Piano ambientale sanitario già rinviato un anno prima che scada, immunità penale e amministrativa anche all’affittuario e all’acquirente, brutte notizie per i creditori del Gruppo
Intervento in Aula sulla cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA
Signora Presidente, vorrei leggere l’articolo 77 della Costituzione che concerne i decreti-legge e che noi dovremmo ricordare.
L’articolo 77, al comma 2, stabilisce che il Governo adotta provvedimenti provvisori con forza di legge in casi straordinari di necessità e urgenza. Al contempo, l’articolo 70 statuisce, con mirabile sintesi, che le leggi vengono fatte dalle Camere e non dal Governo.
Ho sentito l’Onorevole relatrice parlare della retorica degli undici decreti-legge. Io non farò retorica ma dirò che sul tema ci sono undici decreti-legge, cinque dei quali approvati dall’attuale Governo. L’urgenza – o, ancora meglio, la straordinaria urgenza – nella migliore delle ipotesi c’è perché si è aspettato fino al giorno di questo decreto-legge per prendere talune misure sull’emergenza che si è verificata quattro anni fa. Quindi, l’urgenza è determinata non dalla situazione ambientale (con tutti i problemi ad essa connessi) dell’ILVA di Taranto ma è causata, semmai, dalla cattiva legiferazione che si è fatta con i precedenti dieci decreti-legge, ivi inclusi quelli emanati da questo Governo, che non sono riusciti a risolvere il problema. Nella migliore delle ipotesi, non sono riusciti a risolvere il problema perché contenevano anche errori, tanto è vero che questo decreto-legge esordisce con correzioni dell’ultimo provvedimento. Si fa, cioè, una misura d’urgenza evidentemente preparata da mesi – perché, appunto, l’ILVA di Taranto rappresenta una situazione con gravi difficoltà (profili ambientali, occupazionali e così via) che è ben nota da parecchi anni. Tuttavia, benché questi decreti-legge vengano preparati con mesi di anticipo – come è palese – si fanno anche sbagliati, tant’è vero che dopo pochi mesi si deve intervenire di nuovo per correggerli. Con un disegno di legge? No, con un decreto-legge, perché il Governo vuole continuare a fare le leggi da solo, perché più le fa da solo più evita di dover sottoporre i suoi provvedimenti a un giusto e corretto vaglio del Parlamento. Dico un’altra banalità, ma va ricordata perché altre volte sembra che persino noi legislatori ce lo dimentichiamo: il decreto-legge non entra in vigore dopo sessanta giorni dalla conversione in legge ma entra in vigore subito. Quindi, se ci sono errori, sono sbagliati subito. Come se non bastasse, ci si posiziona in modo da far esaminare i decreti-legge in una sola Camera. Questa volta, l’altro ramo del Parlamento, a differenza di quanto accaduto in altre circostanze, non è stato particolarmente lento e ci ha passato questo il testo in tempi tali per cui delle correzioni ancora si potevano fare; tuttavia, la Maggioranza ha deciso di non modificarlo in Commissione e non credo di fare un grande vaticinio, né di rischiare molto, nel ritenere che verrà posta la fiducia anche questa volta (sarà la numero 62 o 63).
Evidentemente, siamo di fronte a un modo di legiferare che non soltanto è contrario alla Costituzione, ma anche alla risoluzione dei problemi. Il primo decreto-legge poteva essere giustificato dalla straordinaria necessità e urgenza ma non i successivi. Non c’è più l’urgenza; c’è una situazione difficoltosa ma, evidentemente, non c’è più quella straordinaria necessità e urgenza che si è verificata quando l’emergenza è stata realmente prodotta. Sull’abuso della decretazione d’urgenza ci sono stati richiami del Presidente della Repubblica attuale e del precedente; inoltre, la Corte costituzionale, nell’ormai lontano 1996, rilevò la incostituzionalità del decreto-legge iterato o reiterato e, in questo caso, con la continua produzione di decreti-legge sempre sullo stesso argomento; almeno su alcuni punti, siamo proprio vicini, se non addirittura di fronte, a casi di reiterazione.
