Siria: dopo l’attacco missilistico, occorre chiedersi che cosa l’Italia può fare

Signor Presidente, Signor Presidente del Consiglio, Colleghi senatori,

la drammatica situazione della Siria, che oggi attrae l’attenzione di tutto il mondo, è estremamente complessa e si è determinata attraverso decenni di vicende che, a loro volta, hanno radici antiche. Dalla Crisi di Suez del 1956, la Siria è stata costantemente nell’area di influenza dell’Unione Sovietica e, poi, della Federazione Russa. Dal 1970 la famiglia al-Assad domina la Siria, assumendo le caratteristiche di una dittatura, con aspetti particolarmente odiosi per quanto riguarda il trattamento degli oppositori ma, allo stesso tempo, garantendo un grado di libertà religiosa sempre più raro nell’area e particolarmente importante per la presenza di vari gruppi religiosi risalenti a epoche remote, incluse alcune delle più antiche realtà del Cristianesimo. Al legame con la Russia si è aggiunto, dall’epoca della Guerra Iraq-Iran negli anni Ottanta, quello con l’Iran teocratico. Paradossalmente, in quello stesso periodo è deflagrata l’ostilità tra il regime di Assad e i fondamentalisti islamici di varie denominazioni, caratterizzata da violente insurrezioni e spietate repressioni. Ma è con il 2011 che si è passati a una vera e propria guerra civile, che purtroppo dura tutt’oggi e ha provocato circa mezzo milione di morti e milioni di rifugiati e ha visto l’ascesa del cosiddetto “Stato islamico”, conosciuto come ISIS o Daesh, il cui obiettivo dichiarato è l’instaurazione di un califfato che ha, o aveva, l’obiettivo dichiarato di conquistare entro pochi anni – attraverso la guerra e il terrorismo – il Nord Africa, il Sud dell’Europa e vaste parti dell’Asia, per imporre la shari’a nella sua versione più intransigente, anche contro i musulmani che non condividono l’idea di Islam dell’ISIS.

Dopo l’attacco missilistico sferrato da Stati Uniti, Regno Unito e Francia sabato scorso, in reazione alla segnalazione dell’uso di armi chimiche da parte del regime di Damasco, occorre chiedersi che cosa si può fare, che cosa l’Italia può fare, per evitare l’ulteriore aggravarsi della situazione, visto che si parla di una reazione in fase di preparazione da parte di Russia e Iran. Per questo, sottolineiamo che l’Italia avrebbe bisogno al più presto di un Governo pienamente legittimato dal punto di vista parlamentare, autorevole sia sul piano interno, sia su quello internazionale – pur ringraziando il Presidente del Consiglio e i Ministri per la loro pronta presenza in Parlamento, una volta richiesta.

L’Italia, per la sua Storia, per la sua posizione geografica e per la sua capacità di mantenere rapporti con tutti gli Stati della regione, ha il diritto e il dovere di essere protagonista nell’area mediterranea. Possiamo e dobbiamo farci ascoltare dalle maggiori potenze. L’Italia ha un ruolo essenziale nell’Unione europea e per l’Unione europea, così come nell’Alleanza atlantica e nel mondo occidentale in generale. Una scelta di campo che dura da settant’anni, basata su valori condivisi essenziali per la nostra concezione di società, che ci ha garantito sicurezza e che comporta obblighi di solidarietà e responsabilità ai quali non siamo mai venuti meno. In particolare, il nostro forte rapporto con gli Stati Uniti ci potrebbe porre in condizione di essere, rispetto a Washington, un interlocutore propositivo, solidale sui valori di civiltà e attivo nella ricerca della pace, coerentemente con la nostra Costituzione, se avessimo un Governo, appunto, nel pieno dei suoi poteri. Riteniamo che l’opzione militare sia solo una extrema ratio, da esaminare con la massima attenzione nelle sue modalità e nelle sue conseguenze, anche per l’importanza dei protagonisti attuali e potenziali degli ultimi sviluppi della crisi siriana.

Il Governo di Assad si è macchiato di atti efferati ed è sostenuto anche da alleati molto pericolosi; gli va assolutamente impedito l’uso di armi chimiche, comunque inaccettabile – non solo per il diritto internazionale, ma anche per la nostra coscienza morale. Ma, in questo caso, le prove finora prodotte non sono chiare e provengono generalmente da fonti la cui attendibilità in passato si è spesso rivelata scarsa. Solo l’OPAC – l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche – potrebbe dare un responso pienamente attendibile. Questo responso, per varie ragioni, anche addebitabili al regime ma non soltanto, non è ancora arrivato.

