Negazionismo: un’aggravante a crimini commessi e già riconosciuti tali da Tribunali competenti

Nelle stesse Aule che hanno visto l’approvazione delle leggi razziali, un intervento giusto che non introduce limitazioni alla libertà di ricerca storica e garantisce la libertà di opinione quand’anche scellerata

Intervento in Aula nella discussione del disegno di legge sul contrasto e la repressione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale

Signor Presidente, vorrei innanzitutto precisare un elemento importante. C’è stato chi – al contrario di quanto ha appena detto il senatore Giovanardi, che mi ha preceduto – ha obiettato che è anomalo che una legge menzioni una fattispecie in particolare e non resti al generale e astratto, cioè non si limiti a una definizione generale e astratta di un comportamento che possa poi essere punito. Ci sono però parecchie leggi che si occupano di fatti in particolare. E, poi, c’è un altro aspetto tutt’altro che di dettaglio.

Lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale non è avvenuto certamente da solo, e non soltanto per decisioni del regime nazista in Germania, ma ha avuto i suoi «volenterosi collaboratori» – così li ha definiti uno storico – anche in altri Paesi tra cui l’Italia. Le famigerate legge razziali – o, piuttosto, razziste – che furono approvate anche in quest’Aula sono quelle che diedero il via a quella situazione che finì con la deportazione della maggior parte degli ebrei che vivevano in Italia e, in particolare, visto che ci troviamo a Roma, degli ebrei romani, che rappresentavano e rappresentano la più importante presenza ebraica nel nostro Paese. Queste norme odiose ponevano, di fatto, tutte le premesse per la “soluzione” che è stata poi messa in atto, poiché agli ebrei in pratica non era più permesso di poter vivere nel nostro Paese: non potevano lavorare, non potevano avere degli incarichi e praticare le loro professioni. Furono esclusi da ogni impiego statale e buttati fuori da tutti i posti che ricoprivano, da quelli più umili ai più prestigiosi, e questo avvenne per un voto espresso in queste Aule. Credo dunque che sia giusto che proprio in queste Aule si ponga rimedio attivo a quanto si fece allora. Le leggi razziali (che furono cancellate già dai regi decreti del 1944 e poi naturalmente con la Costituzione, anzi, già con il Trattato di pace che pose fine alla seconda guerra mondiale) furono approvate all’unanimità dalla Camera, dove si votò a scrutinio palese; mentre al Senato, dove si votò a scrutinio segreto, ci furono soltanto nove voti contrari. La ventina di senatori classificati di «razza ebraica» – così riportava una norma ministeriale dell’epoca – non partecipò al voto, non intervenne – forse perché vittima di intimidazione – e i nove voti contrari furono inferiori al numero di senatori non iscritti al Partito Nazionale Fascista, e nulla ci dice che tra quei nove voti contrari magari ci sia stato quello di qualcuno iscritto al Partito Nazionale Fascista. Quello che stiamo facendo con il disegno di legge in esame credo che sia dunque più che giustificato visto che, purtroppo, è il nostro Paese – non un altro – quello in cui avvennero queste cose.

Ci sono poi i dubbi che sono stati illustrati in diversi interventi, in particolare dal senatore Giovanardi che mi ha preceduto, che però mi sembra non tengano conto dell’attuale testo del provvedimento, tranne che per due dettagli.

Innanzitutto, il provvedimento al nostro esame è garantista, perché interviene a proposito del negazionismo della Shoah e di altri crimini di guerra – e su questo tornerò – solo come aggravante al reato dell’incitamento all’odio e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi, come già previsto dalla cosiddetta legge Mancino. Pertanto, nessuno potrà essere condannato domani che non sia già condannabile oggi, perché già oggi è punito il reato di incitamento all’odio: se non c’è incitamento all’odio, anche la negazione più grossolana della Shoah o della sua natura genocida non potrà essere punita.

Ieri qualcuno ha parlato della libertà di ricerca storica – che, per la verità, è pienamente salvaguardata da questo disegno di legge: nessuno storico potrà essere incriminato per aver sostenuto qualsivoglia tesi a proposito della Shoah o di altri crimini che possano essere compresi nell’attuale formulazione del testo, a meno che costui o costoro, con il pretesto della ricerca storica, facciano incitamento all’odio usando come strumento anche la negazione di questi crimini. Pertanto, non c’è nessuna limitazione alla libertà, tanto meno alla libertà di ricerca storica.

Un altro aspetto va sottolineato: viene meglio specificata – in generale, e non solo per quanto riguarda il negazionismo della Shoah – la natura dell’incitamento all’odio, inserendo le parole «pubblicamente» nella legge Mancino; e non soltanto con riguardo ai fatti specificamente menzionati in questo testo, ma per precisare meglio la natura di pericolosità sociale di determinati comportamenti. Notiamo bene che si tratta di aspetti che non sono presenti nella legge vigente e che vengono introdotti come forma di garanzia rispetto alla libertà di opinione quand’anche sia un’opinione scellerata. Viene altresì prevista una diversa pena per l’istigazione a delinquere, anche qui con un intendimento e un effetto realmente garantista.

Vengo a due punti problematici citati. Il primo è l’inclusione non soltanto della Shoah ma anche di altri crimini di guerra come precisati dal testo. Questo indubbiamente può essere un problema – anche se ritengo che, nella formulazione, la Commissione abbia ritenuto che si tratti di crimini commessi e riconosciuti tali dai tribunali competenti. Non credo davvero sia stata volontà della Commissione – e quindi ora dell’Aula del Senato ove si arrivi all’approvazione del testo così com’è – intendere che un qualunque giudice possa decidere della realtà e della natura di crimine di guerra di qualsivoglia atto che non sia stato riconosciuto come tale da un competente tribunale internazionale. Chiedo pertanto alla relatrice, che ringrazio per il lavoro svolto finora, di considerare la possibilità – attraverso un suo emendamento perché ,al momento, la prassi non lo consente agli altri senatori – di considerare la possibilità di precisare ulteriormente questo aspetto, vale a dire che un magistrato possa ritenere un qualunque atto o una qualunque fattispecie rientrante negli articoli 6, 7 e 8 della legge istitutiva del tribunale internazionale o stabilirà invece che si tratta di una precisazione non indispensabile.

Credo che stiamo varando una legge positiva, che dovrebbe essere approvata a larga maggioranza, e spero che lo sia. Sarà un fatto positivo anche se non sarà approvata all’unanimità, visti gli atroci precedenti che ho citato poc’anzi con riferimento ad una legge approvata all’unanimità. Tuttavia, prego coloro che hanno manifestato la loro contrarietà di considerare il testo che stiamo esaminando oggi: non quello arrivato nel precedente passaggio in Aula di mesi fa, né quello iniziale. Oggi, infatti, stiamo esaminando un testo che sicuramente esclude il 99, se non il 100 per cento, dei pericoli citati da coloro che hanno manifestato fino ad ora la loro contrarietà.

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