Whistleblowing: pangiustizialismo e gravi limitazioni alla libertà d’impresa

La tutela contro il licenziamento, scomparsa con i contratti del Jobs Act, diventa obbligo di stabilizzare il lavoratore fintantoché il Giudice non stabilirà la fondatezza della “segnalazione”

Intervento in Aula per la presentazione di una questione pregiudiziale sul disegno di legge concernente aa tutela degli autori di segnalazioni di condotte illecite nel settore pubblico e privato

Signor Presidente,

presento una questione pregiudiziale sul provvedimento in esame, premettendo che noi riteniamo che la corruzione e la violazione della legge nell’ambito della Pubblica Amministrazione a danno dell’Erario pubblico siano reati gravi da perseguire con efficacia e determinazione. Tuttavia, in nome della lotta alla corruzione o dei reati nell’ambito della Pubblica Amministrazione, non si possono introdurre norme contrarie al buon senso e alla nostra Costituzione.

La nostra Costituzione prevede che l’iniziativa economica sia libera, salvo il fatto che non possa essere in contrasto con l’interesse pubblico. Con le norme approvate dall’altro ramo del Parlamento – e meno male che l’altra Camera non sia l’unico ramo del Parlamento, come lo sarebbe stato se fosse passato il referendum dello scorso 4 dicembre – è sufficiente una segnalazione – ad esempio, all’Autorità nazionale anticorruzione – per garantire il posto, per un tempo indeterminato, a chiunque abbia rapporti economici con le pubbliche amministrazioni. Poiché il provvedimento ha il nobile proposito di proteggere coloro che forniscono elementi utili a individuare irregolarità nell’ambito della Pubblica Amministrazione e da eventuali ritorsioni coloro che mettono in atto dalle segnalazioni, si prevede che tali persone non possano essere in alcun modo rimosse, tanto meno licenziate o essere addirittura oggetto di misure organizzative aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinate dalla segnalazione. Tuttavia, da nessuna parte è precisato quale sia l’ambito di tale tutela. In realtà, se una persona segnala irregolarità del suo dirigente, e quest’ultimo lo trasferisce o gli dà una mansione non consona, già oggi sono previste delle tutele.

Si scrive che, in ogni caso, qualunque sia l’ambito nel quale una persona fa una denuncia, questa non possa subire alcun tipo di provvedimento. Inoltre, non si precisa se debba trattarsi di un provvedimento individuale e, quindi, può trattarsi anche di un provvedimento collettivo. Supponiamo che, nell’ambito della riorganizzazione degli uffici – lo prevedono anche le norme sulla riorganizzazione della Pubblica Amministrazione approvate in questa legislatura – qualcuno si trovi in un ufficio che venga accorpato a un altro e dunque, verosimilmente, venga spostato anche dal punto di vista geografico, con evidente disagio. Una persona che ha il lavoro vicino a casa non è contenta di essere spostata in altro luogo. In applicazione di questo provvedimento, è sufficiente che un qualsiasi lavoratore facente parte di tale ufficio faccia una segnalazione anche vaga – può essere del tipo: «Ho sentito un mio dirigente accennare a rapporti con un certo imprenditore, che ha rapporti, a sua volta, con la Pubblica Amministrazione e sospetto che quel tal dirigente potrebbe avere instaurato un rapporto di corruttela o concussione con questo imprenditore» – per salvarsi e salvare – si suppone – l’intero ufficio dall’accorpamento e da qualunque disagio. Noi auspichiamo che non ci siano disagi per alcun lavoratore e, in particolare, che non ce ne siano per uno della Pubblica Amministrazione in quanto dipende direttamente dello Stato. Ma possiamo organizzare gli uffici in questo modo? Possiamo dire – come è scritto nel testo – che la medesima disciplina si applica anche ai collaboratori e ai consulenti con qualsivoglia tipologia di contratto e incarico, nonché ai lavoratori e collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni e servizi che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica? Può accadere che una persona – per esempio, di un’impresa di pulizie – assunta temporaneamente da un’azienda che lavora per una Pubblica Amministrazione, faccia una segnalazione, magari generica, di un possibile reato contro la Pubblica Amministrazione di una qualsivoglia amministrazione pubblica, che può anche non essere quella presso la quale lavora. Non si capisce neppure come si possa applicare. Vuol dire che questo lavoratore deve essere stabilizzato fintantoché il giudice non stabilirà l’infondatezza della sua segnalazione? Qui abbiamo veramente una grave limitazione della libertà d’impresa. Abbiamo uno stravolgimento delle regole.

Fortunatamente, perché l’ha deciso saggiamente il Popolo italiano, c’è ancora il bicameralismo; usiamo per bene questa opportunità cambiando, come minimo, a fondo questo provvedimento. Purtroppo, vedo che in Commissione i cambiamenti sono stati molto pochi e francamente – a mio parere – non decisivi, nonostante la buona volontà del relatore e dei componenti della Commissione competente. Ecco perché proponiamo di non procedere con l’esame del provvedimento, la cui efficacia – temo – si manifesta in particolare nel settore privato. Si corre il rischio che non ci siano più episodi di corruzione nel settore privato perché esso trasferirà tutte le attività altrove, in altri Paesi. È vero che ci sono Paesi con norme il cui titolo somiglia a quelle in esame, ma in essi i provvedimenti del giudice vengono emanati spesso in pochi giorni. Negli Stati Uniti d’America, Paese già citato, se uno fa una segnalazione di siffatto tipo che si dimostra infondata, automaticamente ne subisce le conseguenze in modo pesante e le tutele per i lavoratori in generale sono assai più scarse. Pertanto, perde il lavoro. È remotissima la possibilità di segnalazioni infondate o strumentali. Invece, abbiamo una sorta di stabilizzazione. Mentre con i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotti dal Jobs Act, in pratica non c’è più una forte tutela contro il licenziamento, nel provvedimento in esame c’è una tutela: basta fare un’accusa, anche generica, contro la propria amministrazione. Questo, per un verso, è ingiusto e, per un altro, rischia di determinare una paralisi degli uffici pubblici, della cui eccessiva efficienza mi pare nessuno si sia lamentato, essendo molti lodevolmente efficienti. Se però ogni passo può essere soggetto a delazione o calunnia strumentali a stabilizzare il proprio posto di lavoro, addirittura di un collaboratore temporaneo di una ditta esterna, non ci sarà alcun dirigente che prenderà decisioni. Se i dirigenti pubblici non prenderanno decisioni, non verranno date autorizzazioni per nuove attività industriali, commerciali e imprenditoriali o non potranno avere luogo nuovi investimenti sia dello Stato che da parte di privati. Altro che tutela dei lavoratori.

Rischiamo di far sparire centinaia di migliaia di posti di lavoro in nome di un principio di pangiustizialismo che, invece, dovrebbe orientarsi su un aspetto molto semplice: quando c’è il reato, deve essere punito, e chi lo segnala deve essere tutelato. Questa dovrebbe essere la norma, molto semplice, che in grandissima parte già esiste; qualcosa probabilmente poteva essere aggiunto attraverso un provvedimento specifico, ma non una norma di siffatto tipo, che rischia di paralizzare l’attività sia della Pubblica Amministrazione che delle aziende private che per essa lavorano.

Torna in alto