Nautica da diporto: tutela del territorio, del lavoro e della sicurezza vada di pari passo con la sburocratizzazione

Evitiamo di ripetere i danni del passato – uno su tutti, l’abnorme aumento della tassazione – e limitiamo più possibile la quantità delle incombenze

Intervento in Aula sulla delega al Governo in materia

Signor Presidente, desidero intervenire su un aspetto specifico di questa disciplina.

La nautica da diporto è certamente un settore estremamente importante per la nostra economia, nei suoi vari aspetti. Intanto, vi è la produzione delle imbarcazioni e la loro manutenzione: si tratta di un settore che potrebbe apparire di nicchia, ma che è molto importante poiché richiede manodopera particolarmente qualificata – per cui ha anche un alto valore aggiunto; vi sono i settori connessi alla navigazione da diporto – come, ad esempio, la gestione dei porti e di tutte le strutture di accoglienza che vi sono accanto. La nautica da diporto crea, dunque, lavoro: non soltanto nei settori specifici della produzione, della gestione e della manutenzione delle imbarcazioni o dei porti, ma nelle strutture ricettive, nei ristoranti e nelle zone di divertimento che vi sono accanto a queste aree.

Si tratta per di più di un’attività che, fatta con le dovute attenzioni e affrontata nel modo opportuno, come molti punti di questo provvedimento richiedono, non soltanto non arreca danni al paesaggio ma addirittura abbellisce il territorio. Ecco perché bisogna porre tutta l’attenzione possibile – e questo è un appello soprattutto al Governo, trattandosi di una delega – per assecondare questo settore con le norme.

Tutti i partiti, gli esponenti e i parlamentari sono sempre d’accordo sulla semplificazione e la sburocratizzazione. Siamo pronti a scagliarci contro l’Italia delle marche da bollo o magari dei gettoni del telefono da infilare in apparati non adatti. Poi, però, cadiamo nella tentazione di prevenire questo, di regolamentare quell’altro, di precisare bene quell’altro ancora; e, così, finisce che per le attività più semplici ci troviamo ad affrontare la presentazione di documenti, la frequenza a corsi, i controlli, le vidimazioni, le carte da bollo, le certificazioni, gli apparati di sicurezza e così via. In questo modo ci troviamo a correre il rischio che la nostra buona intenzione di sburocratizzare si scontri o diverga con la buona intenzione di tutelare la sicurezza, il paesaggio e l’adeguatezza delle strutture. Così, per avere delle norme più efficaci, finisce che si arriva ad avere norme talmente efficaci da scoraggiare coloro che magari – e parlo della fattispecie in esame – avrebbero voluto acquistare o comunque usare un’imbarcazione da diporto, perché lamentano il fatto di dover avere una certificazione, un bollo o un apparato di sicurezza. Sono tutte cose giuste, ma bisogna scegliere se avere una iper-regolamentazione, regolamentare e prevedere tutto quanto, ed emanare norme che non soltanto richiedano una certa misura di sicurezza, ma anche una certificazione che dimostri che siamo pronti ad attuare determinate manovre. Bisogna però fare attenzione perché, poi, questa rischia di essere un’altra ragione per spostare le imbarcazioni in altri Paesi vicini.

Il nostro è il Paese più bello del mondo (certamente lo diciamo per patriottismo ma anche, diciamo la verità, per oggettive ragioni), però non è l’unico bel Paese del mondo e del Mediterraneo. Dobbiamo allora scongiurare il rischio di un’applicazione un po’ troppo burocratica delle norme – che sono tutte ben intenzionate, grazie al lavoro svolto da tutti i membri della Commissione, dal relatore Ranucci e da tutti i commissari (tra i quali ho appreso che ci sono alcuni grandi esperti della navigazione a vela, che hanno grandi esperienze e capacità in questo settore; questo mi rassicura dal punto di vista della congruità delle misure proposte con le necessità del settore). Speriamo – per conto mio, lo chiedo al Governo – che ci sia un’attuazione, nel dettaglio, attraverso la delega, il più possibile rispettosa delle necessità di limitare le incombenze burocratiche e gli aspetti che rischiano di essere controproducenti.

