimborsare una banca d’affari che aveva stipulato prodotti derivati capestro con la Repubblica Italiana ai tempi in cui Mario Draghi, attuale presidente BCE, era direttore generale del Tesoro;

dalla documentazione relativa al processo emergono particolari imbarazzanti per il ministero dell’Economia. I documenti aggiuntivi depositati dal pm della Procura di Trani Michele Ruggiero in vista dell’udienza del 5 marzo 2015 nel processo contro le agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch in corso a Trani, anticipate dal Corriere della Sera del 1° marzo u.s., evidenziano infatti che all’inizio del 2012, dopo che S&P aveva declassato il rating della Penisola con una “pagella” finita al centro dell’inchiesta per manipolazione del mercato, l’Italia pagò oltre 2,5 miliardi di euro a Morgan Stanley in attuazione della clausola di risoluzione anticipata di un derivato: la banca d’affari statunitense presieduta dall’ex ministro dell’Economia Domenico Siniscalco, troppo esposta nei confronti di Roma, fece appello a un codicillo capestro che le consentiva di chiudere anzitempo il contratto sottoscritto nel 1994 con il Tesoro, facendosi restituire l’intero valore di mercato della posizione – in quella fase particolarmente alto, proprio in seguito alla debolezza finanziaria dell’Italia;

il Governo Monti – che, a giudizio dell’interrogante, si insediò con procedure e in un contesto coperti da un cono d’ombra, destituendo con la dittatura degli spread un Governo legittimamente eletto come quello di Silvio Berlusconi con l’ex consulente di Goldman Sachs, Capo dell’Esecutivo e ministro dell’Economia – in soli sei mesi riuscì a ristrutturare contratti per 30 miliardi di euro, consolidando 8,1 miliardi di perdite, sborsando cash oltre 2,5 miliardi di euro a Morgan Stanley, dove parrebbe abbiano rapporti di lavoro l’ex Ministro del Tesoro Domenico Siniscalco e il figlio di Mario Draghi, presidente della BCE e direttore generale del Tesoro tra il 1991 ed il 2001, prima di essere arruolato da una delle banche d’affari che aveva stipulato quei contratti capestro;

quel che emerge ora dalla testimonianza della numero uno della direzione Debito pubblico Maria Cannata è che via XX Settembre versò quella cifra, all’istituto di cui è vicepresidente e country head per l’Italia l’ex ministro Domenico Siniscalco, senza consultare l’Avvocatura dello Stato né tentare di percorrere fino in fondo la strada, forse meno onerosa, del trasferimento della posizione a un’altra banca. Questo nonostante, come ricorda il pm Ruggiero, la Procura di Trani guidata da Carlo Maria Capristo avesse già avviato le indagini sulla legittimità del declassamento e la stessa Cannata lo avesse definito “eccessivo, incoerente e ingiustificato“. Ma la funzionaria risponde che al ministero ci sono competenze tali da non rendere necessarie ulteriori consulenze e, riguardo alla possibilità di interpellare l’Avvocatura dello Stato, sostiene che “non c’erano i tempi tecnici” e comunque “le clausole sono molto chiare”, “non è che ci siano margini di interpretazione” e “non possiamo avviarci sul terreno di creare un contenzioso“. Quanto alla possibilità di “contestare formalmente le richieste delle controparti di chiusura anticipata e/o rinegoziazione, sui presupposti che c’era una indagine penale in corso” Cannata ribatte che “il mercato una cosa del genere non la avrebbe capita”. Vale ricordare che la dirigente che, dal 2000, è responsabile delle emissioni di titoli pubblici di Roma, sarebbe la stessa che, secondo indiscrezioni, ha caldeggiato l’inserimento nella Legge di Stabilità di un articolo che autorizza il Tesoro a stipulare con le grandi banche d’affari “accordi di garanzia in relazione alle operazioni in strumenti derivati”, impegnandosi a depositare miliardi di euro su conti esteri come garanzia, appunto, per i pagamenti futuri dovuti sui contratti derivati;