Sono tutti provvedimenti che non hanno risolto il problema (né quello della popolazione dell’area di Taranto né quello dei lavoratori del gruppo, e neanche quello dei turisti che frequentano quella bella Regione) e, pertanto, bisognerebbe davvero interrogarsi sul significato della Costituzione. Se la Costituzione sta lì per qualche ragione, innanzitutto non andrebbe violata; inoltre, se qualcuno pensa di essere così intelligente da fare meglio della Costituzione, dovrebbe dimostrarlo risolvendo il problema; invece, qualcosa mi dice che se, anziché undici decreti-legge, fosse stato presentato un disegno di legge – con la possibilità di discuterlo, di approfondirlo, di confrontarsi con la popolazione locale, con i controinteressati – forse si sarebbe risolto qualche problema in più.
Nel merito, vediamo che ci sono anche alcuni aspetti sconcertanti: a quattro anni dal prodursi dell’emergenza, nel decreto-legge in esame, che è stato straordinariamente necessario e urgente approvare, è presente un provvedimento che concede una proroga di ben diciotto mesi alla scadenza per l’attuazione del piano ambientale sanitario, che era stato stabilito con un altro provvedimento di straordinaria necessità e urgenza. Quando scadono questi diciotto mesi? Forse da domani? In questo caso, almeno si giustificherebbe l’urgenza. No, scadono il 30 giugno 2017, quindi è straordinariamente necessario e urgente stabilire più di un anno prima (perché il decreto-legge non è stato approvato ieri dal Governo ma il 9 giugno) che un termine del 30 giugno 2017 va prorogato di altri diciotto mesi. È straordinario: significa che in questo anno, ancora una volta, non sarà possibile risolvere la situazione, dunque è veramente sconcertante. Ripeto che non si tratta di un piano qualsiasi, ma della messa in sicurezza di quell’area dal punto di vista ambientale per la salvaguardia dell’ambiente e delle persone. Già sappiamo, però, che si danno altri diciotto mesi, quindi evidentemente i casi sono due: o nei numerosi decreti-legge precedenti è stata fatta una valutazione totalmente errata dei tempi necessari per risolvere la situazione, o adesso si sta concedendo una proroga totalmente ingiustificata. Infatti, se la valutazione era stata giusta, allora qualcuno non ha fatto ciò che doveva e si prevede che non lo farà nei prossimi dodici mesi, al punto che bisogna dargli altri diciotto mesi.
Un altro punto delicato nel contenuto concerne l’estensione dell’immunità penale e amministrativa per l’esecuzione del predetto piano ambientale non più soltanto al commissario straordinario e ai soggetti da lui delegati. (Questo sì che è straordinario, ma non straordinariamente necessario e urgente). Questa immunità viene estesa anche all’affittuario e all’acquirente dell’acciaieria. Qui abbiamo un’altra questione degna di qualche commento. È molto curioso: si stabilisce l’immunità di qualcuno; questo vuol dire o che questa immunità è totalmente ingiustificata o che, se è giustificata, nel nostro Paese le leggi che colpiscono in generale tutte le imprese sono fatte così male che, quando si deve davvero risolvere un problema, bisogna consentire di violare la legge assicurando l’impunità – altrimenti il problema non si può risolvere. Ciò dovrebbe sollevare qualche domanda: se è necessario (anzi, straordinariamente necessario e urgente) per l’ILVA, forse lo è anche per le centinaia di migliaia di imprese che ogni giorno lottano contro una burocrazia asfissiante che impedisce loro di fare le cose, per l’appunto, straordinariamente necessarie e urgenti. Per l’ILVA scopriamo, però, che violare la legge è indispensabile; può darsi che sia vero ma, allora, cambiamo quelle leggi e non solo per l’ILVA, perché dopo quattro anni – ripeto – l’urgenza non c’è più (resta l’emergenza perché il problema non è stato risolto).
Infine, abbiamo un’altra brutta notizia: il prestito di 300 milioni di euro stanziato dallo Stato in favore dell’ILVA non sarà restituito – come era stato stabilito pochi mesi fa in un altro decreto-legge straordinariamente necessario e urgente – dalla società vincitrice della gara, ma sarà restituito dall’amministrazione straordinaria dell’attuale Gruppo ILVA, anteponendolo agli altri debiti iscritti alla procedura. In altre parole, i creditori del Gruppo sanno che sono retrocessi di 300 milioni: belle notizie per i creditori e per le imprese che rischiano di fallire, perché dopo quattro anni di intervento, lo Stato non riesce neppure a garantire i principali creditori dell’ILVA.
Per tali ragioni, chiediamo che non si proceda con l’approvazione di questo provvedimento: fate un disegno di legge come si deve e risolviamo il problema, anziché aggiustare con qualche pezza gli errori fatti dai Governi precedenti e dall’attuale più che dagli altri.