Ho letto proprio oggi, ad esempio, le norme attuative di una norma approvata diversi anni fa, volta a impedire le intestazioni di comodo delle autovetture. Questa norma è nata sicuramente con gli ottimi propositi di contribuire a combattere l’evasione fiscale e il fenomeno delle autovetture il cui proprietario è un uomo di paglia, un nome finto o comunque una persona che non è assolutamente in grado di rispondere degli eventuali danni prodotti dalle autovetture a lui intestate: si tratta dunque di un giusto proposito. Ciò rischia però di trasformarsi in un ulteriore peso burocratico per tutti i cittadini che si trovano magari a cedere temporaneamente l’uso della propria autovettura, per ottime ragioni, ad altre persone – ad esempio perché qualcuno non è più in grado di guidare la propria auto e, di conseguenza, si affida a qualcuno che non è un familiare per farlo al suo posto. C’è il rischio che, chi omette di annotare sulla carta di circolazione (si noti bene: non su altri documenti) la persona alla quale cede in uso la propria autovettura per un periodo superiore ai trenta giorni (cosa piuttosto difficile da accertare), vada incontro a multe da 650 ad oltre 4.000 euro.

Vorrei allora fare un augurio al Governo. Certo, essendo in Parlamento, noi non dovremmo fare auguri ma dare degli indirizzi – che, forse, sarebbe stato più appropriato io esprimessi attraverso un ordine del giorno (anche gli interventi, comunque, dovrebbero avere il loro peso). Come dicevo, il mio augurio al Governo è che si adoperi perché anche i decreti attuativi siano scritti da persone esperte del settore vero, che è quello della navigazione da diporto, e non da esperti delle carte che disciplinano la navigazione da diporto.

Dobbiamo evitare di avere effetti negativi. Ricordiamo ancora l’effetto estremamente negativo che ebbe l’aumento abnorme della tassazione sulle imbarcazioni da diporto a seguito dell’approvazione dello sciagurato decreto che aveva il nome – ahimè, non molto veritiero – di “Salva Italia”. I calcoli della Ragioneria generale ci dicevano che, con quell’aumento, si sarebbero incassati 100 milioni in più, aumentando le aliquote proprio sulle imbarcazioni da diporto. Il risultato è stato che moltissimi hanno dismesso la propria imbarcazione e l’hanno trasferita all’estero e, anziché incassare 100 milioni in più, ne sono stati incassati 150 milioni in meno. Questi 150 milioni in meno si sono poi sommati a tutto quell’indotto di cui parlavo all’inizio del mio intervento, e che è stato danneggiato. Mi riferisco al personale che lavora alla manutenzione e alla conduzione di queste imbarcazioni, e a quello che lavora nelle località dove queste imbarcazioni vengono ormeggiate e mantenute. Il danno è stato grande per l’erario, ma anche per l’economia reale.

Direi che non siamo davvero in epoca da poterci permettere questo. Pertanto, il mio auspicio – nonché indirizzo e richiesta – al Governo è quello di attuare nel modo meno burocratico possibile le norme, tutte studiate in modo specifico e appropriato, per disciplinare al meglio questo settore che rappresenta un aspetto importante della nostra economia.

Un altro aspetto che vorrei sottolineare in conclusione è che questa delega risponde davvero ai criteri previsti dalla Costituzione: essa contiene dei criteri precisi, dei criteri veri, e per questo non è una delega in bianco come quelle che abbiamo visto altrove e che, a mio parere, non rispondono ai criteri costituzionali. In Italia, infatti, come in tutti i Paesi democratici, il potere legislativo spetta al Parlamento; e la Costituzione pone dei limiti ben precisi ai modi, ai tempi e alle circostanze attraverso i quali questa facoltà puo` essere delegata al Governo.

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