la stessa dirigente del Tesoro, in una recentissima audizione svoltasi presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati nell’ambito di una indagine conoscitiva sui derivati, ha confermato che il ministero dell’Economia aveva un ammontare totale dei derivati sottoscritti dal Tesoro di 152 miliardi di euro e un mark to market negativo per 42 miliardi di euro, con una perdita del 30% (circa 1.750 euro pro-capite a famiglia); che di recente sono state vendute opzioni sui tassi d’interesse; che i parlamentari non hanno alcun diritto di accesso ai contratti, gettando così, attraverso la preclusione nell’accesso agli atti da parte di organi di rilevanza costituzionale, un’ombra inquietante sulla gestione dei derivati della Repubblica Italiana e sulla formazione del bilancio dello Stato; che chi ha gestito il debito pubblico è riuscito a produrre una perdita del 30% sul portafoglio dei derivati – un record assoluto se vogliamo credere che i derivati non nascondano, in realtà, dei prestiti camuffati contratti dallo Stato italiano con le banche; che la vendita di opzioni non è qualificabile come copertura di rischio, smentendo il ministro Padoan che tramite il suo portavoce aveva sostenuto che i derivati dello Stato italiano erano stati sottoscritti solo per copertura “come assicurare un’auto contro in rischio di furto ed incendio“; che il diniego dell’accesso agli atti opposto dal MEF ai parlamentari, giustificato dalla Cannata con “possibili giochetti” degli speculatori contro le posizioni del Tesoro, rendono il Parlamento all’oscuro delle modalità e della genesi del bilancio dello Stato che approvano con le manovre.

 

Considerato che:

A suscitare l’interesse degli inquirenti della Procura di Trani è, però, soprattutto il fatto che, all’epoca dell’incasso miliardario e ancora oggi, come confermato ai pm di Trani dalla European Securities and Markets Authority (Esma) a cui Consob ha rimpallato la domanda, Morgan Stanley è tra i soci di McGraw-Hill financial, a cui fa S&P fa capo. Dunque la banca d’affari guadagnò 2,5 miliardi facendo leva su un downgrade deciso da una sua partecipata, suscitando dubbi inquietanti sulla trasparenza dell’iter che portò l’agenzia a tagliare di un punto il giudizio sul debito italiano, con il conseguente scatenarsi della speculazione sui titoli di Stato della Penisola, le dimissioni di Silvio Berlusconi da premier e la nascita del Governo “tecnico” guidato da Mario Monti che, all’epoca del versamento dei 2,5 miliardi, ricopriva anche l’incarico di ministro dell’Economia.

Secondo l’Adusbef, dalle cui denunce (presentate insieme a Federconsumatori) sono partite le indagini della Procura di Trani, questi rapporti sospetti e i possibili conflitti d’interesse spiegherebbero anche perché il ministero dell’Economia, così come la Banca d’Italia e la Consob, non si sia costituita parte civile nel processo di Trani – decisione contestata dall’associazione dei consumatori, che ha di recente presentato un esposto alla Corte dei Conti chiedendo di accertare se questo “non integri la fattispecie di danno erariale“. “Forse lo ritiene imbarazzante, sapendo che quando pagò era già pendente il procedimento penale che dubitava della legittimità e trasparenza di quei declassamenti”, ipotizza ora il presidente Adusbef Elio Lannutti. Imbarazzo forse legato anche al fatto che, nelle ultime settimane, le società coinvolte Morgan Stanley e S&P hanno patteggiato con l’amministrazione Obama e con la SEC (ente federale che vigila sulla Borsa Usa) rispettivamente due multe da 2,6 e da 1,5 miliardi di euro per la vendita di quei mutui subprime che contribuirono a causare la crisi finanziaria.

Nella documentazione prodotta presso il Tribunale di Trani e depositata dal Pm Michele Ruggiero, è riportata anche la trascrizione della testimonianza dell’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, sentito nel marzo 2012 quando era ancora capo economista dell’OCSE, il quale riferisce di aver ritenuto “non giustificato” il declassamento deciso da S&P il 13 gennaio 2012 e conferma lo “stupore”, espresso in un’intervista pochi giorni dopo, per il fatto che la decisione fosse arrivata “proprio nel momento in cui il Governo stava prendendo azioni positive per affrontare la situazione”.

