REFERENDUM: anche sui risparmi, Di Maio e il 5S raccontano balle e raddoppiano le cifre

LA VERITÀ SU QUANTO SI RISPARMIEREBBE RIDUCENDO IL NUMERO DEI PARLAMENTARI ELETTI DA 945 A 600

Il grande protagonista della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari eletti da 945 a 600, Luigi Di Maio, dice che con il taglio si risparmieranno 300mila euro al giorno. Essendoci 365 giorni in un anno, il risparmio dovrebbe dunque essere di 109,5 milioni di euro annuali. Una cifra comunque bassa, corrispondente a quanto lo Stato spende i 1 ora, 3 minuti e 36 secondi.
Ovviamente, una democrazia funzionante vale enormemente di più. Il ruolo di controllo del Parlamentare sull’operato del Governo e su tutti gli apparati dello Stato, di raccordo con le realtà territoriali, delle categorie, dei settori del Paese, vale ovviamente molto di più. Evitare spese inutili o ottenere interventi positivi per 109,5 milioni può capitare di farlo in un giorno solo. Ma vediamo se per caso almeno si tratta di una cifra reale.
Controlliamo allora quanto costano allo Stato quei 230 deputati e 115 senatori che verrebbero aboliti.

L’indennità lorda di un deputato è di 10.435 euro per dodici mensilità, ridotta a 9975 se svolge un’altra attività lavorativa. Calcoliamo prudenzialmente che solo 1 deputato su 5 svolga altra attività: si aboliranno dunque 184 indennità piene e 46 ridotte, con una riduzione delle spese di 23.040.480 euro per le prime e 5.506.200 per le seconde. Ma sull’indennità si paga l’Irpef (abbiamo scelto come comune il più popoloso d’Italia, Roma): sull’importo dell’indennità piena 41.904,75 euro per un totale di 7.710.474. Sull’importo dell’indennità ridotta (ipotizzando prudenzialmente che il secondo reddito sia di soli 20mila euro), un importo marginale di 44.677,12 euro. C’è dunque una riduzione di spesa di 28.546.680 euro, ma minori entrate fiscali per lo Stato di 9.765.622 euro.

Facendo gli stessi calcoli sulle indennità dei senatori (10.385,31 euro mensili se piene, 10.064,77 se ridotte) abbiamo una riduzione di spesa di 14.243.259 euro, ma minori entrate fiscali per lo Stato di 4.871.103 euro.

Dal Conto consuntivo della Camera per il 2019 (p. 23) apprendiamo che i rimborsi totali erogati ai deputati nel 2019 sono stati di 63.516.549 euro, dunque quelli dei 230 deputati che si abolirebbero sarebbero di 23.188.582 euro. Supponiamo che questi soldi siano così spesi: 3% carburante (il cui costo è per il 64% fatto di imposte), 25% (dove il 54% del costo è tasse e contributi), 21% in beni su grava l’IVA al 10%, 21% in beni su cui grava l’IVA al 22% e il 30% o non spesi o spesi senza effetti fiscali (ad esempio le donazioni “volontarie” ai partiti). Sono stime molto ragionevoli e prudenziali, dalle quali ricaviamo che vi saranno minori entrate contributive per lo Stato pare al 22,14% della riduzione della spesa, cioè 5.133.952.

Dal rendiconto delle spese del Senato per il 2018 (l’ultimo disponibile, p 10) apprendiamo che i rimborsi per i senatori sono stati pari a 36.509.013 euro, dunque quelli corrispondenti ai 115 senatori aboliti sarebbero pari a 13.079.553, con minori introiti fiscali e contributivi di 2.895.813 euro.

In totale ci sarebbe dunque una riduzione di spesa di 79.058.073 euro, ma con minori introiti fiscali e contributivi per lo Stato pari a 22.666.490 euro. Il risparmio netto, cioè quello reale sarebbe dunque soltanto di 56.391.583 euro.

CONCLUSIONI

L’importo citato dal ministro Luigi Di Maio, che peraltro è il ministro degli Esteri che ha il personale di supporto personale (lo “staff”) di gran lunga più costoso della storia d’Italia, è dunque semplicemente falso: 300mila euro al giorno, cioè 109,5 milioni all’anno è quasi il doppio della cifra reale. È 30 milioni e mezzo più (38% in più) della riduzione della spesa, che comunque non è il risparmio.

La cifra reale è 56 milioni e 392mila euro, ciò che lo Stato spende in 32 minuti e 45 secondi, più di cento volte meno di quanto spende per dare il reddito di cittadinanza a chi non fa niente.   

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