DPCM SOSTITUISCONO I DECRETI LEGGE, E’ INCOSTITUZIONALE

Signor Presidente, abbiamo presentato la questione pregiudiziale al nostro esame, perché è probabilmente l’unico voto che ci sarà possibile esprimere sul provvedimento, perché, a meno che in questo caso non ci sia un’eccezione a quella che è diventata la regola, il disegno di legge di conversione del decreto-legge sarà votato con un voto di fiducia, per cui non si potrà in Aula votare alcun emendamento, neppure gli ordini del giorno. Di conseguenza, questa è l’unica occasione in cui ci si può esprimere sul decreto-legge. Ecco perché abbiamo presentato la questione pregiudiziale.

C’è un punto fondamentale – l’ha detto molto bene nell’illustrare la questione pregiudiziale il senatore Vitali – contenuto nell’articolo 5 del decreto-legge: si continua a sostituire la Costituzione, in particolare l’articolo in cui si dice che in casi straordinari di necessità e urgenza il Governo (ed è l’unico caso, lo dice chiaramente quell’articolo) può adottare provvedimenti aventi valore di legge con le modalità che sono illustrate, cioè con il decreto-legge.

Non si trova, nella Costituzione, un articolo che prevede casi talmente straordinari e urgenti, che bisogna ignorare anche l’articolo 77 e dunque usare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero uno strumento che in passato è stato sempre utilizzato per questioni di dettaglio o amministrative, non certo per provvedimenti che limitano le libertà dei cittadini (sia pure giustificatamente alla luce della Costituzione, qualora fossero adottati secondo le modalità previste dalla Costituzione stessa). In altre parole, i padri costituenti, che venivano da una guerra di cinque anni, con una guerra civile e con le distruzioni susseguenti alla guerra, che sapevano cos’era un caso di straordinaria necessità ed urgenza, hanno detto che il massimo che si può fare è usare il decreto-legge.

Peraltro il decreto-legge è velocissimo, è altrettanto veloce del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, perché entra in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Allora non si capisce: o vi inventate un modo per cui basta che il Presidente del Consiglio pensi qualcosa, come ai tempi delle monarchie assolute, e questo è legge, oppure non c’è nulla di più veloce del decreto-legge e, peraltro, nulla di più rispettoso della Costituzione. Invece, il Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, per cui, come ha detto il senatore Vitali, non ci sono il visto e l’autorizzazione del Presidente della Repubblica e non c’è il passaggio in Parlamento, con le garanzie previste. Il Parlamento, infatti, entro cinque giorni può far decadere immediatamente il decreto-legge. In questo caso, invece, non c’è alcuna di queste garanzie.

Oggi questo strumento viene usato per il Covid-19, ma un domani potrà essere usato per un’altra cosa, ad esempio per l’emergenza economica, causata dai danni del Covid. Se ci saranno molte persone senza lavoro e se ci saranno molti disperati in giro, si potranno dunque limitare ulteriormente la libertà personali, usando di nuovo un decreto, che è incostituzionale per come è scritto e per la sua natura. Colleghi, quello che state facendo è pericolosissimo. Se pensate che il vostro Governo non farebbe mai una cosa del genere – evidentemente ve ne fidate, altrimenti non dovreste votare la fiducia – ricordate però che i Governi cambiano, ma le procedure, una volta che sono state usate, è molto facile che rimangano. Cosa direte ad un futuro Governo, che usasse il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, indebitamente, per un’emergenza che decide lui solo? Direste che quel Governo non può usare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri? (Applausi). Sarete voi la causa di quell’eventuale e futuro abuso.

