Nessun Parlamento dell’Unione europea dà un resoconto così dettagliato delle sue spese come quello Italiano

Dovremmo avere un certo riguardo, oltre che per la retorica, anche per la verità

Intervento in Aula nella discussione sulla riforma del Regolamento in materia di bilanci e contributi dei Gruppi parlamentari

Signor Presidente,

intervengo io – anche se mi sarei aspettato che intervenissero i miei Colleghi membri della Giunta per il Regolamento, che hanno elaborato questo testo – perché mi sembra giusto che non manchi la voce del Gruppo del Popolo della Libertà in questa discussione.

Abbiamo sentito delle descrizioni fantascientifiche su quanto avviene in altri Paesi. La realtà è che, nel nostro Parlamento, già oggi vi è una trasparenza che non ha paragoni con l’accessibilità ai dati che c’è nella quasi totalità degli altri Parlamenti, a cominciare da quelli dei Paesi membri dell’Unione europea. Con il provvedimento approvato dalla Giunta per il Regolamento (e che noi approveremo in questa o in altre sedute), si vuole estendere ulteriormente questa trasparenza ai bilanci dei Gruppi che, fino a oggi, non hanno avuto forme di pubblicità o di riscontro, nel rispetto di un principio di riservatezza che i Partiti di allora – pensiamo che queste regole nascono negli anni Quaranta ‑ vollero introdurre, in un’epoca in cui nessuno si sentiva tutelato rispetto a eventuali accessi esterni a questioni interne ai Gruppi. Un celebre deputato – che poi si batté per l’introduzione del finanziamento pubblico ai Partiti – di un Partito lontanissimo dall’ideologia che io condivido, diceva: non permetteremo mai ai questurini e agli spioni del Ministero dell’Interno di mettere il naso nelle faccende del nostro Partito del proletariato.

Ebbene, la realtà è che, per la maggior parte dei Parlamenti europei, non è disponibile on line neppure il bilancio generale.

Facciamo l’esempio del Belgio, Paese che non è proprio di recente democrazia ed è un fondatore dell’Unione europea. Per quanto riguarda il Senato e la Camera del Belgio, i quali peraltro hanno un numero di parlamentari rispetto agli abitanti molto superiore a quello che abbiamo noi in Italia, non è disponibile neppure il totale delle spese. È possibile dedurre il totale perché nel bilancio generale dello Stato viene riportata una cifra che è il limite massimo di spesa che il bilancio fissa a Senato e Camera nel suo complesso. Non è neppure dato sapere nel Belgio (non parliamo di qualche strano Paese di recente o di nessuna democrazia) quanto spende il Senato in totale o la Camera.

Parliamo di un Paese confinante con il nostro, anch’esso solidamente democratico: l’Austria. In Austria c’è più o meno la stessa situazione: i compensi, i trattamenti economici e i rimborsi-spese dei parlamentari sono riassunti in due righe dove è riportato un totale, che non si capisce se è il netto o il lordo, preceduto dalla parola «circa» e seguito dall’espressione «più rimborsi di altre spese».

Il Senato italiano e anche l’altro ramo del nostro Parlamento invece hanno, ormai da anni, un bilancio composto di molte voci, dove ci sono i dettagli di quanto si spende per ciascuna voce reale – e non per agglomerati, che soddisfano molto gli appassionati di bilancio dal punto di vista contabile e teorico ma non soddisfano le esigenze di trasparenza. Il Senato riporta nel dettaglio le voci, per cui si può sapere quanto si spende per la stampa dei documenti, quanto per gli arredamenti, quanto per gli affitti e così via. Anche grazie a questo, sono state possibili delle economie e delle riduzioni di spesa; senza dubbio, si è prevenuto ogni tipo di abuso – almeno di quelli che possono essere prevenuti in questo modo – rispetto al bilancio del Senato.

Pertanto, prima di ritirare fuori il solito ritornello che l’Italia è indietro rispetto agli altri Paesi, credo che dovremmo avere un certo riguardo, oltre che per la retorica, anche per la verità. La verità è che nessun Parlamento dell’Unione europea – e, che io sappia, neanche fuori dall’Unione europea – dà un resoconto così dettagliato delle sue spese come il Parlamento italiano.

