Per “risparmiare” 320 senatori, si avranno 630 deputati al comando di una sola persona. A essere “mandato a casa” sarà il parere di 50 milioni di Italiani

Esistono Paesi che hanno un Parlamento e non hanno la democrazia, ma non esistono Paesi che non hanno il Parlamento e hanno la democrazia

Intervento in Aula nella discussione sulla riforma costituzionale (illustrazione degli emendamenti presentati all’articolo 13)

Signora Presidente, ringrazio il senatore Battista, che ha offerto una sintesi di quello che sarà lo slogan che a quanto pare lui sosterrà (e non solo lui), cioè che il referendum sarà basato sull’alternativa se mandare a casa 320 senatori oppure no. Questo sarà il referendum.

C’è un piccolo problema: i 630 deputati, numero appositamente esagerato che si vuole lasciare alla Camera, che ci staranno a fare? Questo è il vero problema. Se non staranno a far niente, supponendo che poi il Senato non venga abolito (cosa che saremmo anche favorevoli a fare, avendo presentato emendamenti in questo senso), comunque il Senato non entrerà nella normale legislazione. Certamente esisterà, per cui tutte le strutture ci saranno; non ci saranno invece i cosiddetti senatori, perché saranno sostituiti da alcuni consiglieri regionali, che in più faranno anche i senatori. A quanto pare, il consigliere regionale è un lavoro poco impegnativo, se si tratta di farlo male e, probabilmente, ci si augura che anche i consiglieri regionali non decidano niente. Verranno qui alcuni con un criterio del tutto nebuloso, specialmente alla luce delle promesse che sono state fatte per acquietare la minoranza interna al Partito Democratico; il Senato non conterà nulla nella normale legislazione. Ma cosa conterà la Camera? Alla Camera conterà esclusivamente il Capogruppo, il quale, in analogia a quanto abbiamo fatto oggi, potrà chiedere di portare un provvedimento in Aula entro una determinata data e, sulla base di quella data, si stabilirà che si può votare solo un numero ridicolo di emendamenti.

Già oggi il Regolamento della Camera prevede che siano almeno due per ogni Gruppo per ogni articolo. Naturalmente, nulla vieta di adottare provvedimenti composti di un solo articolo. Qui, sulla riforma costituzionale, veniva scomodo farlo, perché una Costituzione di un solo articolo per ora – ripeto: per ora – è stato ritenuto al di là della sfacciataggine che comunque ha grandi potenziali, ma quante finanziarie abbiamo visto, per la verità non soltanto di questo Governo, costituite di un solo articolo? Un solo articolo, due emendamenti per Gruppo. E, siccome i Gruppi saranno a loro volta pochissimi, sempre per via di questa legge elettorale, nel giro di dieci minuti sarà approvato qualunque provvedimento. Qualunque provvedimento su decisione di una persona – formalmente il Capogruppo del partito egemone, che avrà vinto le elezioni, magari con il 25 per cento dei voti di quel 50 per cento di Italiani che vanno a votare.

Devo dire, peraltro, che con queste riforme si alimenta parecchio la voglia degli Italiani di non andare a votare, grazie anche alla compiacente collaborazione di tanti mezzi di informazione, perché si dice chiaramente che, tanto, il Senato non conta niente e la Camera conta uguale perché decide uno solo.

Decide uno solo perché così lui cambia le cose. Certo, cambia le cose. Aumentando le tasse, facendo crescere la disoccupazione, aumentando l’incertezza del diritto e riducendo l’Italia a non contare nulla, proprio nulla sul fronte internazionale. Basti vedere cosa accade in questi giorni: si discute di come contrastare l’ISIS, che è a qualche chilometro dal territorio del nostro Paese e a poche centinaia di chilometri da Roma e che ha più volte minacciato l’Italia. Ebbene, il vertice per discutere cosa fare rispetto all’ISIS a livello di Unione europea vede la partecipazione di Francia, Germania e Gran Bretagna, che distano 3, 4 o 5 volte più di noi dalla Libia, dove sta l’ISIS. Ma anche questo vertice conta poco, perché decidono tutto, se riescono, Obama e Putin.

