Dall’abuso dei tre Governi risanatori e il record dei 134 milioni di voucher solo nel 2016, si passa al niente. Tagliando introiti fiscali e previdenziali che i buoni-lavoro, bene o male, garantivano
Intervento in Aula per l’illustrazione di una questione pregiudiziale sul disegno di legge di abolizione dei voucher
Signor Presidente,
il decreto è del tutto privo dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza previsti dalla Costituzione per un decreto-legge. È d’uso mettere nelle premesse al decreto-legge le ragioni per le quali il Governo decide di usare questo strumento. Le ragioni citate sono: «Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di superare l’istituto del lavoro accessorio, al fine di contrastare pratiche elusive». Sappiamo che le ragioni sono altre, ma queste sono le ragioni dichiarate dal Governo non in una circolare circa l’apertura degli uffici bensì in un testo fondamentale per emanare un decreto-legge. Se le dovessimo prendere sul serio, dovremmo dire che il Governo ha sconfessato totalmente la linea tenuta da sé stesso e da quelli precedenti, che hanno ampliato a dismisura l’uso del voucher introdotto con la legge Biagi del 2003, durante il secondo Governo Berlusconi. Gli aspetti applicativi ne avevano prorogato l’entrata in vigore e il possibile utilizzo di questi buoni per il lavoro all’anno 2008. Allora ce ne furono 500.000; nel 2009, 2 milioni; nel 2010, 9 milioni; nel 2011, 15 milioni. Questo era l’utilizzo che era stato fatto durante il Governo Berlusconi che mise in atto questi voucher: limitato per quanto riguarda la durata, gli importi e i settori di applicazione. Poi sono arrivati i grandi risanatori: il Governo Monti, che l’ha esteso nel 2012 con la cosiddetta legge Fornero; il Governo Letta, che l’ha esteso ancora e, infine, il Governo Renzi, che l’ha ulteriormente esteso; e poi ci vengono a dire che bisogna contrastare gli abusi. Nel 2011 ci furono 15 milioni di questi buoni lavoro, detti comunemente voucher; nel 2012, con l’azione del Governo Monti, si passò a 23 milioni; nel 2013, a 40 milioni; nel 2014, a 69 milioni, per arrivare nel 2016 a 134 milioni, nove volte in più di quanto avvenne nel 2011. Non saranno stati tutti abusi, indubbiamente, ma è chiaro che c’è stato un allargamento tale che ha consentito non solo di usarne così tanti, abusivamente, ma verosimilmente ha incoraggiato molti – è stato anche detto – a usarne uno per una giornata intera di lavoro anziché uno per ogni ora di lavoro. I danni, pertanto, sono ancora più ampi di quanto l’INPS testimonia. Abbiamo una situazione nella quale il Governo ammette di aver sempre sbagliato: ha sbagliato il Governo Renzi, il Governo Letta e il Governo Monti. Non bisognava allargare, ma tornare indietro.
Come interviene il Governo? Poteva intervenire limitando l’estensione dei voucher e riducendone l’ambito applicativo, ad esempio, a quanto aveva definito il Governo Berlusconi – che aveva dato luogo a un utilizzo ragionevole dei buoni lavoro che, in gran parte, andavano a copertura dell’ex lavoro nero che emergeva o, addirittura, di alcuni lavori che prima non si potevano effettuare e che finalmente potevano essere svolti; e, in più, con una copertura INPS, per cui con garanzie per i lavoratori, tranquillità per il datore di lavoro e qualche introito per il Fisco. Invece, si sono voluti abolire del tutto; ma la ragione non è assolutamente quella indicata nel decreto.