Anche il Parlamento di Londra, che peraltro ha un amore per il dettaglio su alcuni aspetti della sua spesa, per quanto riguarda il bilancio generale fornisce tutta una serie di dati dettagliatissimi sul valore presunto e sul tipo di proprietà dei numerosi immobili di proprietà del Parlamento ma, quando si arriva alle voci di spesa effettiva (gli esempi che facevo prima: quanto si spende per l’arredamento, quanto per la manutenzione, quanto per gli ascensori, quanto per la lavanderia e così via), è tutto agglomerato in una voce sola.

Con questo provvedimento facciamo un ulteriore passo avanti, estendendo anche ai Gruppi determinati tipi di pubblicità – e addirittura di controllo – da parte di società esterne. Credo che questo sia un fatto importante e una risposta doverosa rispetto ad alcuni episodi che hanno destato scandalo nell’opinione pubblica, incluso il Parlamento, episodi che sono avvenuti non soltanto a livello parlamentare ma anche dei Consigli regionali.

Naturalmente, come spesso accade, accanto alle cose vere sono state evocate cose false; o, meglio: il solo fatto che si sia fatta un’inchiesta sui conti dei Gruppi di alcuni Consigli regionali è stato equiparato al fatto che si siano scoperte delle ruberie e delle malversazioni. Questo era vero in alcuni Consigli regionali, dove sono stati svolti degli accertamenti, ma non in altri. Faccio l’esempio del Consiglio regionale del Piemonte (di cui, tengo a precisare, non ho mai fatto parte): qui non è stato riscontrato alcun episodio di malversazione, di ruberie o di soldi mal spesi, ma quei soldi sono finiti nel calderone e sottoposti ad inchiesta. Evidentemente, qualcuno ha ritenuto di dare delle notizie di reato che sembravano tali; c’è stata una doverosa inchiesta da parte della Magistratura, che ha trovato che era tutto regolare. Credo che, accanto ad accenti di altro tipo, andrebbe usato anche un certo riguardo alla verità e all’oggettività dei fatti.

Ricordo, altresì, che, in passato, un Governo non sostenuto né da me né dal mio Partito politico oppose l’esigenza di garantire la privacy alla richiesta delle motivazioni per le quali si decideva di finanziare certe pellicole cinematografiche. Rispetto a questi soldi pubblici, un Ministro, che ha svolto anche altre importanti funzioni, oppose a numerose interrogazioni che venivano presentate le esigenze della privacy. Questa non può certamente essere usata per coprire le spese che vengono fatte da un ente o organismo pubblico, ma esiste questa norma per cui i privati che hanno a che fare con un organismo pubblico hanno diritto a non essere completamente violentati nella loro privacy per il solo fatto che prestano servizi per un ente che fa capo a un organismo pubblico.

È giusto sapere quanto si spende e per cosa. Credo che anche sul sapere se ci si rifornisce di una risma di carta da Tizio o da Caio potrebbe esserci un limite, posto che la cosa è sotto la responsabilità di organismi che non sono direttamente pubblici come può essere un Comune o l’amministrazione del Senato, poiché si tratta di Gruppi parlamentari – che è cosa molto diversa. Come è previsto dal Regolamento approvato alla Camera, sono delle associazioni di forma privata che svolgono un’importante funzione pubblica.

Credo che – con questo spirito di ricerca della trasparenza e non del sensazionalismo, con l’affermazione della verità e non di questioni mitologiche – potremo approvare una positiva riforma del Regolamento, che abbia dei positivi risultati sulla trasparenza e sulla certezza che il denaro impiegato in Senato venga speso per scopi leciti, senza scorrettezze e nel rispetto delle autonomie dei singoli Gruppi parlamentari che hanno il diritto a poter scegliere come, nell’ambito dei loro compiti di supporto alla legislazione e di comunicazione rispetto al Paese, nel dettaglio vengono effettuate le scelte politiche.

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