Milleproroghe: aggiunte moltissime norme che non contengono nemmeno la parvenza di una proroga ma che dispongono di soldi pubblici

Un testo quintuplicato dai deputati in commissione, sul quale né l’Aula della Camera né quella del Senato si possono esprimere perché imposto con la fiducia

Illustrazione della questione pregiudiziale sul decreto-legge 210 riguardante la proroga di termini previsti da disposizioni legislative

Signora Presidente, non mi assocerò ai tanti che probabilmente diranno che il milleproroghe è una cosa cattiva in sé perché prorogare l’entrata in vigore di una legge sbagliata è sempre meglio che consentire che questa legge vada in vigore. Sarebbe meglio abrogare le leggi sbagliate, ma a volte non c’è il tempo e la forza e allora si preferisce dire: «va benissimo la cosa demagogica che abbiamo approvato qualche mese fa, però la spostiamo di qualche mese». Questo non vuol dire che il decreto-legge detto milleproroghe sia esente dalle precise disposizioni che sono ampiamente accettate nella teoria e che sono contenute sia nella legge n. 400 del 1988, sia in alcune sentenze della Corte costituzionale. In particolare, c’è la questione dell’omogeneità. Questo decreto-legge non ha alcuna omogeneità: ci sono le norme più varie. Non farò l’elenco degli argomenti toccati perché non mi basterebbero i dieci minuti dell’intervento ma solo l’elenco degli argomenti riempie una pagina intera. L’omogeneità è una finzione che non si è certo inventata questo Governo. Il Presidente del Consiglio aveva detto che con lui non si sarebbe più ricorso a questi vecchiumi del milleproroghe e, infatti, abbiamo il più corposo milleproroghe che ricordi (e, devo dire, ne ricordo parecchi). È il più corposo e il più strampalato come congerie di argomenti diversi.

Il filo conduttore è che sono tutte proroghe urgenti di provvedimenti. Francamente, è una finzione. Un giorno potremmo inventarci che il filo comune è che le proroghe toccano tutte argomenti che cominciano con lettere della prima parte dell’alfabeto: l’omogeneità dovrebbe essere sostanziale, non formale.

Dopo essersi posti questo paletto, il criterio che devono essere norme che contengono proroghe, la Camera dei Deputati ne ha poi introdotte parecchie che non contengono alcuna proroga, neanche la parvenza. Io ho esaminato diversi decreti milleproroghe. A volte, quando si voleva introdurre una norma nuova, una modifica di una norma, per far sì che entrasse nel milleproroghe si spostava un termine di un mese e, contestualmente, si cambiava la norma. Qui, invece, non c’è più neanche l’apparenza della proroga. Ad esempio, all’articolo 4, comma 1-quater, si introduce semplicemente una nuova norma riguardante i rimborsi elettorali ai Partiti. Una norma nuova, buona o cattiva che sia; è una norma nuova senza alcuna proroga di termini. All’articolo 4, comma 6-bis, si rideterminano dei trasferimenti erariali per le Province appartenenti alle regioni Sicilia e Sardegna – le famose Province che sono state abolite ma alle quali arrivano altri soldi. L’ articolo 5 contiene disposizioni riguardanti lo svolgimento delle funzioni del direttore generale del grande progetto Pompei e viene cambiato il limite massimo di spesa ma non c’è nessuna proroga termini. All’articolo 10, addirittura c’è una serie di commi, dal 10-ter al 10-sexies, che non contengono alcuna proroga termini ma, anzi, contengono una interpretazione autentica di una norma che credo comporti spese, e per la quale non c’è nessuna copertura. E avanti così, con una serie di altre norme che non contengono alcuna proroga termini.