Peraltro, gli avversari del regime di Assad non risultano certo esenti da efferate violenze e forse neppure dall’uso di armi chimiche, anche nei confronti della popolazione civile. L’ISIS, di cui ci si è troppo in fretta dimenticati, controlla ancora parti del territorio siriano, anche se molto ridotte negli ultimi tre anni, specialmente a seguito dell’intervento militare russo; un intervento che ha avuto anche il risultato di salvaguardare quello che rimane delle popolazioni cristiane, molto importanti, yazide e di altre minoranze dell’area che, fino a quel momento, erano in balìa dell’ISIS e che, sotto Assad, pure in un regime di mancanza generale di libertà, erano sopravvissute a lungo e senza particolari problemi. Un aspetto fondamentale della situazione siriana è, infatti, la presenza della Federazione Russa che, accanto a operazioni volte a difendere Bashar al-Assad, ha certamente inferto colpi decisivi all’ISIS e alle altre fazioni terroristiche vicine ad al Qaeda, che erano state rafforzate dal sostegno quantomeno imprudente alla cosiddetta “primavera araba” siriana, che ha avuto conseguenze disastrose quanto l’intervento in Libia contro Gheddafi. In entrambi i casi, ne sono derivate non solo decine di migliaia di morti e una pericolosissima instabilità, ma anche un’ondata migratoria verso l’Europa e, in particolare, l’Italia, destabilizzante, drammatica per le persone che hanno lasciato il proprio Paese e portatrice di pesanti conseguenze economiche e sociali per il nostro Paese, oltre al pericolo di infiltrazioni terroristiche nel flusso dei profughi o presunti tali. Elementi destabilizzanti che gli accordi stabiliti dal Governo Berlusconi con Gheddafi avevano praticamente ridotto a zero.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite è stata ancora una volta nell’angolo, ma potrebbe tornare protagonista positiva – come avvenuto in varie situazioni di crisi che sembravano destinate a non avere fine. I “caschi blu” hanno riportato in passato notevoli successi e i soldati italiani sono stati spesso in prima fila, pagandone anche dolorosi tributi in termini di caduti e di feriti. Sette di questi caduti sono proprio tra gli appartenenti alla missione UNIFIL, che rappresenta un elemento molto importante nella regione. Dobbiamo sempre avere in mente il contingente dell’UNIFIL, che comprende oltre mille italiani e che ha svolto spesso, sotto ottimi comandanti italiani, un eccellente lavoro. Quando parliamo di Siria, oltre ad avere a che fare con un teatro estremamente complesso e pericoloso, ricordiamoci di quei mille uomini e donne italiani in divisa, cui dobbiamo riconoscenza e soprattutto tutela. Si tratta qui di aree geograficamente piccole, benché interessino diversi Stati sovrani. Il Libano ha la stessa superficie delle Marche e l’area di dispiegamento dell’UNIFIL è attigua al territorio siriano: ogni mossa, ogni sviluppo della situazione può coinvolgerli molto rapidamente.

Noi pensiamo, coerentemente con lo spirito di Pratica di Mare, che l’obiettivo rispetto alla Russia sia di portarla a essere un partner strategico e non un avversario, anche per evitare di indurla a pericolose alleanze alle quali può essere spinta da un Occidente visto come pregiudizialmente ostile. La Siria non può diventare terreno di scontro tra potenze a essa esterne (questo non deve avvenire in nessun luogo), ma le potenze esterne alla Siria possono lavorare per la pace, per una soluzione realistica della crisi che dia finalmente sollievo a una popolazione che ha già sofferto l’inimmaginabile. Pensiamo perciò che si debba coinvolgere positivamente la Russia, il solo Paese che può indurre Bashar al-Assad a non alimentare ulteriormente il conflitto; un Paese, la Russia, anche motivato a lavorare per evitare occasioni di scontro con Israele dal territorio siriano da parte di milizie vicine al Governo di Teheran. La Russia non deve essere indotta a cercare forme di rivincita rispetto a una sindrome di accerchiamento, certo a volte enfatizzata dalla propaganda, ma non priva di fondamento alla luce, ad esempio, delle sanzioni che non hanno ottenuto alcun risultato politico ma hanno danneggiato, più ancora della Russia stessa, proprio i Paesi che le hanno imposte – a cominciare da quelli che hanno avuto e hanno buoni rapporti economici con Russia, in particolare l’Italia. Una collaborazione proficua con la Russia non è impossibile: il Governo Berlusconi a Pratica di Mare mise insieme Russia, Stati Uniti ed Europa. La Russia era coinvolta in parecchi organismi della NATO per un lungo periodo. Non ci sono ostacoli insormontabili per poter tornare a uno scenario analogo.

Ribadiamo la necessità che l’Italia abbia un Governo credibile che lavori per quel fine; ribadiamo la nostra determinazione a lavorare insieme a coloro che avranno questo stesso obiettivo. Questa è la ragione per la quale gli Italiani hanno votato, ciascuno con le sue scelte: lavorare per il bene dell’Italia, difenderne gli interessi e difenderne la pace.

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