 

Per sapere, da ciascuno dei Ministeri interrogati, ciascuno per le proprie competenze:

– come mai il Tesoro, nonostante fossero già iniziate le indagini penali sui possibili interessi speculativi dell’agenzia di rating S&P, finite poi con un rinvio a giudizio di alcuni dirigenti sotto processo a Trani, l’Italia – che, ai tempi di Mario Draghi direttore generale del Tesoro, aveva firmato una clausola capestro con Morgan Stanley con penale risolutiva unilaterale in caso di declassamento, che permetteva alla banca di rientrare prima della scadenza ma non allo Stato – abbia pagato 2,5 miliardi di euro senza sollevare alcuna obiezione;

– se sono a conoscenza, ovvero se intendono prendere conoscenza, degli atti depositati a Trani dal pm Michele Ruggiero nel processo contro le agenzie di rating S&P e Fitch, dove emerge un quadro inquietante di intrecci equivoci e di sospetti di conflitto d’interesse, custoditi dal ministero dell’Economia sui derivati tossici sottoscritti dall’Italia con le banche di affari, i cui contratti capestro e le rilevanti perdite del 30% pari a 42 miliardi di euro su un debito di 154 miliardi, sono occultate perfino al Parlamento, dalla dott.ssa Maria Cannata, responsabile del debito pubblico, al fine di valutare l’opportunità di assumere iniziative a tutela degli interessi generali del Paese e a garanzia delle prerogative parlamentari;

– quali le ragioni che hanno indotto ministero dell’Economia, Bankitalia e CONSOB, a non costituirsi parti civile al processo di Trani, nonostante fossero state sollecitate dal Pm Michele Ruggiero, quali parti offese;

– se sono a conoscenza delle risposte lacunose ed evasive date dalla signora Cannata, capo della direzione debito pubblico del MEF, alle domande formulate dal Pm Ruggiero il 5 maggio 2014 nel corso di interrogatorio, da cui emergerebbe una posizione tendenzialmente ostile verso l’inchiesta del Pm tendente ad accertare la verità su fatti compiuti in danno della Repubblica Italiana;

– se siano a conoscenza degli esiti dell’attività investigativa che sarebbe stata avviata dal Procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi, a seguito delle denunce di Adusbef e Federconsumatori, sui derivati capestro e sui burocrati che avrebbero prosperato attorno al ministero del Tesoro, col sospetto di trarre benefici personali a fronte di una sospetta attività tesa a supportare e favorire interessi privati a discapito degli interessi dello Stato;

– se ritengano sussistere motivi di opportunità, anche riferiti agli obblighi di tutela del patrimonio dello Stato, tali da dover supportare, nei modi e nei termini consentiti dalla legge, la complessa attività svolta dagli inquirenti di Trani e se abbiano attentamente valutato l’esistenza di condizioni di rischio per la loro sicurezza tali da disporre misure di tutela per il Procuratore Capo Carlo Maria Capristo, per il Pm Michele Ruggiero e per l’intera Procura di Trani, impegnata in una complessa attività di giudiziaria contro i colossi dell’economia che in America patteggiano per i loro crimini economici e in Italia operano in un quadro normativo lacunoso e inadeguato, con la sospetta complicità anche di ordine istituzionale;

– se ritengano l’attuale normativa di disciplina delle società di rating adeguata a garantirne il corretto funzionamento e, in caso negativo, quali iniziative abbia assunto o intenda assumere, anche in una prospettiva di armonizzazione legislativa sovranazionale.

 

Sen. D’Ambrosio Lettieri

Sen. Romani Paolo

Sen. Bernini

Sen. Alicata

Sen. Malan

Sen. Liuzzi

Sen. Floris

Sen. Pelino

Sen. Bruni

Sen. Perrone

Sen. Tarquinio

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