Qui c’è sempre di più la tendenza, infatti, a spostare altrove le decisioni: non si decide più in Parlamento, ma si decide in Consiglio dei ministri, anzi decide da solo il Presidente del Consiglio dei ministri. Non si decide qui, ma decide la Corte costituzionale. Non si decide qui, ma decide l’Agenzia del farmaco. Non è che siamo affezionati al nostro ruolo e ci sentiamo eventualmente defraudati, se le decisioni vengono prese da un’altra parte, ma c’è un “piccolo” problema: il Senato e la Camera dei deputati sono gli unici organi nazionali eletti dai cittadini. (Applausi). Non sono eletti dai cittadini né l’Agenzia del farmaco, né la Corte costituzionale e neppure il Presidente del Consiglio dei ministri, pur avendo la fiducia delle Camere, ai sensi della Costituzione. La Costituzione, però, invece di farne spezzatino, come state cercando di fare, va rispettata nel suo insieme. Dunque, un Governo, pur presieduto da una persona che neppure si è presentata alle elezioni, è legittimo costituzionalmente, se l’intera Costituzione viene rispettata e se le leggi vengono fatte o in Parlamento o per decreto-legge e non con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e se il Governo, in un’epoca in cui dice che c’è un’emergenza, non la usa per inserire nei provvedimenti della cosiddetta emergenza ogni sorta di misura, che nulla ha a che fare con tale emergenza.

È legittimo, se si rispetta il Regolamento della Camera e il Regolamento del Senato, che agli articoli 148 e 153 prevede che alle interrogazioni si risponde entro 15 giorni, per quelle a risposta orale, ed entro 20 giorni, per quelle a risposta scritta.

Da settimane sono senza risposta, oltre a quelle ordinarie, interrogazioni su misure prese alla luce dell’emergenza. Potrei fare decine di esempi, ma mi limiterò a due.

C’è innanzitutto l’interrogazione sul famoso acquisto di 2.400.000 banchi di scuola: a più di due mesi da quando i contratti sono stati perfezionati – ne siamo a conoscenza da comunicati – non sappiamo da chi siano stati comprati e a quale prezzo. Nell’unico contratto del quale abbiamo avuto contezza, che poi è stato dichiarato annullato due giorni dopo che è venuta fuori la notizia, c’erano prezzi da tre a sette volte superiori a quelli di mercato, con acquisto da una società che non aveva alcuna esperienza nel settore, né aveva in passato un fatturato minimamente paragonabile all’acquisto che veniva fatto. Ancora non sappiamo nulla al riguardo: è un’indecenza. Dovrebbe essere il Governo a chiedere di venire a rispondere (Applausi), invece, dopo due mesi, ancora non sappiamo niente.

Non c’è risposta neppure all’interrogazione riguardante una delle tantissime disposizioni inserite per ragioni di straordinaria necessità e urgenza che guarda caso, nel modificare la disciplina della tassa di soggiorno, sgrava il procedimento a carico di una persona legata per via familiare o di convivenza al Presidente del Consiglio: parliamo del padre di colei che è notoriamente la compagna del Presidente del Consiglio, che è stato sgravato da un’accusa da poco che gli poteva costare fino a dieci anni e sei mesi di reclusione. L’interrogazione chiede di sapere se il Presidente del Consiglio ne era a conoscenza e se aveva contezza della situazione di questa persona a lui in qualche modo legata. Non c’è stata risposta. (Applausi).

Notate bene che il Regolamento del Senato prevede anche la facoltà per il Governo di dichiarare di non poter rispondere, indicandone i motivi e giustificando: non è avvenuto neppure questo.

Allora, se non si rispetta il Regolamento del Senato, se non si rispetta l’articolo 77 della Costituzione, è l’insieme che non funziona.

Gentile collega Valente, lei ha usato un’argomentazione logica chiedendo perché, se vogliamo il ruolo del Parlamento, chiediamo che non si discuta questo decreto-legge. Lo chiediamo perché questo decreto-legge è nella logica di spostare altrove le decisioni, alla faccia dell’articolo 70 della Costituzione, secondo il quale le leggi si fanno qui in Parlamento e dell’articolo 77, secondo il quale, se c’è straordinaria necessità ed urgenza, il Governo adotta un decreto-legge che passa dal Presidente della Repubblica immediatamente al Parlamento e non da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su cui noi non possiamo intervenire.

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