Per quattordici anni non si trovano i reati, però si chiede al Senato di decidere in poche ore, sette giorni prima che il Tribunale del riesame si esprimi

“Decidere tempestivamente” non significa “il più presto possibile a costo di fare le cose male”

Intervento in Aula nella discussione sull’autorizzazione della custodia cautelare in carcere del senatore Caridi

Signor Presidente, intervengo per illustrare una questione pregiudiziale e una questione sospensiva, ai sensi dell’articolo 93 del Regolamento del Senato.

Ci troviamo di fronte a una richiesta di arresto per motivi gravi; si tratta di una richiesta rara, per ovvi motivi. Questa è senza dubbio la trattazione più rapida di una richiesta di questo tipo che ci sia stata finora, il che crea qualche problema per la preparazione: sono state citate la necessità della presenza del senatore Caridi e anche la necessità dei singoli senatori di prepararsi per questo voto che, più di qualunque altro (ma dovrebbero esserlo tutti), è un voto di scienza e coscienza. La coscienza dovremmo portarcela sempre appresso, mentre la scienza non l’abbiamo infusa e, dunque, dovremmo poter studiare le carte.

Mi dicono che tribunali chiamati a una decisione urgente su una questione estremamente simile e contigua (penso al tribunale per il riesame) impiegano di solito quindici giorni per deliberare. Noi abbiamo iniziato a trattare il caso del senatore Caridi martedì, con un piccolo assaggio la settimana scorsa. Pertanto, se conclusa oggi, porteremmo a termine l’intera procedura nel giro di meno di una settimana (cosa da cui non ci esimiamo di certo, perché è positivo riuscire a fare meglio di un tribunale ordinario).

Bisogna però dire una cosa. In questa sede non voglio entrare nel merito della molto dibattuta diatriba se noi siamo un organo giurisdizionale oppure se la siano Giunta o l’Assemblea. Noi tutti siamo, però, chiamati a prendere una decisione che, dal punto di vista degli effetti, di certo equivale a quella di un tribunale per il riesame chiamato a esprimersi su una richiesta di arresto.

Ebbene, noi non abbiamo fatto solo questo. Come tutti i colleghi ben sanno, le sedute della Giunta – quella di ieri, ma anche le precedenti – si sono svolte mentre erano in corso i lavori dell’Assemblea. Parecchi colleghi sono intervenuti sia in Aula che in Giunta perché – oltretutto – a volte sono stati dibattuti argomenti per certi versi simili (penso, ad esempio, alla relazione sul processo penale). Il tempo finora impiegato ammonta quindi non a sei o sette giorni, ma a poche ore perché, nel frattempo, sono stati esaminati provvedimenti estremamente importanti come quello sull’editoria. Su questo disegno di legge, che abbiamo già iniziato a esaminare, tutti i colleghi che seguono seriamente i lavori si sono preparati credendo che l’esame dei documenti della Giunta si sarebbe svolto successivamente. Da qui la mia richiesta – e in questo senso si tratta di una questione pregiudiziale – di non trattare oggi l’argomento in esame e di rimandarlo a quando una nuova Conferenza dei Capigruppo riterrà di inserirlo nel calendario.

Desidero illustrare anche una questione sospensiva, chiedendo che l’esame del documento riprenda quando, tra pochi giorni (sembra una settimana), si esprimerà il tribunale per il riesame, il quale si sta prendendo più tempo di noi pur facendo quello e basta, specialmente in questi giorni. Propongo, dunque, di riconvocarci quando si sarà riunito il tribunale per il riesame, il quale potrebbe molto facilmente addirittura annullare, dal nostro punto di vista, la richiesta di arresto e quindi rischieremmo di deliberare sua una cosa di cui un tribunale della Repubblica potrebbe fin dall’inizio riconoscere l’infondatezza, indipendentemente dalla qualifica di parlamentare del senatore Caridi.

Cito un altro elemento importante, che dobbiamo considerare. Proprio ieri, all’inizio dell’ultima seduta della Giunta che si è svolta per discutere il documento in esame, ci è giunta dal senatore Caridi, che l’aveva ricevuta grazie alle ricerche del suo avvocato, una documentazione relativa a uno dei punti fondamentali su cui si regge l’accusa e, di conseguenza, tutto l’apparato che ha portato a richiedere l’arresto del senatore Caridi. Tale documentazione si riferisce a un incontro – che, si asserisce, essere uno dei tanti – del senatore Caridi con un tal capo della ‘Ndrangheta – tale Caponera, se non vado errato – riferito da uno dei pentiti – o dichiaranti, dipende da come li vogliamo chiamare – su cui peraltro si fonda esclusivamente l’accusa perché non ci sono altre prove. Ebbene, questo dichiarante citava in particolare un incontro tra il senatore Caridi e questo capo della ‘Ndrangheta, che sarebbe avvenuto nel 2006 o nel 2007. Si tratta di uno spazio temporale già piuttosto esteso, ma è anche normale visto che siamo a distanza di anni. Ebbene, abbiamo la documentazione precisa e chiarissima, proveniente dagli uffici giudiziari, che ci dice che questo tal Caponera è stato in carcere almeno dal 2005 al 2009. Dunque, questo incontro di Caridi con questo capo della ‘Ndrangheta, che il dichiarante ha collocato nel’arco di settecentotrenta giorni e che costituisce uno dei pochissimi elementi concreti, tra l’altro basato sulle dichiarazioni di un criminale sia pur dichiarante, è palesemente falso. So bene che non posso chiedere di aspettare finché non sia terminato l’esame di questi fatti – che, effettivamente, potrebbe andare avanti in modo indefinito. Quantomeno, credo che sarebbe un minimo ragionevole aspettare la pronuncia del tribunale per la libertà.

Sono perfettamente d’accordo con Lei, Signor Presidente, sul fatto che per un arresto chiesto per questi motivi da un tribunale – e, se un tribunale chiede l’arresto, non è per motivi trascurabili – bisogna decidere tempestivamente. Farlo tempestivamente, però, vuol dire decidere al tempo giusto e non il più presto possibile a costo di fare le cose male. Osservo che uno degli altri capisaldi dell’accusa – si fa per dire: forse dovremmo chiamarli “capimolli” – è un’intercettazione telefonica, avvenuta dunque con piena coscienza da parte dell’autorità giudiziaria, del 20 aprile 2002. Lo ripeto: si tratta di un’intercettazione del 2002: per quattordici anni, come minimo (ma, da altri elementi presenti nelle carte, sembra che le indagini fossero già avviate da altri due anni se non di più), secondo le carte che ci invia il tribunale, vi sarebbe stata una prova fortissima dell’adesione all’organizzazione criminale da parte del senatore Caridi. Quattordici anni! E, per questi quattordici anni, nessuno è intervenuto. In quattordici anni, non hanno trovato alcuno dei reati dei quali nelle carte pure si fa menzione a proposito del senatore Caridi. Ma su questo punto spero che non dovremo tornare in seguito, perché spero verrà accolta questa proposta. Ma dopo quattordici possiamo anche aspettare sette giorni. La Magistratura, che fa questo di mestiere, ha aspettato quattordici anni. Sapendo dal 2002 che, appunto secondo quell’organismo, la persona di Antonio Stefano Caridi è pericolosa, ha aspettato quattordici anni!

Noi allora aspettiamo sette giorni; e non per aspettare qualcosa di strano, ma che un tribunale della Repubblica si esprima, sostanzialmente, sulla stessa questione sulla quale saremmo chiamati noi a esprimerci in questo momento.

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