Intervento in Aula su mozioni riguardanti l’immagine della donna nei mezzi d’informazione
Signora Presidente,
le mozioni che discutiamo oggi toccano un problema sicuramente reale. Sono stati riportati degli esempi e citati dei film noti al riguardo; bisogna però evitare, su argomenti di questo genere, di scadere nel luogo comune in omaggio all’argomento del giorno (anche se oggi non è più l’8 marzo). Il fatto che vengano proposti con una certa insistenza modelli, stereotipi subalterni della donna che basano unicamente la personalità e le aspirazioni sull’aspetto fisico è sicuramente reale, ma non è un problema che riguarda solo questo ambito.
Se guardiamo ai giovani (molto spesso le donne rappresentate sono giovani, per evidenti ragioni e per l’uso che ne viene fatto), in generale, quali sono i giovani che ricevono attenzione dai mezzi di informazione? Se un giovane, maschio o femmina che sia, non è né calciatore, né “tronista”, né velina, né si droga, se non sale sui tetti dell’università, e cioè se è uno della grandissima maggioranza dei giovani, non trova rappresentazione sui media: non su quelli che raccolgono la facile attenzione del pubblico, ma neppure su quelli più impegnati, sui media intellettuali che fanno approfondimento. Gli unici ritenuti degni di interesse sono infatti coloro che si evidenziano per determinate qualità o comportamenti. Pertanto, i giovani che studiano e cercano un lavoro e, magari, riescono a svolgere dei lavori per sostenersi agli studi (perché non tutti nascono con la possibilità di mantenersi) sono totalmente ignorati. Se invece si lamentassero, compissero un delitto, se partecipassero a qualche reality show dove uomini e donne sono scelti non propriamente per le loro qualità intellettuali (che probabilmente hanno, ma di sicuro è meglio che le tengano nascoste per avere maggiore evidenza), attirerebbero certamente l’attenzione.
Un altro luogo comune che, credo, dovremmo evitare in quanto rappresentanti del Popolo della Repubblica italiana è di scadere nel solito stereotipo del «solo in Italia succede questo». Ma abbiamo dato un’occhiata a quello che trasmettono su certe altre televisioni? Se il nostro riferimento sono la BBC, la CNN o Arte, non possiamo certo paragonarli a certe trasmissioni leggere e anche, nella pretesa, meno leggere della nostra televisione. Ma non esistono solo questi canali intellettuali di approfondimento; anche all’estero vi è un uso, magari meno esplicito ma non per questo meno lesivo, dell’immagine delle donne e non solo.
Dovremmo, inoltre, evitare di dare per scontato che il comportamento di alcuni individui (in questo caso di alcune donne) – che peraltro, da quello che risulta, non è obbligato ma è compensato adeguatamente – sia lesivo di tutti coloro che appartengono allo stesso genere. Se vedo un uomo comportarsi da imbecille in televisione, o perlomeno in un modo che io ritengo tale, mi spiace per lui; posso immedesimarmi un po’ di più in un giovinastro che ha certi comportamenti fuori dalle righe piuttosto che in una donna che ha altri comportamenti fuori dalle righe, poiché in entrambi i casi essi seguono degli stereotipi rigidamente maschili o femminili, ma solo perché devono interpretare la loro parte in commedia. Ebbene, io non sento la mia personale dignità lesa da questa persona perché appartiene al mio stesso genere piuttosto che alla mia stessa categoria sociale, alla mia Regione o ad altre suddivisioni nelle quali mi posso collocare. Questo, a mio avviso, andrebbe considerato.
Credo, invece, sia positiva la riflessione che viene fatta in quest’Aula sul modo in cui i media in generale rappresentano la società, come citato esplicitamente in diverse mozioni. Si tratta di un sistema che possiamo per un verso comprendere, dal momento che i media hanno la necessità di fare ascolti – e sappiamo che una certa diffusione la si ottiene molto più facilmente attraverso argomenti che costano poco e che si trovano in quantità. Parliamo, ad esempio, dei dibattiti politici o presunti tali. Sappiamo bene che è molto più facile, e molto più diffuso, il dibattito a forza di urla, di slogan o di provocazioni (che dovrebbero provocare soltanto il cambio di canale piuttosto che l’indignazione o meno), trattandosi di programmi concepiti fin dall’inizio per creare scandalo – in modo che i giornali, attraverso titoli stereotipati, diano risalto alla proposta scioccante di Tizio piuttosto che all’affermazione di Caio. Si tratta, infatti, di argomenti trattati per attirare una qualche attenzione, laddove noi che lavoriamo tutti i giorni in quest’Aula sappiamo che il dibattito politico è fatto di approfondimenti molto più seri: c’è un atteggiamento, in generale, assai meno fatto di urla e assai più di collaborazioni, nell’ambito delle quali ci sono le contrapposizioni, com’è giusto e sano che sia per una democrazia rappresentativa. Eppure, esiste una rappresentazione falsata del mondo della politica, dove sembra che la giornata del politico – fatti salvi alcuni aspetti parapolitici, che non hanno nulla a che fare con la politica ma che trovano molto ascolto e attenzione – consista nell’insultare il proprio avversario e nello studiare qualche fesseria da dire in modo da essere ripresi dai media.
Forse per qualcuno è così ma, per la maggior parte di noi, non lo è – cosa che certamente i mezzi di informazione dovrebbero mettere in evidenza, anche se in un primo momento non desta l’attenzione immediata che è appannaggio di chi urla, di chi strepita o di chi compie gesti clamorosi, e che dura quel che dura. Forse, se si riuscisse a spiegare meglio quello che si fa e i temi reali che si affrontano, si otterrebbe un’attenzione maggiore. Questo, però, è più costoso e richiede una maggiore fatica da parte delle redazioni, da parte di coloro che redigono i testi per i programmi, perché significherebbe approfondimento e inchieste vere – che tuttavia ci sono e non vanno ignorate. Credo, infatti, che accanto alla stigmatizzazione di ciò che non va bene sia giusto ricordare quanto di positivo – e ce n’è parecchio – c’è nei media, nonché il fatto che nei mezzi di informazione vi è una crescente presenza di donne alla guida di svariate trasmissioni. Si tratta di donne che possono avere un aspetto anche gradevole, come quello che peraltro tutti cercano di avere quando vengono ripresi o quando fanno una foto per un’occasione di famiglia, ma che rappresentano posizioni e conducono trasmissioni per le loro capacità, la loro professionalità e per essere capaci di mantenere viva l’attenzione del pubblico, spesso con argomenti intelligenti e non con piazzate, e non puntando esclusivamente sul proprio aspetto.