Milleproroghe: la promessa proroga per le banche popolari non c’è

E, mentre il Contribuente sta rimettendo decine di miliardi di euro, si proroga invece una norma che riguarda il sisma del 1980-1981: una vera “urgenza archeologica”

Intervento in Aula nella discussione sul decreto cosiddetto “milleproroghe” – dichiarazione di voto sulla questione pregiudiziale

Signora Presidente, Colleghi,

al di là dei profili relativi alla sua incostituzionalità – che illustrerò, sotto alcuni aspetti – il provvedimento in esame ha soprattutto un difetto, legato a una proroga che non c’è. Mi riferisco alla proroga riguardante le banche popolari, ovvero uno dei tanti provvedimenti del Governo Renzi sulle banche di cui vediamo bene i risultati complessivi. Il contribuente sta rimettendo, infatti, decine di miliardi di euro (e non migliaia di euro).

Sono stati provvedimenti inopportuni e tardivi, che hanno coperto gravi situazioni di rischio facendole diventare delle crisi particolarmente onerose. Appena pochi giorni fa si è approvato il decreto-legge n. 237 del 2016, con il quale si destinano 20 miliardi del contribuente per andare incontro a problemi di alcune banche, aggravati dall’inerzia del Governo che aveva promesso in diverse circostanze – tra cui la Legge di Stabilità (parlo dell’Esecutivo precedente, quello guidato da Matteo Renzi, che è assai simile a quello attuale) – di concedere una proroga alla trasformazione delle banche popolari in società per azioni. Quello che non ha fatto il Governo lo ha fatto il Gruppo di Forza Italia, presentando degli emendamenti in due sensi: concedere quella proroga negli adempimenti che era stata promessa dal Governo e alzare la soglia oltre la quale le banche sono obbligate a trasformarsi in società per azioni, attestandosi al livello previsto dalle normative europee. Lo avevamo già chiesto in occasione dell’esame del provvedimento sulle banche popolari, ci è stato detto di “no”; ci è stato detto di “n”o questa volta, e anche sulla proroga che il Governo aveva promesso. Questo è davvero straordinario: il Governo promette una cosa, non la fa, la proponiamo noi dall’opposizione e otteniamo i voti solo dei Gruppi dell’opposizione e non della maggioranza. Se da questo – speriamo di no – deriveranno nuovi danni alle banche, che poi un domani si dovranno rifondere di nuovo a spese del contribuente, evidentemente la responsabilità sarà per intero del Governo. La responsabilità del Governo già è per intero su quei 20 miliardi di cui abbiamo parlato poc’anzi, ma questa volta vediamo davvero venir meno a tempo di record alla parola data, alle promesse fatte, peraltro molto argomentate: era stata una promessa giusta, peccato che non sia stata mantenuta.

Più in generale, il problema del decreto-legge milleproroghe non è il provvedimento in sé ma ciò di cui è sintomo. Quando ci sono decine di proroghe di adempimenti spettanti alla Pubblica Amministrazione, la quale non è riuscita a metterli in atto, probabilmente è opportuno che tali proroghe vengano messe in atto – ma la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto mettersi al lavoro per tempo e con efficacia. Il vertice della Pubblica Amministrazione è il Governo: si chiama “potere esecutivo” per questo: non perché ha il potere di venire in Parlamento a porre la fiducia, ma perché dovrebbe eseguire le leggi, metterle in atto. Invece non lo fa, né direttamente né attraverso la Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che poi bisogna prorogare delle norme.

Vi sono altre proroghe opportune perché posticipano l’entrata in vigore di leggi sbagliate che sono state approvate, come si suol dire, “per dare un segnale” – in altre parole, per gettare fumo negli occhi ai Cittadini italiani. Anziché approvare il provvedimento che serve, “si dà un segnale”: non serve a qualcosa ma, in tal modo, si fa vedere che si fa qualcosa. Per fortuna c’è un momento di resipiscenza: si capisce che la legge è sbagliata e, allora, si infila la proroga per fare in modo che la legge resti ma, perlomeno, la si dovrà mettere in atto solo più tardi e, nel frattempo, si correggerà o si abrogherà la norma. Anche in questo caso, il problema non sta nel fatto che una questione viene risolta in questo modo un po’ ipocrita e oscuro; il problema sta a monte, cioè nell’approvazione di una legge irreale e velleitaria, che però “dà un segnale” – che, cioè, in altre parole, vuole esplicitamente prendere in giro i Cittadini.

C’è, però, un’osservazione da fare dal punto di vista della stretta costituzionalità del provvedimento: quando queste proroghe sono programmate in anticipo (si sa cioè sin dall’inizio, perlomeno da febbraio o marzo dell’anno precedente, che alcune norme si dovranno prorogare), quando l’urgenza è premeditata, allora non è più un’urgenza. È come pentirsi prima di fare una cosa. Come insegna Dante, c’è una logica che non lo consente. E, quando l’urgenza è prevista a fin da dieci mesi prima, allora è dieci mesi prima che bisognerebbe porre rimedio a questa emergenza, quando non è ancora emergenza: o cambiando le norme, o mettendole in atto, oppure – a quel punto – approvando un disegno di legge per prorogare le norme.

Che una straordinaria necessità e urgenza si verifichi tutti gli anni nel complesso è possibile ma, quando ciò si verifica molto spesso, per le stesse norme, una dopo l’altra, ciò evidentemente comincia davvero a far venir meno questi presupposti dell’urgenza anche quando le urgenze ci sono. È chiaro che, se sappiamo fin da febbraio che una norma non va bene o va prorogata, e si aspetta a dicembre per farlo, a dicembre davvero diventa urgente. Bisogna, quindi, pensaci prima.

(Apprezzo, poi, la presenza in Aula di più di un Ministro – e, in particolare, del Ministro per le Riforme costituzionali, la quale, a differenza di colei che l’ha preceduta, viene qui non soltanto per porre la fiducia ma anche per ascoltare le discussioni del Senato e le argomentazioni poste dai senatori. Questo, sicuramente, merita il nostro apprezzamento.)

Un altro punto che volevo sottolineare riguarda norme straordinariamente antiche, come la norma del 2002, già citata, che viene ulteriormente prorogata con questo decreto. Se si va a leggere questa norma, nell’ambito di tanti riferimenti oscuri e citazioni di altre leggi, si scopre che riguarda interventi al seguito del sisma del 1980-1981. Qui abbiamo una urgenza archeologica che è davvero, questa sì, straordinaria ma non straordinariamente necessaria e urgente.

Ebbene, per queste ragioni, noi riteniamo di votare a favore della questione pregiudiziale, pur comprendendo che nel provvedimento vi sono delle misure necessarie. Torno, però, a sottolineare che manca un provvedimento importante: quello sulle banche popolari, promesso e stra-promesso ma che non c’è. Poteva essere inserito nel decreto sulle banche ma non è stato inserito. Ci siamo detti che arrivava nel decreto proroghe e, invece, non c’è neanche qui. È il decreto delle “mancate proroghe” questo, che indebolisce ulteriormente l’impianto dell’intero provvedimento!

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