Massimo 140 euro al mese, quando va bene, per ogni famiglia italiana con un bambino e 1.000 per ogni immigrato. 7 euro all’anno per i caregivers familiari ma 120 milioni all’Iran, che minaccia col nucleare anche l’Europa e ha già promesso la distruzione dello Stato di Israele
Intervento in Aula nella discussione della Legge di Bilancio
Signora Presidente, Signor rappresentante del Governo, Colleghi,
la Legge di Bilancio stabilisce le priorità di un Governo, di una Maggioranza, di un soggetto politico rispetto alle spese del Paese. In questa sessione sono state approvate, ad esempio, le due misure di cui più si parla – giustamente – in questi giorni e che sono state approvate, peraltro, sulla base di emendamenti presentati dall’Opposizione e poi recepiti e votati anche dalla Maggioranza: il ripristino del bonus bebè (che nel testo originale non c’era) e l’istituzione del fondo per i cosiddetti caregiver – coloro che si prendono cura di famigliari malati in casa propria.
Due cose buone, ma la Legge di Bilancio stabilisce, per l’appunto, le priorità e le quantità. È una bella cosa che siano stati toccati questi due argomenti ma, quando si parla di soldi, c’è poco da fare, evidentemente il punto è la quantità. E qual è la quantità? Per il bonus bebè, come si evince dalla copertura, sono previsti all’incirca 100 milioni quest’anno e 100 milioni l’anno dopo. Si parla, di solito, delle cifre anno per anno: diciamo quindi un centinaio di milioni, anche se quest’anno sono leggermente di meno. Bene, molto più di niente; peraltro, meno dell’anno scorso. Questo si concretizza nel fatto che le famiglie con bambini di età inferiore a tre anni, che siano al di sotto di livelli parecchio bassi di reddito, avranno un beneficio di 80 euro al mese. A partire dall’anno prossimo, tale beneficio sarà pari a 40 euro. Questo significa che il riconoscimento che lo Stato dà a una famiglia che decide di mettere al mondo un bambino è – al massimo e solo per chi è a basso reddito – all’incirca di 140 euro al mese o 100 a partire dall’anno prossimo, sommando questo bonus con quello che viene riconosciuto in detrazione per un figlio a carico. Anche in tal caso, meglio di niente.
Sappiamo però che, a fronte di questi 100 milioni di euro che vengono stanziati per il bonus bebè, 5 miliardi di euro – in base alle dichiarazioni del Governo – servono per l’accoglienza immediata degli immigrati. I 600.000 immigrati che, con grande determinazione, l’attuale Governo e quello precedente hanno voluto portare in Italia in ogni modo, vantando il fatto – come detto pochissimi giorni fa dal Presidente del Consiglio Gentiloni Silveri – che l’Italia è l’unico Paese ad avere una politica decente sull’immigrazione. Ciò nel suo pensiero significa una politica di vasta accoglienza. Nessun’altro Paese in Europa lo fa, noi lo facciamo. C’è una bella sproporzione: 5 miliardi contro 100 milioni. Per gli immigrati viene stanziata una cifra 50 volte superiore di quella che viene data per i nuovi nati.
Parlando del beneficio per la singola famiglia, sappiamo che, al di sopra di un reddito non certo stellare, una famiglia italiana ha zero benefici per un figlio a carico – o, meglio: può avere una detrazione di circa 600 euro l’anno, pari a circa 50 euro al mese purché non sia al di sopra di un certo reddito, che possono diventare fino a 140 per chi ha basso reddito. Ciascuno di questi 600.000 immigrati giunti negli ultimi anni costa, invece, più di 1.000 euro al mese, senza contare i circa 200 euro al mese che costa l’assistenza sanitaria per ogni residente in Italia, italiani e stranieri, i quali si ammalano tanto quanto noi. Essendo più giovani, inoltre, si ammalano in misura minore delle malattie tipiche della terza età ma in misura maggiore di malattie che portano dai loro Paesi d’origine. Chiedere ai medici che si occupano di queste persone di cosa si tratta, in particolare agli urologi. Benché la media di questi immigrati sia molto giovane, è purtroppo affetta da malattie molto problematiche da trattare e alle quali il nostro sistema sanitario non è abituato, creando un grande aggravio per le nostre spese.