Questi grandiosi risultati si ottengono grazie al fatto che c’è un uomo solo al comando, che quando qui, in quest’Aula, furono presentati strutturatissimi ordini del giorno per dargli un indirizzo a livello di Unione europea, fece dare parere contrario dalla sua Ministro per i rapporti con il Parlamento senza alcuna spiegazione su tutte le risoluzioni presentate tranne che a quella della maggioranza, che disciplinatamente diceva: “udite le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, le approva”. Stessa sorte ebbe, naturalmente, la risoluzione che chiedeva non già di desistere unilateralmente dalle – rovinose per noi – sanzioni alla Russia, ma di prendere posizione nell’Unione europea affinché essa, nel suo insieme, si schierasse in tal senso: respinta. Con il bel risultato che noi non contiamo niente su decisioni internazionali che riguardano in primo luogo noi e in secondo luogo la sicurezza dell’intero continente. Questi sono i bei risultati dell’uomo solo al comando.

Il tutto fatto però, come ha detto il collega, in nome del «così mandiamo a casa 300 senatori», mentre soprattutto mandiamo a casa il parere di 50 milioni di cittadini, i quali non so bene come altrimenti esprimeranno il loro voto con la Costituzione che si vuole disegnare se non votando – guarda un po’ – per il Parlamento.

Infatti, non si è voluta introdurre l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, sulla quale saremmo d’accordo e che imporrebbe dei bilanciamenti. No. Si è fatto finta di lasciare la Costituzione così com’è, cambiandola nella sua sostanza e cioè togliendo ogni tipo di bilanciamento laddove il bilanciamento è l’aspetto fondamentale della democrazia. Arriverei a dire che è meglio una tirannia con il bilanciamento dei poteri che una democrazia che ne sia priva. È vero che una tirannia con un bilanciamento non sarebbe più una tirannia, ma potrebbe darsi il caso. In fondo, tutte le monarchie costituzionali sono una sorta di tirannia, perché c’è un signore (in greco τύραννος) che ha dei poteri, pochi o tanti che siano, e davanti a sé ha a volte un Parlamento a volte altri strumenti.

Tuttavia, in tanti anni di Storia non si è mai trovata un’alternativa al Parlamento come sede di democrazia; cioè, esistono Paesi con il Parlamento e senza democrazia: certo, anche durante il Fascismo c’era il Parlamento; anche nell’Unione sovietica c’era il Parlamento; i nazisti di Hitler preferirono bruciarlo materialmente, così erano più sicuri e, guarda un po’, per ragioni di necessità – che credo potrebbero essere analoghe a quelle dell’articolo 55 – pur volendosi riunire al Reichstag, essendo bruciato, con vero rincrescimento vi rinunciarono! Ebbene, per analoghe ragioni si potrebbe abolire tutto quanto.

Dicevo, esistono Paesi che hanno un Parlamento e non hanno la democrazia, ma non esistono Paesi che non hanno il Parlamento e hanno la democrazia, guarda un po’. Quale è la differenza tra i due casi? Che, nel primo caso, il Parlamento conta qualcosa; nell’altro non conta nulla: serve giusto in qualche circostanza, da dosare con parsimonia, in cui il Capo ha bisogno di una sede particolarmente decorosa (ormai non più prestigiosa ma quantomeno decorosa) perché non gli va di andare in pubblico, dato che al vero tiranno non piace tanto mostrarsi in pubblico per evidenti ragioni – basti pensare, infatti, a tutti i grandi tiranni dell’Est europeo, che non amavano mostrarsi in pubblico – e per quello il Parlamento può essere una buona sede. Ecco, quello non è il Parlamento che serve – ovvero un Parlamento privo di poteri, come quello disegnato da questa Costituzione, che è proprietà del Governo, di chi ha il potere Esecutivo; che è l’unica sede in cui il popolo può essere rappresentato. Ora non è questione di numeri: andrebbe benissimo una riduzione di parlamentari – come d’altra parte avevamo già fatto noi nel 2005 – equivalente a quella attuale; il problema è dei poteri.

Il Senato degli Stati Uniti ha 100 senatori, e gli Stati Uniti sono molto più grandi: ha una Camera di 435 rappresentanti, ma il Signor Presidente della Repubblica – che si chiami Bush, Obama o Clinton – su provvedimenti importanti deve andare a chiedere il consenso del Parlamento; non può telefonare al suo capogruppo e dirgli: entro domani mattina il provvedimento deve essere approvato. Se lo fa, non passa più un provvedimento. Questa è la democrazia, cioè l’opposto di quanto contenuto in questa riforma.

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