La RAI come ultimo tassello della presa di Potere

Un Governo che esprime un quarto degli Italiani votanti si prende l’intero servizio pubblico pagato da tutti i Cittadini

Intervento in Aula nella discussione sulla riforma della RAI

Signor Presidente, la questione di come viene gestito l’assetto del servizio pubblico è estremamente importante per la nostra democrazia. Non ce la inventiamo noi oggi; ricordiamo che, durante i Governi del centrodestra, la questione della RAI era fondamentale. Ogni giorno si parlava di RAI e del fatto gravissimo che, nell’ambito del servizio pubblico, si desse spazio anche alle posizioni delle parti politiche che rappresentavano la maggioranza del Paese e che, di conseguenza, esprimevano il Governo.

Oggi, invece, si ritiene che la questione non sia importante, e si ritiene corretto che la RAI diventi una proprietà privata del Governo – cosa ben diversa dal Parlamento. Ricordiamo che la RAI è proprietà dei cittadini italiani, che ne sono azionisti attraverso il Tesoro, che possiede il 99 per cento di questa importantissima azienda del nostro Paese. E i cittadini non sono tutti rappresentati dal Governo, quand’anche il Governo avesse l’appoggio del 51 per cento dei cittadini – come, per certi versi, sarebbe normale. L’attuale Governo è espressione di Partiti che, nei più favorevoli dei sondaggi, non raggiungono il 40 per cento; anzi, stanno ben al di sotto, perché stanno intorno al 35 per cento. Mi riferisco a quei cittadini che nei sondaggi dicono che potrebbero votare per questo o per quel Partito; la stessa cosa si osserva se andiamo a vedere i risultati delle elezioni. Ebbene, questo Italiano su cinque o questo Italiano su sei, che ha votato per uno dei Partiti che sostengono questo Governo, è in qualche modo rappresentato in una RAI che sia espressione del solo Governo. Ma questo è esattamente l’opposto di ciò che deve essere un servizio pubblico.

Il Governo, in qualunque Paese, ha una certa facilità ad ottenere, nei mezzi di comunicazione di massa, visioni dei fatti simpatetiche con il Governo stesso. La difficoltà è per tutti gli altri Partiti, evidentemente. Infatti, gli osservatori internazionali della democraticità di un Paese non si limitano ad andare a verificare se in quel Paese ci sono le elezioni, perché quasi tutti i Paesi tengono delle elezioni, ma vanno a verificare – molti di noi l’hanno fatto, come osservatori internazionali, in occasione delle elezioni in altri Paesi – qual è la situazione dei media. Verificano, cioè, chi ha il controllo sui mezzi di comunicazione di massa e, in particolare, come viene gestito un servizio pubblico di comunicazione, di televisione e di radio, che molti Paesi hanno e l’Italia ha da molto tempo, prima ancora che ci fosse la Repubblica.

Ebbene, con la situazione che si delinea con questo disegno di legge avremo un Consiglio di Amministrazione che conterà quasi nulla e sarà poco più che rappresentativo, potendo – pensa un po’, e solo grazie ai nostri emendamenti – esprimere pareri, mentre tutto il potere starà nelle mani del direttore generale e amministratore delegato, che potrà decidere tutto quanto.

Si tratta di una situazione di occupazione del potere inquietante, anche alla luce di quanto avviene ogni giorno: una occupazione sistematica del potere attraverso nomine negli enti pubblici. E ieri l’abbiamo vista nella Corte costituzionale che, per la prima volta in quasi settant’anni di Repubblica, non ha alcun giudice che sia espressione del centrodestra, che – secondo alcuni sondaggi – rappresenta la parte più importante dell’elettorato del nostro Paese e, in ogni caso, una delle due parti più importanti. Tutto ciò è già inquietante con l’attuale situazione di occupazione del potere. Figuriamoci una volta che dovesse passare la sciagurata riforma costituzionale ed elettorale, che metterebbe tutto il potere direttamente nelle mani, senza neanche bisogno degli abili o spudorati trucchi messi in atto negli ultimi mesi e giorni, di un singolo Partito, che conta il consenso del 25 per cento dei pochi Italiani che vanno a votare. Nel frattempo ci si premunisce, impadronendosi e occupando militarmente la RAI.

Quando la legge Gasparri, che è quella attualmente in vigore, ha dato vita alla situazione esistente, nella quale si registra un’ampia rappresentanza e una reale garanzia di pluralismo nella RAI, l’attuale Partito Democratico si è lanciato in ogni sorta di manifestazione. Ricordo i girotondini, gli intellettuali a gettone – gli stessi che magari pochissimi anni prima erano per quella bella situazione di libertà che vigeva in Unione Sovietica – che si scatenavano contro l’occupazione berlusconiana della RAI. Quelle stesse persone oggi sono dalla parte di chi occupa, di chi vuol fare della RAI – anche se non avesse l’importanza che ha dal punto di vista mediatico, è comunque una importantissima azienda e, in particolare, è un patrimonio pubblico – una sorta di quotidiano di regime, un mezzo multimediale di regime che deve obbligatoriamente rappresentare la visione di una sola parte.

È vero, gli Italiani sono molto più intelligenti di come i demagoghi da strapazzo li ritengono, e non basterà raccontare loro attraverso il servizio pubblico che tutto va bene, perché la realtà è più forte anche della più pervicace e insinuante delle propagande. Ma una situazione di questo genere non è accettabile. Si tratta, infatti, non solo di proporre una visione delle cose in modo diverso e dare prevalenza alle opinioni di una parte, ma anche di evidenziare o cancellare determinate notizie. La RAI cancellerà tutte le notizie – molti già si danno da fare per farlo oggi, naturalmente – che sono scomode a lorsignori del Governo, i quali devono rapinare i pensionati in barba alle sentenze della Corte costituzionale e occupare militarmente la Corte costituzionale, emanando poi decreti aventi una forte attenzione per i banchieri e una piccolissima per coloro che dai banchieri stessi sono stati truffati e così via.

Dunque, per perpetrare più a lungo e possibilmente per decenni queste situazioni, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha bisogno di una RAI inginocchiata che soffochi le voci di dissenso e altresì di una Costituzione che tolga ogni spazio al dissenso per poter continuare in quella direzione in modo maggiore. Se già fa queste cose adesso, sapendo – bene o male – che delle elezioni più o meno normali ci potranno ancora essere, figuriamoci al momento in cui avrà tutto in mano e avrà tentato la normalizzazione del Paese.

Ebbene, benché ci sia già oggi la tendenza a non parlare del problema, questo è uno scempio e un gravissimo attentato alla democrazia. Thomas Jefferson disse che, perché una democrazia funzioni – e parliamo del XVIII secolo – ci vogliono essenzialmente due cose: istituzioni funzionanti e una comunicazione (all’epoca si chiamava Stampa) libera e pluralista e, delle due, riteneva più importante la comunicazione pluralista. Ecco perché l’attuale Governo vuole prima soffocare l’informazione plurale e poi soffocare la democrazia, anche nella sostanza.

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