Questo è un falso sfacciato del Governo, perché la ragione è quella di evitare il referendum promosso dalla CGIL e da altre organizzazioni. Peccato che la Costituzione parli di straordinaria necessità e urgenza, oggettiva, e che sia valutata nell’interesse del Paese – non nell’interesse di un parte politica che ha paura di un referendum in cui una forza di sinistra, come la CGIL, sarebbe venuta in contrasto con l’attuale Governo, mettendo in luce determinate fratture che certamente non possono essere sanate da questo decreto-truffa, ma che perlomeno non vengono sancite – questo dal punto di vista del Governo – da un’altra (si noti bene: un’altra) sconfitta referendaria.
È un modo serio di comportarsi? È un modo responsabile di comportarsi da parte di chi governa il Paese e aspira a governarlo per altri cinque anni e che, con il referendum del 4 dicembre, aspirava a governarlo per sempre, senza rendere conto ai Cittadini e abolendo praticamente il lavoro del Parlamento? Direi che non è serio. Non è serio non soltanto dal punto di vista politico, perché questo non è un argomento che riguarda solo queste Aule e i dibattiti televisivi, ma proprio dal punto di vista della realtà: nell’ultimo anno, infatti, 134 milioni di ore di lavoro sono state coperte dai buoni lavoro, con 1.600.000 persone coinvolte che, da un giorno all’altro, a causa del decreto‑legge, si trovano senza uno strumento per poter praticare la propria attività.
Questo è il tipico caso in cui non si poteva fare un decreto-legge. Non solo mancano le ragioni per ricorrere a un decreto-legge, ma non si poteva proprio fare in questo modo. Ci sono aziende che si sono trovate, fin dal primo giorno di vigenza del decreto-legge al nostro esame – e, naturalmente, ancora oggi – in gravissime difficoltà, per cui sono state costrette o a ricorrere di nuovo al lavoro nero o, addirittura, a rinunciare all’effettuazione di determinati lavori che pure sono utili. Il lavoro non serve solo al lavoratore ma produce un bene alla collettività.
Con questo provvedimento, facciamo esattamente l’opposto di quello che un Governo responsabile dovrebbe fare, cioè sabotiamo attività economiche, in diversi settori, per le quali è indispensabile uno strumento di questo genere. Come si fa? Pensate che si possa usare il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (formula magica del Jobs Act) per i lavori di giardinaggio, per i lavori stagionali in agricoltura, per le lezioni supplementari private o per il baby-sitting? Pensate che si possa fare una cosa di questo genere? Assolutamente no. Si è passati al nero oppure al blocco di determinate attività, perché viene quasi da dire che non sempre è possibile fare il nero e questa dovrebbe essere una cosa positiva; il problema è che, se si mettono le aziende e i Cittadini in condizioni di scegliere tra il nero o niente, forse era meglio il nero. Invece, qui si opta per il niente e, in più, si tagliano gli introiti fiscali e previdenziali che i buoni lavoro, bene o male, garantivano: 134 milioni di voucher nell’ultimo anno vogliono dire 67 milioni di incassi dell’INPS che vengono, in grandissima parte, a cessare.
Il Governo ha scritto il falso nelle premesse del provvedimento, affermando che sconfessa tutta la politica che, in realtà, vuole portare avanti, perché voglio vedere se il programma del Partito Democratico per le prossime elezioni prevederà l’abolizione totale dei voucher o se torneremo al regime precedente. Non credo, e dunque qui è affermato il falso. Ma c’è anche il falso nella relazione tecnica. La relazione tecnica dice che non sono prevedibili riduzioni degli introiti fiscali e previdenziali perché verranno usati gli altri strumenti. Ma gli altri strumenti sono impossibili da usare.
Ecco perché la cosa più opportuna, che noi di Forza Italia chiediamo con la nostra pregiudiziale, è di sospendere questa discussione e di aprirne una seria. Non è possibile che, con un decreto-legge, il Governo vada molto, ma molto al di là di quanto la CGIL chiedeva con il suo referendum. La Carta dei diritti del lavoro della CGIL prevede i voucher. Il Governo è più a sinistra della CGIL? Purtroppo non è così, ma è semplicemente, completamente, privo di serietà.
Votazione della questione pregiudiziale: il Senato non approva.