Editoria: razionalizzazione dei contributi pubblici, ma senza far cessare da un giorno all’altro un sostegno che c’è sempre stato

Intervento in Aula del senatore Malan, relatore del provvedimento sull’editoria

Signora Presidente,

la collega Adamo ha fornito un ottimo quadro della connotazione del provvedimento, delle sue motivazioni e del modo in cui agisce, in una situazione in cui bisogna contemperare due esigenze: quella del risparmio di risorse economiche, dato il momento, e quella di non far mancare improvvisamente un sostegno, che è stato dato per molti anni, all’editoria periodica. Questo sostegno alle testate di quotidiani e periodici non è una particolarità dell’Italia: molti Paesi europei lo fanno, altri in modo anche più generoso di quanto è stato fatto in Italia nel passato.

Credo, tuttavia, che un aspetto doveroso sia stato quello di andare verso una riduzione – ma, soprattutto – una razionalizzazione e una configurazione di questi contributi, in modo da evitare il più possibile le opportunità di abuso che ci sono state probabilmente nel passato, in alcuni casi anche con delle contestazioni specifiche.

Nel corso degli ultimi anni c’è stata una forte riduzione di questi contributi; in particolare, è stato soppresso, pochi anni fa, il contributo alle imprese editoriali per quanto riguarda la carta. Era un contributo che veniva dato in proporzione all’uso della materia prima – carta, per l’appunto – che consisteva nell’erogazione di somme anche molto elevate: c’erano singole imprese che, sulla base del volume dei consumi, ricevevano anche più di 10 milioni di euro. Questa forma di finanziamento, di sostegno, è stata soppressa; casualmente, nello stesso periodo è iniziata la campagna contro le istituzioni – in particolare contro il Parlamento – da parte di alcune importanti testate, soprattutto quelle che erano destinatarie di una generosità particolare per le loro attività.

Trattandosi di imprese a tutti gli effetti (questo va ad onore di imprese che hanno una loro autonomia e una loro capacità industriale), è logico che vengano messe sul piano di qualunque altra impresa, con la particolarità di avere una tariffa IVA estremamente agevolata – come, del resto, avviene in altri Paesi per la cultura e per l’informazione. Pertanto, è quello che resta oggi accanto a questi contributi come sostegno all’editoria periodica. I contributi di cui stiamo parlando vengono, pertanto, riservati soltanto a determinate categorie di testate, che devono rientrare in una delle previsioni della legge preesistente a questo decreto.

La scelta che è stata fatta dal Governo per quanto riguarda, poi, la rimodulazione dei costi, in presenza di una riduzione degli stessi, è stata quella di restringere le voci sulle quali è ammissibile il rimborso. In questo modo si ottiene un risultato di razionalizzazione, perché sono stati individuati i costi il più possibile attinenti e intrinseci all’attività di un periodico, quali l’assunzione di giornalisti e di poligrafici e le spese per la stampa e la distribuzione.

Ci sono emendamenti, che speriamo possano essere accolti (dico «speriamo» anche perché siamo ancora in attesa dei pareri della Commissione bilancio), che allargano un po’ questo ambito. È importante capire la ragione di questa riduzione delle voci: anziché mantenere inalterate le voci per poi ridurle per via del tetto rigido che è stato posto ai fondi destinati a questo fine, si è scelto di ridurre le tipologie di spese rimborsabili, in modo da dare tendenzialmente per intero il contributo previsto senza sforare il tetto. In questo modo, inoltre, si evitano gli abusi legati a – diciamo così – artifici contabili o societari, che facevano sì che qualcuno ricevesse più del dovuto; il che, nell’ottica odierna, andrebbe non solo a scapito delle casse dello Stato, e dunque del denaro del Contribuente, ma anche di altre testate che, a causa del meccanismo del tetto, si vedrebbero ridurre quanto da loro proposto. Ecco perché nella valutazione degli emendamenti rientra anche questo criterio.

Le richieste di allargare determinati parametri devono essere considerate, certo, alla luce delle esigenze che esse mirano a soddisfare, ma anche alla luce del fatto che, se si dà di più a qualcuno, bisogna dare di meno a qualcun altro: non si tratta di dare di più e salvare gli altri.

Vi sono, poi, norme che si riferiscono alle testate che avevano già precedentemente i requisiti per accedere ai finanziamenti per il loro passaggio al digitale. Questo comporta una valutazione diversa delle uscite, per la natura diversa dello strumento che consente questo passaggio.

Vi sono, infine, norme che riguardano la pubblicità istituzionale. In particolare, si prevede che debbano essere praticati i prezzi più bassi praticati da quella testata per la pubblicità ordinaria. È questa, probabilmente, una penalizzazione degli editori che ricevono questa pubblicità, perché si trovano a dover praticare tariffe molto basse, alla pari di altre imprese che, però, forse garantiscono maggiori volumi. È una forma di razionalizzazione e di riduzione della spesa in questo senso.

I lavori della Commissione sono stati, come ha già detto la Collega Adamo, positivi. Abbiamo approvato alcuni emendamenti e ne abbiamo elaborati altri, alla luce delle indicazioni del Governo e dei senatori che rappresentano la Commissione e a seguito di consultazioni. In Assemblea dovremo ancora svolgere del lavoro, che ritengo sarà positivo.

È importante arrivare a un risultato perché, senza l’approvazione di questo decreto, rischieremmo di applicare la norma contenuta nel decreto “Salva-Italia” nel modo più radicale, arrivando alla cancellazione di questi contributi – cosa che, credo, nessuno ragionevolmente può volere.

Comprendo le istanze di coloro che sostengono che ciascuno deve riuscire ad andare avanti con le proprie forze. Ciò in astratto può anche essere condivisibile ma, nell’immediato, far cessare da un giorno all’altro un sostegno che c’è sempre stato credo che non sia davvero sostenibile, perché causerebbe una perdita di posti di lavoro oltre che di un patrimonio culturale e informativo importante per il nostro Paese e, soprattutto, sarebbe un atto non leale da parte dello Stato nei confronti di questi soggetti; perché si possono fare tante richieste ma non quella di riuscire a fare a meno improvvisamente, da un giorno all’altro, di un sostegno in molti casi molto importante nei bilanci – specialmente in un periodo difficile come quello che stiamo attraversando.

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