Di sicuro la Camera dei Deputati ha aggiunto e, a colpo d’occhio, ha quintuplicato il contenuto di questo provvedimento, con un procedimento che qualcuno potrebbe, con leggerezza, definire monocamerale. Questo provvedimento, infatti, ci arriva quando è sul limite della scadenza e, anche con questo pretesto, il Governo porrà l’immancabile questione di fiducia. Parlavo di un procedimento monocamerale perché questo testo lo ha esaminato solo la Camera. Qui, con lodevole serietà da parte dei relatori e del Governo, sono stati esaminati esclusivamente gli ordini del giorno, perché anche noi dell’opposizione abbiamo riconosciuto che è inutile che ci facciate perdere tempo ad esaminare emendamenti su cui darete parere contrario, anche se sono ottimi e magari persino condivisi dalla maggioranza. Parliamo, quindi, solo degli ordini del giorno, che non comportano modifica del testo e, dunque, non comportano una ulteriore lettura da parte dell’altro ramo del Parlamento.

Questo provvedimento, quindi, viene letto ma non esaminato dal Senato e, per di più, per due terzi viene introdotto durante il suo iter con emendamenti passati alla Camera; allora, con leggerezza, lo si potrebbe definire un provvedimento monocamerale. E invece no! I 630 deputati dell’altra Camera non hanno potuto intervenire su questo provvedimento, se non in Commissione, perché indovinate cosa è successo in Aula? È stata posta la questione di fiducia.

Pertanto, il Senato non ha avuto la possibilità di provare a modificare e ad apportare neanche la più piccola e doverosa modifica a questo testo e, dei 630 deputati, soltanto gli appartenenti alle Commissioni competenti hanno potuto partecipare all’esame del provvedimento, perché in Assemblea è stata appunto posta la questione di fiducia. Il fatto è che la permanenza in Commissione è stata talmente lunga da comprimere i tempi. Qui poi abbiamo l’assoluta priorità del Governo che sono le unioni civili, di cui si chiede la discussione per poi rinviarla di dieci giorni (tanto perché sono questioni prioritarie). Il risultato è che solo un piccolo numero di deputati ha potuto esaminare questo provvedimento, introducendo – per usare una locuzione non molto corretta grammaticalmente – “la qualunque”: è stata introdotta qualunque cosa, qualunque provvedimento, come ho detto anche non inerente all’argomento fintamente inventato, come comune a questo provvedimento.

Ricordo, inoltre, che non è soltanto una questione di stile (chi se ne importa dell’omogeneità, chi se ne importa che il provvedimento sia omogeneo o meno): il fatto è che ci sono state delle sentenze della Corte costituzionale, in particolare la n. 22 del 2012 tra le altre, che hanno detto che, quando manca una ragionevole unitarietà del provvedimento, le norme possono essere cassate, magari anche dopo anni, com’è accaduto qualche tempo fa alle norme sugli stupefacenti che sono state cassate per una ragione come questa. In passato, per un decreto milleproroghe addirittura ci fu un intervento, in parte esplicito e in parte riservato, da parte della massima carica dello Stato, tra un passaggio e l’altro tra la Camera e il Senato, perché erano stati introdotti degli emendamenti fuori argomento. Immagino che forse dovremmo sentirlo adesso un intervento su questo argomento, non necessariamente da parte della massima carica dello Stato – che potrebbe avere un’idea diversa dal suo predecessore – ma magari proprio da colui che intervenne allora visto che siede in quest’Aula.

Invece abbiamo questa congerie di provvedimenti che sono stati introdotti in gran parte per emendamenti verosimilmente presentati dal Governo stesso attraverso la compiacente firma di qualche deputato e, di conseguenza, il Parlamento è totalmente esautorato da una serie di provvedimenti che toccano settori amplissimi del nostro Paese. Il Parlamento non si può pronunciare e dunque il Governo se ne assume pienamente la responsabilità (e ci mancherebbe). Come suol dirsi, ci mette la faccia per poi raccontarci dei numeri fasulli.

Infatti una della ragioni per cui il nostro Paese non va avanti e una delle ragioni per cui il nostro PIL è del 4 per cento inferiore a cinque anni fa – quando c’era un Governo che nasceva dalle indicazioni dei cittadini e non da giochi di palazzo – e ci sono 360 miliardi di debiti in più è la burocrazia: leggi che cambiano di giorno in giorno, fatte in modo incerto, che magari domani vengono cassate dalla Corte costituzionale o da qualche altra parte. Per cui, il Governo ci mette la faccia ma chi ci rimette sono gli Italiani.

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