Il Premier qualifica come “di guerra” la presenza dei nostri militari in Iraq, esponendo i nostri soldati a gravi pericoli

I nostri militari furono mandati in Iraq a guerra finita, per una missione di pace autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e con compiti fissati dal Consiglio Supremo della Difesa e promulgati dal Presidente della Repubblica

Interrogazione dei senatori Malan e Stracquadanio al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell’Interno e della Difesa
Premesso che:

nelle sue dichiarazioni programmatiche al Senato, giovedì 18 maggio 2006, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha affermato testualmente: «Scegliamo di mettere al centro dell’azione dell’Italia la promozione della democrazia, dei diritti umani, politici, sociali ed economici, a cominciare dai diritti delle donne. È per questi valori e questa visione del mondo che, così come in alcuni casi abbiamo ritenuta legittima e doverosa la partecipazione militare dell’Italia a importanti missioni di pace, delle quali andiamo orgogliosi, non abbiamo invece condiviso la guerra in Iraq e la partecipazione dell’Italia a tale guerra»;

nonostante uno degli interroganti e diversi altri esponenti dell’opposizione abbiano sottolineato la gravità di tale affermazione, il Presidente del Consiglio non l’ha in alcun modo smentita, né in sede di replica né in alte circostanze, confermando dunque che la presenza militare dell’Italia in Iraq si configura come partecipazione ad una guerra;

neppure i Ministri in indirizzo hanno ritenuto di smentire o dissociarsi dalle dichiarazioni suddette;

il primo periodo dell’articolo 11 della Costituzione recita: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»;

i compiti dei contingenti militari italiani sono stati fissati da decreti legge puntualmente convertiti dal Parlamento con leggi promulgate dal Presidente della Repubblica Ciampi, e furono fissati dal Consiglio Supremo di Difesa presieduto dallo stesso Presidente della Repubblica, secondo la procedura prevista dalla Costituzione;

il Presidente Ciampi ha inoltre più volte ricordato pubblicamente durante il suo mandato che i nostri militari furono mandati in Iraq a guerra finita, e per una missione di pace autorizzata con più di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;

durante tutto il periodo di presenza militare italiana in Iraq, nulla è cambiato nella natura giuridica e militare dell’operazione e dunque, in base alle citate dichiarazioni, l’Italia a tutt’oggi starebbe partecipando a una guerra;

a giudizio degli interroganti, il fatto che il nostro Governo qualifichi come “di guerra” la presenza di militari italiani in territorio straniero è senza precedenti nella Storia della Repubblica Italiana, e pone i nostri soldati e il nostro Paese nel suo insieme in una situazione di particolare pericolo,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo concordino con le affermazioni del Presidente del Consiglio;

se ritengano ciò che il Presidente del Consiglio ha definito in sede ufficiale e solenne “partecipazione a una guerra” compatibile con l’articolo 11 della Costituzione;

in caso affermativo, quali siano a loro parere i presupposti per cui l’Italia può, analogamente a quanto sta accadendo, legittimamente partecipare a una guerra;

in caso invece ritengano la assenta partecipazione dell’Italia alla guerra in Iraq contraria all’articolo 11 della Costituzione:

quali urgentissimi provvedimenti intendano prendere per porre fine a tale violazione;

quali urgentissime misure intendano prendere per tutelare la sicurezza dei militari e dei cittadini italiani coinvolti in una guerra;

quali azioni intendano intraprendere nei confronti di coloro che hanno partecipato alla violazione della forma e della sostanza di uno dei principi supremi della legge fondamentale della Repubblica;

se considerino anche la missione in Afghanistan o altre come “partecipazione a guerre” e quali misure intendano prendere di conseguenza.

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