Ci sono inoltre i bambini, che giustamente frequentano le nostre scuole. Ogni bambino che va a scuola, italiano o straniero, costa allo Stato circa 700 euro al mese – ivi inclusi i mesi estivi. Quindi, senza contare questo, per ogni immigrato si trovano più di 1.000 euro al mese, per ogni famiglia con bambino – forse, quando va bene – 140, nei casi medi intorno ai 50, in molti casi zero assoluto. Questo ci dice che, evidentemente, le priorità che si danno sono diverse da quelle che credo la maggior parte degli Italiani vorrebbe. Come già detto proprio in questi giorni – perché è un tema di attualità e teniamo presente che la Legge di Bilancio dura un anno – l’ISTAT ha reso noto che, come in tutti gli anni di questa legislatura, c’è stato un record negativo di nascite: nel 2016 sono scese a 473.000, con poco più di 400.000 bambini italiani, sommando i bambini nati da entrambi i genitori italiani a quelli nati almeno da un genitore italiano che, come è giusto che sia, hanno la cittadinanza italiana. Abbiamo 400.000 nati in un anno. Pensate che, nel 1964, nacquero più di un milione di bambini. Stiamo parlando sempre dell’Italia, non di un altro Paese. Negli anni precedenti e seguenti, la cifra era di poco inferiore a un milione. Oggi siamo a 400.000. Si vedono i risultati delle priorità che si danno. Si mettono 5 miliardi per gli immigrati e 100 milioni per i bambini: è normale che vengano molti più immigrati che bambini. Infatti, i risultati si vedono.
Vorrei sottolineare un altro punto, contrapponendo cifre distanti come quelle che ho già citato. La questione dei caregiver è giustissima. Nel medio termine e, forse, nel breve termine può essere un risparmio per lo Stato – se è uno stimolo vero per le famiglie a prendersi cura direttamente, con grande beneficio per la persona curata, essendo in un ambiente familiare anziché spersonalizzata altrove. Ma quanto viene stanziato? 60 milioni in tre anni, 20 milioni all’anno. Qualcuno, spero abbondando nelle cifre, ha detto che le persone che dovrebbero fruire di questa assistenza, ovvero le loro famiglie, sono 3 milioni – il che farebbe la bellezza di sette euro all’anno, che non credo cambi la situazione neanche nelle famiglie più disagiate. È un segnale positivo, che però rimane solo tale. Noi troviamo appena 20 milioni per le famiglie che si prendono cura in casa delle persone non autosufficienti e che hanno bisogno di assistenza continua (che è praticamente nulla, anche se speriamo che il fondo si incrementi) ma con l’articolo 32 si trovano 120 milioni (una quantità di denaro sei volte più grande) per tutelare chi ha fatto investimenti in Paesi che il gruppo internazionale specializzato su queste cose ritiene a grave rischio perché sono Paesi inaffidabili o aggressivi verso i loro vicini. Ci sono Paesi minori, ma tutti sanno che il centro di questo provvedimento è l’Iran. Tre giorni fa, il vicecapo dei pasdaran, che sono il vero regime in Iran, ha dichiarato che il fatto che i loro missili abbiano una gittata di soli 2.000 chilometri non è dovuto al fatto che non sono capaci di dar loro una gittata maggiore ma che, finora, non hanno deciso di farlo. Se l’Europa dovesse costituire una minaccia per loro – il che, nel loro linguaggio, vuol dire: se fanno qualcosa a loro sgradito come, per esempio, reintrodurre sanzioni o dire che non sarebbe simpatico se andassero avanti con lo sviluppo della bomba atomica – loro non avrebbero nessun problema ad aumentare la gittata dei missili. Quanto dista l’Iran dall’Italia? Meno di 2.200 chilometri dall’Iran alla Puglia, meno di 2.600 dall’Iran a Roma, meno di 3.000 dall’Iran al mio Piemonte. Si stanziano 120 milioni per un Paese che ci minaccia con armi che potranno essere nucleari e con missili. Anzi, non ci minaccia: ha già promesso di distruggere lo Stato sovrano d’Israele. Per questi troviamo 120 milioni, mentre per le famiglie che si prendono cura dei malati in casa propria 20 milioni. Queste sono priorità che assolutamente non condivido e che, come centrodestra, dobbiamo prenderci l’impegno di cambiare radicalmente nella prossima legislatura, dopo le elezioni.